Orazio Battaglia considera pittura il disegno, la tecnica a pastello, l’acquerello, l’olio, la punta d’argento e tutte le immagini che nascono con la sua mano sinistra (anche se ogni tanto si accorge che, involontariamente, prende il sopravvento anche la mano destra, in contemporanea con l’altra. Questo accade da poco tempo ed è un fenomeno che non sa controllare, o gestire, a comando).
Ogni segno, anche se spesso fatto di getto, viene prima pensato e calibrato, cercando all’interno di esso un significato nascosto e non rilevabile con una semplice visione rapida dell’immagine. Rimane legato alle tecniche canoniche della pittura, utilizzando nei casi in cui voglio traspaia un messaggio invisibile, anche altri materiali tipo zolfo, marsala, acqua marina, sale etc.., questo accade solo in alcuni casi, in genere per quelle fronde del suo lavoro, dice, che appartengono alla sperimentazione e che spesso si fermano ad un’opera singola, senza che si generi un filone o un seguito.
Sotto un velo nero.
Il monocromo: quasi tutti i suoi monocromi alla base hanno un letto policromo, per esempio un paesaggio ha i colori tipici del paesaggio – verde dei prati azzurri dei cieli etc. –, il tutto reso in un secondo passaggio, o durante la lavorazione, in un monocromo nero.
Quindi, ci ritroviamo davanti a un dipinto al contrario, cioè sotto il dipinto e sopra (un velo, uno strato, una “sformalizzazione”) il letto della pittura, o negazione completa della pittura. L’approccio usato può risultare superfluo, ma per Battaglia è importante sapere che sotto quel nero, di realtà rivoltata, esiste un dipinto completo. Poi, allo spettatore deve rimanere quel senso di mistero, di enigma. Infatti, utilizzando i colori sotto e ricoprendoli con i neri, si possono ottenere più toni e gradazioni di nero che, in ogni caso, non rimane un non colore, ma un potenziamento delle modulazioni del nero. Spesse volte si indica il nero come colore neutro, o non colore; in realtà è noto che si tratta, per la sintesi addittiva, della somma di tutti i colori. Quindi è il colore per eccellenza.
Piace a Battaglia pensare i monocromi come dipinti a visione lentissima. L’occhio, infatti, in un primo momento vede solo una campitura nera, ma con il passare del tempo inizia a distinguere e ritexturizzare, gradualmente, l’immagine. Anche se da tempo ormai lavora sui monocromi, l’artista considera questo procedimento come un esperimento. Egli forza e incrementa i neri fino a occultare, in alcuni casi, tutto ciò che vi è sotto e che non può più fuggire.
“La scultura è la materia che sento più vicina a me – racconta Battaglia nel corso di un incontro – , anche se ne produco poca e di piccole dimensioni, ancora in questo caso i materiali spaziano dal marmo alla cera, dalla ceramica alle pietre dure, argenti e materiali vari. Approfondiremo anche questo in estate”.
Fra i suoi temi più cari troviamo quella che sembra una colomba e invece ha un significato più complesso e profondo. “L’uccellino di cera nasce prima del dipinto a olio e dovrebbe ricondurre agli ex voto. Un richiamo lontano alle centinaia di cere che mi rimasero impresse fino da bambino, in un santuario dove si donavano alla madonna oltre ai classici ceri, braccia, gambe e varie parti anatomiche che colpite da un male avevano ricevuto una grazia… Con l’uccellino rappresento l’ingenuità e la purezza di tutta questa gente che per grazia ricevuta si è spinta a commissionare ad artigiani specializzati delle cere elaborate, come se portandole davanti una statua e dandole in dono avessero ripagato il Dio in cui credevano, andando, di conseguenza, contro i principi della religione stessa. In nessuna religione, infatti, Dio chiede compensi per il proprio aiuto. Per questo motivo l’uccellino è di colore bianco e la cera è bianca anch’essa, in purezza, priva di paraffina. Cosa che rende la cera più morbida e quindi più fragile (proprio come l’essere umano). Anche l’argento che trafigge il corpo dell’uccellino è puro, non fuso con altre leghe. Un modo indiretto per evidenziare quanto poi alla fine tutto sulla terra ruoti attorno a un altro Dio: ‘il vile denaro’”.
Orazio Battaglia è nato a Modica nel 1977, vive e lavora a Roma. È stato invitato alla Biennale di Venezia per la regione Lazio.