È di oggi la pubblicazione del Rapporto Annuale della Commissione Europea sullo stato della giustizia in Europa, secondo il quale con 608 giorni l’Italia è terzultima nella Ue per la lunghezza dei processi di prima istanza civili e commerciali, peggio, nei dati 2013, solo a Cipro e Malta.
Per L’Organismo Unitario dell’Avvocatura-Oua, la rappresentanza politica forense, questa è la dimostrazione di quanto si sia «ancora lontani dalla fine della situazione di emergenza».
«In questi ultimi anni – sottolinea Mirella Casiello, presidente Oua – si sono messi in cantiere diversi provvedimenti legislativi, alcuni anche importanti e positivi, altri ancora da definire, come la delega sul civile. Tutte iniziative, però, che seguono una già intensa attività dei precedenti Governi e che rischiano di essere vanificati dai molti problemi irrisolti. Troppi i riti, le modifiche ai codici di procedura, e poi rimangono alcuni “convitati di pietra”: risorse inadeguate, un processo telematico (pct) ancora tutto da implementare, criticità strutturali e organizzative, insufficiente applicazione delle prassi virtuose, poco personale, pochi giudici; tutte questioni sulle quali si è trovata convergenza anche con l’ANM. In questo contesto, gli avvocati, spesso, si trovano a dover sopperire alle deficienze della macchina giudiziaria, incluso facendo le fotocopie, oppure come avviene con il Pct lasciando ai magistrati le cosiddette “copie di cortesia”».
«Alcuni tribunali, importanti come Roma – aggiunge il presidente Oua – sembrano talvolta come delle città caotiche, non possiamo quindi non meravigliarci se il trend della nostra giustizia rimane negativo, addirittura solo meglio di Cipro e Malta». «Da sempre – ribadisce – l’Oua denuncia questa situazione, spesso anche confutando i dati ottimistici dei governi in carica e avanza proposte per uscire dall’emergenza, ad esempio chiedendo che si faccia ricorso ai numerosi magistrati fuori ruolo che, se reimmessi nel circuito dei Tribunali, costituirebbero una implementazione a “costo zero”».
«I cittadini – conclude Casiello – tutti i giorni vedono rinviate le loro cause di molti anni, il che rende la domanda di giustizia una chimera. E, se consentite anche una riflessione dal punto di vista professionale, questo è un enorme danno anche per gli avvocati, che in tempi di grave crisi, si ritrovano a inseguire per anni il pagamento dei propri compensi. La strada del cambiamento è ancora lunga, ma bisogna fare in fretta e bene. Con il ministro Orlando si sono fatti diversi passi in avanti, alcuni suoi interventi sono appena entrati in vigore (negoziazione, arbitrati) e gli effetti si vedranno dal 2015, ma il problema rimane: serve una riforma complessiva della giustizia, non solo interventi spot».