Nel Decreto sviluppo economico del 6 maggio, il governo crea l’Autorità per l’acqua. Una mossa per indebolire il referendum previsto per il 12 e 13 giugno?
L’operazione in atto non lascia spazio a dubbi. Il Governo, dopo i contraddittori annunci sullo stop al programma nucleare – fatti esclusivamente per scongiurare un’affluenza record al referendum del 12 e 13 giugno – è ora alla disperata ricerca di far saltare anche i due quesiti sull’acqua. Il fine è sempre lo stesso: scongiurare definitivamente il raggiungimento del quorum sul legittimo impedimento, il cui voto è in programma nella stessa consultazione popolare del prossimo mese. Palazzo Chigi per cercare di arginare la volontà democratica ha deciso in fretta e furia, il 6 maggio, di inserire una norma nel “decreto sviluppo economico” che di fatto crea l’Autorità per l’acqua. Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha chiarito che “era necessario completare la riforma creando un organismo di controllo forte. In modo che ci saranno più garanzie per cittadini e per l’ambiente, più poteri regolatori sulle tariffe e sanzionatori per perseguire ogni possibile abuso”.
La mossa lascia alcune perplessità. Sembra strano, infatti, che dopo l’approvazione della Legge Ronchi – avvenuta il 19 novembre del 2009 – tutto sia rimasto invariato sino ad adesso, quando ormai siamo alla vigilia del voto, dopo che 1 milione 400mila italiani hanno firmato per richiedere un referendum che bloccasse la privatizzazione del servizio idrico.
In questo anno e mezzo la nascita di un’authority sembrava secondaria. Si è detto, infatti, che la privatizzazione dell’acqua ce la imponesse l’Europa. Cosa assolutamente falsa poiché le normative europee lasciano, al contrario, libertà alle amministrazioni pubbliche di decidere se mettere o no a gara il servizio idrico. Tant’è vero che in molte città del Vecchio Continente si è tornati alle gestione pubblica dopo il fallimento di quella privata.
Sempre in questo anno e mezzo si è detto anche che solo le reti idriche sarebbero state messe sul mercato, pur sapendo bene che una volta perso il controllo sulle tubature si genera di fatto un monopolio naturale, poiché non esistono alternative per la distribuzione. Però adesso, all’improvviso, tutti cambiano atteggiamento, per il Governo il controllo diventa priorità.
Con quest’ultima scelta, quella del 6 maggio, appunto, non si dovrebbe riuscire a bloccare la consultazione. Certamente, però, si genera confusione nell’opinione pubblica, ancora poco informata sul contenuto della Legge 166. Già, perché è servito un presidio di fronte alla sede della Rai, organizzato dal comitato referendario, per far sì che in televisione si parlasse un po’ di più del testo voluto dall’ex ministro Ronchi. E’ sufficiente? Secondo Antonio Di Pietro no poiché “la trasmissione delle tribune televisive e radiofoniche riservate ai referendum e nonché dei messaggi autogestiti dovrà iniziare a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale”. Ci sarebbe dunque una perdita di altre due settimane di informazione. E alla seconda metà di maggio slitterebbero anche gli spot su quando e come si vota. Insomma, sul filo di lana, e con stratagemmi approssimativi, si sta decidendo per un bene essenziale per la vita di ogni essere umano.
In allegati il primo capitolo e uno dei conclusivi di H2Oro. Le mani sporche sul bene di tutti edito da Castelvecchi RX, in cui Alessandro Zardetto, in lunga e documentata inchiesta, raccoglie testimonianze e dati sulla privatizzazione affaristica in atto in Italia per poi raffrontare la situazione con quella dei principali Paesi esteri, come la Francia di Sarkozy che ha invece imboccato senza esitazione la via del controllo pubblico.