L’amministrazione statunitense del presidente Donald Trump ha chiarito in “colloqui privati” con il Marocco che si opporrà all’indipendenza del Sahara. Lo riferisce il “Wall Street Journal” in un lungo articolo basato su fonti coinvolte nei colloqui. Il dossier è nelle mani del consigliere alla sicurezza nazionale Usa John Bolton, il quale si era occupato già in passato della questione in qualità di funzionario del dipartimento di Stato (nel 1991 contribuì al testo dell’accordo che portò alla cessazione delle ostilità tra il Marocco e il ‘Fronte Polisario’, mentre pochi anni dopo partecipò agli infruttuosi colloqui mediati dall’allora segretario di Stato James Baker) e di ambasciatore permanente degli Stati Uniti alle Nazioni Unite. Dopo essere stato nominato alla Casa Bianca, Bolton ha immediatamente chiarito che la Missione di peacekeeping dell’Onu (Minurso) è un “esempio di fallimento”.
Lo scorso dicembre, per la prima volta dal 2012, esponenti del governo marocchino si sono seduti al tavolo con i rappresentanti del ‘Fronte Polisario’ per una nuova tornata di colloqui promossa dalle Nazioni Unite. Secondo il “Wall Street Journal”, gli indipendentisti saharawi vedono in Bolton un “potenziale salvatore”, ma rischiano di essere delusi dall’amministrazione Trump. La quale, in colloqui privati, ha chiarito che gli Stati Uniti “appoggiano il Marocco nella sua opposizione alla creazione di una nazione indipendente”. Proprio tale rassicurazione ha contribuito a riportare Rabat al tavolo dei colloqui, sebbene i leader marocchini temano ancora che Bolton simpatizzi con gli indipendentisti che chiedono un referendum e siano in disaccordo con la volontà di Washington di porre fine alla missione di peacekeeping Onu. Quest’ultima posizione è stata chiarita dal ministro degli Esteri di Rabat, Nasser Bourita, che al “Wall Street Journal” ha osservato come l’uscita di scena della Minurso rischi di creare un pericoloso “vuoto di potere”. Esistono in Nord Africa e in particolare nella regione del Sahara ancora dei gruppi che si richiamano alla sinistra marxista che rappresentano “una minaccia per la stabilità”. Il “Wall Street Journal” riferisce che, proprio mentre la comunità internazionale sta lavorando per estinguere i focolai di tensione e ripristinare la pace e la sicurezza, il ‘Polisario’, continua a rappresentare una grave minaccia per la stabilità in Nord Africa e nel Sahel. L’amministrazione del presidente Donald Trump, che si trova ad affrontare la minaccia terroristica su più fronti, segue attentamente la situazione nella regione del Sahara e del Sahel. Consapevole dei pericoli posti dalla nascita di un nuovo Stato nella regione, la Casa Bianca è determinata a porre fine a questo conflitto, secondo il quotidiano, in cui viene evidenziato, tuttavia, come la dinamica in corso sotto gli auspici delle Nazioni Unite sia l’opzione più sicura ed economica per provocare una soluzione consensuale. Gli Stati Uniti “sono chiari, non daranno il loro appoggio a un piano che porta alla creazione di un nuovo stato africano”, osserva la prestigiosa pubblicazione. “Un nuovo stato in Africa potrebbe effettivamente essere meno sicuro. Tentare di istituire un nuovo paese, potrebbe creare un’area dalla quale gli insorti e i gruppi come l’ISIS potrebbero trarre vantaggio e utilizzare come un rifugio”, ha detto il giornalista in un video che accompagna la sua analisi, rilevando che Washington e Rabat condividono la stessa posizione al riguardo.
Al momento i colloqui sono interrotti. L’Algeria, che sostiene il Fronte Polisario, è nel pieno di una crisi politica che lo scorso aprile ha portato alle dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika. Lo scorso maggio, inoltre, si è dimesso a sorpresa l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Sahara occidentale, il tedesco Horst Kohler, per “ragioni personali”. Ad aprile gli Stati Uniti hanno votato per il rinnovo della missione Onu, ma ad ottobre potrebbero porre il veto se non venissero registrati ulteriori progressi nei colloqui.