Venerdì mattina, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, è stato presentato un istruttivo docu-film intitolato “Silencio”, opera di Attilio Bolzoni e Massimo Cappello, prodotto dall’Associazione Stampa Romana e dalla Fondazione Roma. Sebbene girato prima del recente scandalo abbattutosi sulla Capitale, che ha visto ben 37 arrestati e un centinaio di indagati per Mafia, tra cui l’ex Sindaco Alemanno, il documentario sembra fatto apposta per indicare la soluzione ai problemi della città.
Una città dove pare nessuno abbia mai letto o visto “Romanzo Criminale”, nonostante le centinaia di migliaia di copie vendute e i milioni di telespettatori, libro in cui, una delle figure di spicco dello scandalo, Massimo Carminati, ex NAR ed ex Banda della Magliana, viene citato più volte per le sue imprese delinquenziali. Ma tant’è. Non è che i politici possono stare appresso a tutto. Frequentavano Carminati e accettavano i suoi soldi perché pensavano che fosse solo un generoso disabile che qualcuno, malevolmente, soprannominava “il Guercio”. Del resto, ora che l’Europa ci ha imposto, per far quadrare i bilanci, di inserirvi anche i proventi derivanti dalle attività illecite, la Mafia non poteva più essere una risorsa della sola Sicilia o della Campania. Era ed è indispensabile si estendesse a tutto il territorio nazionale. E così si è giustamente esportata a Milano, capitale industriale e a Roma, capitale amministrativa. La Mafia è dunque un patrimonio da difendere. Cosa che hanno tentato di fare, in modo bipartisan, i partiti politici responsabili. Ma in questo Paese, si sa, abbondano i “gufi”. Quelli che, come dice Renzi, vogliono il male dell’Italia.
Ma “Silencio” ci racconta mirabilmente la soluzione che è stata trovata in Messico. ”Sono a Città del Messico da pochi giorni e mi hanno fatto il conto dei giornalisti assassinati in questo paese dal 2000: 80. Più di quanti ne siano stati uccisi in Iraq (71), più di quanti ne siano stati uccisi in Vietnam (66), più di quanti ne siano stati uccisi durante tutta la seconda guerra mondiale (68)”. Così recita la voce narrante, chiarendo che le morti dei giornalisti sono state tutte imputate a storie di corna e di sesso. Ma poi, in un’intervista a un giornalista ancora vivo, si spera per poco per l’economia messicana, costui, alla “pregunta” di Bolzoni se si sia trattato di omicidi di mafia asserisce: “claro que sì!”. Ed ecco quindi la dolorosa ma necessaria risposta alla crisi economica nostrana. Facciamo fuori un po’ di giornalisti e magistrati rompicoglioni e il PIL decollerà. Che Renzi faccia subito un bel decreto legge in cui depenalizzi gli omicidi ai danni degli esponenti di queste categorie e non se ne parli più. Tanto, a Camicia Bianca, il PIL sullo stomaco non manca!