“La decisione della Corte di Palermo di sentire il Presidente della Repubblica, nonostante abbia espressamente ed ufficialmente affermato di non potere essere utile alla ricerca della verità, appare incomprensibile. Ma ciò che desta maggior sconcerto è la reazione di plauso intesa a sostenere che l’audizione del Presidente Napolitano rappresenti una vittoria.
E su cosa? E di chi? Forse di un potere su di un altro? Coltivando così, ancora una volta, lo scontro fra istituzioni, al solo fine di affermare la forza di un (errato) principio. E’ un atteggiamento che lascia trasparire una visione demagogica del processo che trascende dalle contingenze e dalle necessità”.
Lo sottolinea in una nota, la Giunta dell’Unione Camere Penali, spiegando che nella valutazione del caso “non si dovrebbe invece trascurare l’intervento della Corte costituzionale che con la pronuncia n. 1/2013 aveva bene descritto le funzioni e i poteri del Capo dello Stato puntualizzando come ‘la discrezione e la riservatezza delle comunicazioni del Presidente della Repubblica sono coessenziali al suo ruolo nell’ordinamento costituzionale. Non solo le stesse non si pongono in contrasto con la generale eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma costituiscono modalità imprescindibili di esercizio della funzione di equilibrio costituzionale – derivanti direttamente dalla Costituzione e non da altre fonti normative – dal cui mantenimento dipende la concreta possibilità di tutelare gli stessi diritti fondamentali, che in quell’equilibrio trovano la loro garanzia generale e preliminare’”.
Il Presidente Napolitano, concludono i penalisti, “non si è riparato dietro le sue prerogative costituzionali ma si è correttamente limitato a riferire in merito alla superfluità del suo contributo in questo processo: non è bastato. Dobbiamo purtroppo registrare come sia difficile portare il dibattito sulla giustizia lontano dalle secche dello scontro politica-magistratura e come sia complicato affermare principi chiari e semplici ma fondamentali come quello della separazione dei poteri. Vuol dire che il nostro Presidente della Repubblica, rimasto inascoltato sull’amnistia, sul Csm, sulle correnti e sulla riforma vera della giustizia, debba essere invece questa volta inevitabilmente ascoltato!”.