Cara auto può essere un modo affettuoso di chiamare il proprio veicolo, ma in realtà è anche l’espressione che identifica il valore e l’impatto economico che possedere e far circolare un veicolo hanno per gli italiani. La conferma arriva da un documento chiamato Tax guide e redatto dall’Acea (un’associazione che riunisce i costruttori europei di veicoli), che fa il punto sulla situazione e sui costi legati alle vetture in tutta Europa.
Un bancomat statale. Per i vari Governi europei, gli automobilisti rappresentano una risorsa molto utile per ampliare le entrare erariali: a livello globale, infatti, il gettito fiscale generato da tasse, imposte e accise sul settore automotive raggiunge quota 401 miliardi di euro, con l’Italia che si piazza al secondo posto assoluto in questa graduatoria di spesa, con 71,8 miliardi, superata solo dagli 80 miliardi della Germania (che, però, conta almeno 20 milioni di abitanti in più).
Occhio al carburante. A guardare più nel dettaglio i dati relativi al gettito fiscale proveniente da auto e moto in Italia, si scopre che solo una piccola parte del totale confluisce nelle spese relative all’acquisto e alla tassa di possesso (rispettivamente, il 9,5% e l’8,5%), perché il costo maggiore è quello che serve per far muovere e per poter utilizzare davvero i nostri veicoli, che ingloba l’82% delle tasse. In particolare, è critica la situazione relativa alle accise aggiuntive sul costo dei carburanti: per i possessori di vetture a benzina, il carico fiscale pesa per 728 euro per 1000 litri, mentre è di poco inferiore nel caso del gasolio (617 euro per 1000 litri), che finanziano interventi per eventi e tragedie naturali avuti luogo anche più di 50 anni fa, come ad esempio la guerra in Abissinia (avvenuta nel 1935) e l’alluvione di Firenze del 1966.
Aspettare o cambiare abitudini. In questo caso, purtroppo, non c’è molto da fare se non attendere che un Governo – prima o poi – decida di invertire la rotta, rinunciando però a entrate “sicure”. Ecco perché si rivela molto più utile la possibilità di cambiare le proprie abitudini di acquisto, almeno laddove è possibile farlo: se rinunciare all’auto diventa spesso impossibile, sia a causa dell’utilità del mezzo, sia per la difficoltà di spostamento in alternativa, allora bisogna provare a risparmiare o, meglio, a spendere i propri soldi con oculatezza. Ad esempio, nel settore automotive si registra un interessante aumento degli acquisti online, che determinano vantaggi immediati in termini economici.
Saper comprare online. Che qualcosa si stia muovendo lo certificano anche le stime più recenti, come quelle diffuse nel corso della XI edizione del Netcomm eCommerce Forum a Milano: l’ecommerce in Italia dovrebbe raggiungere complessivamente quota 19,3 miliardi di euro a fine 2016, con un aumento del 17% rispetto ai 2,7 miliardi di euro dello scorso anno; soprattutto, però, sono raddoppiati gli utenti, che passano da 9 a più di 18 milioni di eShopper. Ma il bicchiere è pieno solo a metà, perché la quota di fatturato delle imprese italiane che arriva dal web, pur raddoppiando dal 4% al 9%, resta comunque lontana dalla media europea (che è 17%) e soprattutto dalla quota raggiunta dall’Irlanda (che guida la classifica con il 37%), consentendo alle imprese tricolore di far meglio solo di Cipro, Grecia, Bulgaria e Romania. Insomma, se i consumatori sembrano pronti e ricettivi, non altrettanto appaiono le imprese.
Fuori dal coro. Ci sono però, e per fortuna, alcune eccezioni positive, come nel campo della vendita online di gomme per auto e moto, dove ormai da alcuni anni si è affermata Euroimport Pneumatici, azienda torinese che ha mosso i primi passi nel 2009, imponendosi in breve come uno dei portali web più affidabili, sicuri e soprattutto convenienti nel panorama italiano, con una quota di mercato che sfiora il 10% del totale delle vendite nel settore pneumatici: acquistando online, sarà possibile risparmiare fino al 30% rispetto ad altri canali e altri siti, riducendo almeno in parte il nodo alla gola che viene stretto dalle spese per l’automobile.