L’Associazione Nazionale Avvocati Italiani accoglie con grande favore la proposta di legge dell’on. Camilla Sgambato in materia di compensi professionali.

«La proposta parte dalla giusta premessa che la Costituzione Italiana riconosce nel lavoro un fondamento della Repubblica ed un diritto essenziale della persona, che anche tramite esso consegue libertà, dignità e riconoscimento sociale (cfr. Cost. artt. 1, 4 e 35 e ss.)» ha dichiarato il presidente Anai Maurizio De Tilla.

«Nella nozione di “lavoro” deve senz’altro includersi, accanto al lavoro subordinato, anche il lavoro autonomo, di cui i professionisti sono fondamentale espressione – ha continuato De Tilla – L’avvocatura ha più volte denunciato, a seguito dell’abolizione dei minimi tariffari, che numerosi sono stati gli “attentati” alla dignità del professionista, obbligato alla stipula di convenzioni da clienti con capacità di imporre condizioni di contratto per prestazioni professionali a carattere fiduciario, spesso indecorose .

Risultano, in taluni casi, accreditate in via definitiva al cliente le spese liquidate a carico del soccombente se superiori al compenso pattuito.

Di qui la proposta di modificare l’art. 2233 nel senso della previsione della clausola di nullità per le pattuizioni stipulate in violazione del secondo comma del medesimo articolo, che palesino uno squilibrio di diritti e obblighi».

Il testo del Disegno di legge è il seguente:

Al Codice civile, Capo II, l’art. 2233 è sostituito dal seguente:

“Art. 223 – Compenso – Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene.

In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali.

Sono nulli tutti i patti nei quali il compenso sia manifestamente sproporzionato all’opera prestata ai sensi del comma II.

Criteri di valutazione della sproporzione del compenso sono costituiti dai parametri ministeriali applicabili alle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.

E’ altresì nulla qualsiasi pattuizione che stabilisca per il professionista un compenso inferiore a quanto liquidato dall’organo giurisdizionale, con diritto del cliente di trattenere la parte liquidata eccedente, ovvero precluda al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che gli imponga l’anticipazione di spese per conto del cliente .

La nullità non opera nei rapporti professionali disciplinati dal codice del consumo.”

Di Golem

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