Il Califfato non è affatto “sedicente” come invece amano affermare i media. Ma le domande valgono più delle risposte: e dunque, perché ? La risposta dobbiamo cercarla lontano, nei secoli passati, al tempo dei Califfi. Quelli veri e operativi nella storia. Nella storia anche nostra.

Maometto era nato alla Mecca. Aveva 52 anni quando nel 622 (secondo il calcolo del tempo cristiano) si trasferì a Yathrib, che prese poi il nome di Medina (in arabo “la città”) ossia per definizione “la Città del Profeta”. Il tempo dell’Islam e dei Musulmani comincia dunque con la Higra o Egira: la Migrazione. Quando morì nel 632 –anno decimo dell’Egira- Maometto aveva già due luogotenenti o vicari, Khalifa in arabo. Avrebbero dovuto ereditarne legittimamente il ruolo politico. Abu Bakr fu così il primo dei Califfi, e dopo di lui Omar, nel 634. Omar avviò il secolo delle conquiste e dell’espansione araba. Fu assassinato nel 644 da uno schiavo persiano. Arrivò così il turno di Otman, anche lui ucciso –era il 656— nel corso di una congiura di palazzo, mentre era assorto in preghiera. Fu nominato a succedergli Alì, cugino e genero di Maometto.

Il potente governatore della Siria, Muaviya, era parente stretto di Otman e dunque non riconobbe la legittimità della successione. La guerra risultò inevitabile, e il corso degli eventi fu sfavorevole ad Alì. Che infine, nel 661 anno 39 dell’Egira, fu ucciso in Irak proprio davanti alla moschea di Kufa. La famiglia del vittorioso Muaviya, gli Omayyadi, fondò così il Califfato omonimo (660-750). Fu questo il risultato della prima fitna (“tensione, momento di crisi”) e dunque il peccato originale dell’Islam: la rottura dell’unità dei fedeli. Ed ecco il formarsi delle due grandi correnti, contrapposte e rivali: Sunna sta per “consuetudine prevalente” nella linea che lega il primo Abu Bakr agli Omayyadi, mentre la Shia è il “partito” dei seguaci di Alì, battuto nella lotta per la successione. E’ a partire da questi eventi remoti che l’Islam sciita cerca la rivincita su quello sunnita.

La Shia domina incontrastata in Iran. Coloro che governano a Teheran vogliono riscattare la sconfitta, oggi. Il mondo islamico è in preda alle stesse convulsioni che conobbe l’Europa al tempo delle guerre di religione tra cattolici e protestanti. E anche in queste vicende attuali dell’Islam va considerato un risvolto teologico molto complesso. Se nel mondo sunnita il termine “Imam” definisce il leader di una comunità religiosa, il sapiente che guida la preghiera e regola la vita dei fedeli, per gli sciiti la parola Imam implica significati di valenza apocalittica. L’attributo di Imam spetta soltanto ad uomini straordinari, segnati da una predestinazione divina. La Shia riconosce Alì come primo grande Imam e vero Califfo. Ad Alì ne sono seguiti altri undici.

Il Dodicesimo Imam è occultato dall’anno 868 (255 dell’Egira) e tornerà a manifestarsi soltanto quando sarà il momento, ovvero quando gli Sciiti dimostreranno la verità ai Sunniti e prevarranno su di essi. La conseguenza sarà anche l’affermazione universale dell’Islam. La politica estera e militare dell’Iran va interpretata soprattutto in questa chiave. 

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