La fantomatica repubblica del Fronte Polisario non è riconosciuta dall’ONU

Diversi ex Primi Ministri ed ex Ministri degli Affari Esteri dei paesi africani, riuniti a Tangeri nell’ambito dei 14 MEDays, hanno chiesto, venerdì 4 novembre 2022, l’esclusione dall’Unione Africana (UA) dalla pseudo RASD, la fantomatica repubblica del Fronte Polisario non riconosciuta dall’ONU, che non soddisfa alcun criterio di diritto internazionale relativo alla costituzione di uno Stato.

L’ex primo ministro centrafricano, Martin Ziguélé ha spiegato:

“Abbiamo tenuto un incontro insieme a Tangeri e lanciato un appello che mira a chiedere ai Capi di Stato membri dell’Unione africana di procedere all’esclusione di questo ente che non costituisce uno Stato di diritto all’interno dell’UA”.

L’incontro di questi ex capi di governo e diplomatici africani si è tenuto per tre ore a margine della 14a edizione di MEDays, organizzata dal 2 al 5 novembre 2022 dall’Istituto Amadeus di Tangeri.

Questo appello è stato confermato anche dagli ex capi della diplomazia della Guinea, del Benin e dell’Unione delle Comore. Secondo Martin Ziguélé:

“La presenza della RASD all’interno dell’Unione Africana è un’aberrazione sul piano giuridico, politico e storico, in un momento in cui tutti lavoriamo per il panafricanismo e per il rafforzamento dell’Africa Unione. I Paesi africani non possono accettare che a questa organizzazione siano ammessi enti separatisti e secessionisti che non costituiscono Stati perché ciò scredita l’intero funzionamento dell’Unione. Africana”.

Per spiegare ciò, l’Istituto Amadeus è stato incaricato di redigere un “libro bianco” volto a combattere “questa finzione”. E’ stato chiesto all’Istituto di mettere in atto un meccanismo per la redazione di un Libro bianco al quale contribuiranno tutti i partecipanti alla riunione di Tangeri per spiegare i motivi per cui vogliono che questa operazione di esclusione abbia successo.

Questo documento sarà messo a disposizione non solo dei Capi di Stato dell’Unione Africana, ma anche di tutti gli opinion leader per spiegare i meriti giuridici, politici e amministrativi di questo approccio.

Da parte sua, l’ex ministro degli Affari esteri del Benin, Jean-Marie Ehouzou, ha sottolineato che l’incontro si è concentrato sull’esclusione della RASD dall’UA.
“Ci siamo riuniti per cercare di rettificare l’errore storico che è stato commesso ammettendo questa entità, perché il Sahara e la sua marocchina non soffrono di dubbi, e non abbiamo dubbi sulla sua marocchina sin dai tempi storici. Fu il Marocco a difendere sempre questi territori, all’epoca, dai colonizzatori spagnoli e francesi”. Di conseguenza l’indipendenza del Marocco doveva necessariamente includere il suo Sahara”.

Da parte sua, l’ex capo della diplomazia delle Comore, Fahmi Saïd Ibrahim, ha osservato che “la RASD è stata ammessa inavvertitamente”.

“Abbiamo chiesto ai Paesi africani di avviare un processo di esclusione da questa entità, che rischia di essere sfortunato per il futuro del continente. Crediamo che sia giunto il momento di espellere la Rasd per consolidare l’unità del Marocco, Paese con un passato millenario. Il carattere marocchino del Sahara è fuori dubbio e c’è motivo, oggi, perché l’Africa lo riconosca espellendo la RASD”.

Infine, l’ex ministro degli Esteri della Guinea, Mamadi Touré, ritiene che l’ammissione della Rasd sia un gravissimo errore politico. Si tratta di un’entità che non soddisfa alcun criterio.

“Quando si considera la definizione di Stato, la Rasd”, continua Mamadi Touré, “non risponde a nessuno di questi criteri. Quindi l’appello di Tangeri è di correggere questo errore storico e impedire che questo pericoloso precedente si ripeta nel continente africano”. Questo politico ha infine espresso la speranza che “i capi di stato africani capiscano la necessità di correggere questo problema”.

Va ricordato che grazie agli atti compiuti in questi anni molti paesi hanno ritirato il riconoscimento dell’entità fantoccio. Pertanto, dei 193 paesi membri delle Nazioni Unite, l’84% non riconosce la pseudo RASD, inclusi due terzi dei paesi africani, il 68% dei paesi latinoamericani e caraibici, il 96% dei paesi asiatici e il 100% di europei e nordamericani.