Il personaggio rischia col tempo di insinuarsi e imporsi in noi, diventando lui il padrone del nostro essere e delle nostre azioni; allora sì che diventa difficile fuggire da se stessi.
Interpretare un personaggio è una questione delicata, che spesso può diventare pericolosa, in quanto crea trappole intorno a noi che rischiano di non farci uscire così facilmente dalla nostra interpretazione.
La trappola del personaggio
Ci sono infatti alcuni personaggi che se interpretati, ci spingono in una spirale dalla quale diventa difficile saltare fuori.
Poniamo il caso di un individuo che, per darsi un tono, incominci a sperimentare in pubblico un finto personaggio ubriacone e sbandato, personaggio che privatamente invece non si è ancora radicato. Questi nel suo perseverare rischierà che gli occhi del pubblico vengano portati anche nel privato, che il personaggio prenda sempre più spazio, finché gli venga appioppato il ruolo del disadattato del quartiere, quello ai quali le persone pensano per sentirsi un po’ migliori, quello che torna utile per aver qualcosa di cui parlare quando gli argomenti scarseggiano, quello che le donne compatiscono.
A questo punto incomincerà a sentirsi in dovere di comportarsi come disadattato e probabilmente darà sempre più motivi per spettegolare su di lui, amplificando il circolo vizioso creatosi attorno. E’ probabile così che arrivi ad alzare il gomito anche in casa da solo e sempre più pesantemente, e farà questo non perché di reale indole disadattata, ma solo perché sentirà di dover fare così per sentirsi coerente con il personaggio, ormai ruolo, che si è dato e che gli è stato dato.
La stessa cosa vale, talvolta, per quei ragazzi che fanno uso di sostanze stupefacenti, o per quelli che hanno deciso di farsi compatire per i loro problemi. Questi personaggi che si è scelto di interpretare, magari per scherzo o per sbaglio, spesso per arcane comodità o futili motivi, rischiano di intrappolare e di confondere il personaggio in un ruolo socialmente riconosciuto e accettato. E non dimentichiamoci che la società ha bisogno dei ruoli per creare un ordine.
Abbiamo la possibilità di scegliere se interpretare un personaggio o un altro, ma il personaggio che sceglieremo ci farà sentire come se fossimo obbligati ad assumere determinati atteggiamenti in determinate situazioni, in determinati luoghi e in determinati momenti. Altrimenti ne andrebbe della nostra coerenza e questo accadrà soprattutto, e a volte irrimediabilmente, quando il nostro personaggio, esposto nel sociale, avrà avuto una collocazione, un suo ruolo.
La ricerca della trappola
Si è già detto (vedi la prima puntata correlata) come i personaggi, ma anche i ruoli a questi associati, si influenzino vicendevolmente: le persone imparano quali personaggi esterni corrispondono a determinati personaggi interni e viceversa. Così si arriva a evitare certi ambienti se ci rende conto che istigano in noi personaggi indesiderati, e a ricercarne altri che istighino personaggi da noi desiderati.
Ma attenzione anche ai personaggi desiderati, alcuni di questi mettono in situazioni difficili dalle quali non solo è difficile uscire, ma alle quali, dopo diverso tempo che vengono messi in scena, diviene difficile rinunciare, anche quando portano sofferenza. Questo perché non possiamo permetterci di perdere la nostra coerenza, sarebbe ancor più sconvolgente di uno stato di sofferenza perpetuo; sarebbe come perdere la certezza che dopotutto esiste un “noi stessi”. Inoltre rinunciare ad un radicato personaggio sofferente vuol dire trovarsi a dover mettere in discussione se stessi e diversi anni della propria vita, sentendosi probabilmente spiacevolmente stupidi (quando in realtà ci si dovrebbe sentire molto intelligenti ad aver scoperto e debellato un errore o una sofferenza).
Capita ancora più spesso che un personaggio sfugga completamente di mano e porti a situazioni sempre più spiacevoli o a interazioni estremizzate. Per fare un esempio, ogni coppia sentirà i personaggi che mette in atto nel proprio ambito come parti indispensabili dell’equilibrio.
I personaggi diventeranno quindi ruoli della coppia, e i due partner agiranno per non perderli, sia che si tratti di ruoli positivi e desiderati, sia anche nel caso di ruoli negativi e sofferenti, questo perché perdere un ruolo rischia di far perdere la famosa coerenza, stavolta della coppia. Meglio perseverare nella stupidità per non sentirsi tali! E’ per questo che anche nel caso in cui si dovesse cambiare partner se ne cercherà un altro con personaggi altrettanto complementari, che possano reintrodurre il gioco di ruolo perduto, almeno finché non si deciderà che è finalmente arrivato il momento di abbandonare un determinato ruolo o un proprio personaggio. Sentirsi stupidi per quello che si è fatto nel passato è segno di grande intelligenza!
E se quando si è in due a mettere in scena personaggi e ruoli complementari, l’atto diviene più convincente, figuriamoci allora quando si è in tanti, come nel caso delle famiglie. Nelle famiglie capita spesso che una persona che provi a mettere in atto il personaggio del familiare problematico, si ritrovi ben presto in questo ruolo. E se il personaggio gode di maggior libero arbitrio, se in questo contesto viene trasformato in ruolo, bisognerebbe cambiare tutta l’interazione familiare. Dopotutto è più facile dare la colpa a qualcosa di innato, di esterno al proprio volere, piuttosto che a se stessi e alla propria capacità di scegliere e di essere responsabili.
Il cambiamento
Ruoli e personaggi continuano a venire in superficie in modo alternato, come la tastiera di un pianoforte, tasti bianchi e neri che continuano ad essere pressati (e pressanti) nella sinfonia della biografia individuale, continuando a confondersi tra di loro, come una complessa musica dove le note degli accordi si amalgamano; confondendo le persone e il loro pubblico. Ma che si tratti di personaggi semplici, o complicati, sia che essi siano già trasformati in ruoli, maschere e copioni, si possono cambiare o abbandonare in ogni momento.
E’ logico che questo può portare ad un grande scompiglio nell’individuo, nella sua coerenza, e nelle sue convinzioni su se stesso e sul suo mondo, ma spesso è necessario fare un passo talmente difficile da essere sconvolgente per poter maturare e prendere piena conoscenza di sé e di quello che si può essere o evitare. E’ vero, può rimanere una macchia, un alone, un ricordo, che potrà essere difficilmente contenuto davanti ad alcune persone conosciute col personaggio o il ruolo precedenti, ma la gestione della situazione dipenderà dalla nostra volontà che può incominciare a manifestarsi già solo dalla conoscenza di tali meccanismi e dal coraggio nel provare a modificare le variabili.
Ruoli e personaggi che si sovrappongono e si ispirano vicendevolmente sono l’espressione della nostra personalità, e se è vero che dal profondo si irradia la superficie, è anche vero che la superficie ha il potere di influire sulla nostra parte più profonda.
Pascal diceva ai non credenti: “andate in chiesa, inginocchiatevi, pregate, onorate i sacramenti, comportatevi come se voi credeste. La fede non tarderà ad arrivare”.
Dopotutto è la superficie quella che viene a contatto col nostro pubblico, da quello reale a quello immaginario, basterebbe dunque cambiarla, cambiando le nostre maschere e scegliendo diversi ruoli, così da poter scappare, se è quello che vogliamo, da quello che identifichiamo come “noi stessi”.
(Seconda e ultima puntata)