Si possono individuare due fattori trainanti il successo del giornalismo anywhere e anytime: lo sviluppo di reti cellulari veloci e l’avvento dei tablet. Solo fino a qualche anno fa le reti Umts (3G) erano un miraggio e accedere con il telefonino al web era un’impresa quasi impossibile.

La volontà di seguire la falsariga introdotta dagli Usa, dove le reti di accesso al web hanno già una storia considerevole, ha consentito alle principali nazioni europee di adeguarsi al cambiamento con la fornitura di infrastrutture adeguate a ridurre il divario digitale (digital divide) con il resto del mondo “veloce”.
Con l’avvento delle nuove reti per la telefonia mobile sono cominciate a spuntare le prime tariffe “dati” da parte degli operatori europei che, seppur con costi elevati, consentivano di accedere al web in maniera più degna e fruibile. Tralasciando le normative dell’Unione Europea, dell’Antitrust e dei vari garanti, si è arrivati ad una stabilizzazione socio-economica che permette di considerare l’accesso al web in mobilità un servizio importante, se non fondamentale, della modernità.
Dopo i primi esempi di “sperimentazione”, oggi le principali testate nazionali hanno applicazioni ah hoc per vari sistemi operativi di smartphone che permettono di accedere velocemente a notizie e settori offerti sullo schermo più grande del Pc. Una ricerca dell’Osservatorio New Media del Politecnico di Milano ha evidenziato come la stragrande maggioranza delle testate italiane presenti sul web abbia prodotto un’applicazione per cellulari o smartphone su diversi Store.
Le possibilità offerta dalla telefonia mobile di informarsi dovunque e comunque (a patto di avere dei piani tariffari dedicati) sono state colte tempestivamente dagli operatori di comunicazione nazionali e internazionali. Le applicazioni editoriali dedicate alla mobilità sfruttano già le caratteristiche di cui sono dotati i moderni telefoni cellulari: localizzazione, streaming audio e video, social network. Vi è la possibilità di accedere al web e leggere le notizie filtrate in base alla località dove ci troviamo, o seguire l’ultimo servizio giornalistico del Tg in differita o linkare una notizia di nostro interesse sulla bacheca dei social network ai quali siamo iscritti.
Grazie al lavoro di aggregazione di notizie da parte degli editori (piccoli e grandi) che hanno voluto scommettere sulla notizia mobile, si è arrivati ad affidare una maggiore validità e autorevolezza a quello che circola in Rete. In questo senso ne hanno giovato blog e siti di opinione indipendenti o comunque di persone non considerate inizialmente come “opinion leader” di un determinato settore. Oggi invece possiamo leggere un articolo di un iscritto a WordPress (così come di altri servizi di self blogging) solo perché è tra i conoscenti di un nostro amico su Facebook, scopriremo magari un autore che prima non conoscevamo, e tutto grazie al web mobile. La differenza maggiore, tra i colossi dell’informazione nazionale ed internazionale e i piccoli editori, sta nella gratuità della notizia.
Dopo alcuni periodi di testing, le principali testate hanno cominciato a richiedere servizi in abbonamento per accedere a notizie ed approfondimenti che possono essere consultati sul web tradizionali in maniera gratuita.
La difficoltà maggiore, e la sfida per il futuro, è proprio questa: saper considerare la possibilità di accedere a notizie via cellulare parimenti a all’accesso tradizionale via web. Seppur come valore aggiunto l’utente sostiene già costi per navigare su Internet tramite cellulare (costo dell’apparecchio, della scheda telefonica, dell’abbonamento dati) così come chi sta seduto davanti al proprio Pc sostiene dei costi per visitare i siti web (costo del Pc/Mac, corrente, abbonamento ad Internet). Ed è per questo che lo scontro tra i ricavi desiderati dagli editori e la logica di condivisione alla quale inneggia il popolo del web 2.0 è sempre vivo e non manca di suscitare polemiche sulla libertà di accesso ai contenuti e ai materiali prodotti, anche per la mobilità.

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