In Italia comprare una casa è sempre più difficile: le offerte dei mutui sono tante e solo con il confronto dei prodotti di Barclays con quelli di Cariparma e così via è possibile sceglierne uno in linea con le proprie esigenze, ma non solo. La stretta creditizia e l’eccesso normativo hanno fatto del mercato immobiliare italiano un terreno fragile e franoso.
Secondo quanto riporta un articolo di Casa24 de Il Sole24ore, pare che l’imposizione fiscale sia raddoppiata dall’inizio della crisi e che le tasse indirette siano più alte rispetto alle medie europee. Questo comporta non solo un calo della richiesta di immobili e di mutui, ma un calo di investimenti nel settore da parte di realtà straniere.

“In linea generale – ha spiegato Stefano Simontacchi, un partner dello studio legale Bonelli Erede Pappalardo – l’imposizione è aumentata principalmente con l’Imu che ha duplicato la tassazione indiretta sulla proprietà, introducendo una sorta di patrimoniale sulla componente immobiliare”.

“L’Imu– secondo quanto afferma Elena Cardani, la Taxdirector di StsDeloitte – è stata introdotta nel 2011 nell’ambito del federalismo fiscale municipale dopo l’esenzione dall’Ici disposta nel 2008. Sono stati inoltre innalzati i moltiplicatori da applicare alle rendite catastali per calcolare la base imponibile. Da ultimo la legge di stabilità 2014 ha reso permanente l’Imu, tranne che per le abitazioni principali non di lusso, e comprende la Tasi (tributo per i servizi indivisibili) e la Tari (tassa sui rifiuti)”.

Secondo il StsDeloitte, infatti, un immobile di 100 mq sito nel centro di una capitale, costa tanto ma è in Italia che viene maggiormente tassato con oneri fino a 3600 euro se si tratta di prima casa e fino a 1500 euro se si tratta di seconda casa.

In Danimarca queste tasse salgono a 4000 euro mentre in Regno Unito e in Francia si arriva a 1600 euro. A Cipro, in Slovacchia, nella Repubblica Ceca, in Polonia e in Slovenia, invece, le tasse non arrivano neanche a cento euro ed è in questi paesi che gli investitori puntano.

Come dice Simontacchi, poi, nel 2001 in Italia “è stata introdotta una novità anche riguardo l’imposizione diretta: la possibilità di applicare la “cedolare secca” ai canoni di locazione per gli immobili a uso abitativo. L’imposta varia tra il 10 e il 21%, molto al di sotto dell’aliquota massima Irpef, al 43%”, ma spesso anche questa è rovinata dall’Imu.

“L’effetto dell’aumento delle tasse – come dichiara invece il  partner dello Studio Di Tanno e associati,Enrico Pauletti – determina una rilevante contrazione del margine di convenienza degli investimenti immobiliari. Soprattutto quando non è possibile fruire della “cedolare secca”.

Ed è lo stesso Cgia Mestre che preannuncia un aumento delle tasse tra Imu, Tasi e Tari: sono stati stimati attorno ai 32,5 miliardi di euro il totale che gli italiani pagheranno nel 2014.

È lo stesso segretario Giuseppe Bortolussi che ha spiegato che “tenendo conto di tutto il sistema fiscale che grava sul mattone, nel 2014, i proprietari di immobili dovrebbero pagare 4,6 miliardi in più rispetto al 2013” e che “un tempo l’acquisto di una abitazione o di un altro tipo di immobile costituiva un investimento. Ora –spiega – chi possiede una casa o un capannone sta vivendo un incubo. Tra Imu, Tasi e Tari gli immobili sono sottoposti ad un peso fiscale insopportabile”

Di Golem

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