Da poche settimane è partita anche in Italia la serie televisiva della ABC creata da Joss Whedon e targata Marvel, “Agents of shield”. Quasi in contemporanea, con un anticipo di nove giorni sull’uscita nelle sale americane, ecco arrivare nei nostri cinema “Captain America the Winter Soldier”, il secondo cinecomic, sempre di casa Marvel, appartenente alla trilogia prevista dedicata alla Leggenda Vivente. shield e Captain America: due universi paralleli strettamente collegati da una trama fondamentalmente spionistica.
Riguardo ai caratteri, shield è l’agenzia di spionaggio (creata nel 1965 da Stan Lee e Jack Kirby) che si occupa di super minacce prevalentemente soprannaturali e aliene, Captain America è il super soldato creato durante la seconda guerra mondiale, approdato ai giorni nostri dopo un lunghissimo periodo di animazione sospesa ancora giovane e sempre formidabile, strenuo e incorruttibile difensore dei diritti umani e della libertà.
Se ci riferiamo ai fumetti, abbiamo visto spesso shield e Captain America lavorare fianco a fianco. A parte il legame “personale” di Cap con l’organizzazione (l’Agente 13 dello shield, Sharon Carter, è la sua compagna), alla base c’è un collegamento significativo che ha a che fare con la sicurezza nazionale o mondiale. E poi c’è Nick Fury. Un tempo, “Fury” e “shield” erano sinonimi: quel tempo è trascorso. Nick Fury, durante gli anni del secondo conflitto, era il sergente di ferro dell’Howling Commandos il gruppo che affiancava il Capitano nelle sue imprese. Divenuto superspia di altissimo livello ai tempi della Guerra fredda, ha assunto infine la carica di direttore dello shield. Con Nick Fury il Capitano ha un rapporto normalmente altalenante, spesso tra i due volano parole dure o anche sberle: il cinismo e l’opportunismo di Fury entrano frequentemente in collisione con la trasparenza e la lealtà di Captain America, (suggerisco di vederli all’opera nella splendida saga Secret War di Michael Bendis, illustrata da un Gabriele Dell’Otto più ispirato e dark che mai), tuttavia si tratta di divergenze di vedute tra vecchi commilitoni che in fondo si stimano reciprocamente, di là dalle diversità. Gli obiettivi dovrebbero essere i medesimi. Per il Capitano infatti non cambiano e riguardano il bene dell’uomo comune, imprescindibile dalla sua libertà. Non è così per l’organizzazione (anche troppo) segreta di intelligence che lo shield rappresenta.
Nei fumetti, lo shield cambia spesso direttore e modifica gli obiettivi. Abbiamo visto lo shield diretto da Iron Man, che avrebbe fatto meglio a concentrarsi sul suo ruolo di Vendicatore, da Maria Hill, che possiede doti diplomatiche tali da scatenare una guerra civile tra supereroi e perfino da Norman Osborn, un supercriminale storico che, Dio ci assista, lo trasforma in hammer! Che shield e Cap siano spesso l’un contro l’altro armati non deve dunque stupire: impossibile per il Capitano “avere fiducia nel Sistema”.
Se parliamo di televisione o di cinema, la dicotomia tende a peggiorare. L’apparato paranoico stile Minority Report che anticipa con la sorveglianza e la punizione preventiva crimini possibili e/o paventati poco ha a che fare con l’idea di diritti civili che ha in mente Captain America – Questa non è libertà, questa è paura! – e ci rimanda all’eterno conflitto tra sicurezza e libertà, un argomento realmente sentito e attuale, anche senza i recenti fatti collegati a Snowden.
Agents of shield si presenta come un prodotto televisivo attentissimo alla continuity, partito in un modo non particolarmente coinvolgente. Le storie ruotano intorno a un gruppetto di giovanissimi agenti, sufficientemente caratterizzati, capeggiati dal buon agente Coulson redivivo che è l’ingenuità fatta persona. Essendo una serie televisiva, la traccia di suspense è a lungo temine e riguarda diversi personaggi, ma in primis lo stesso Coulson e il mistero che circonda il suo ritorno dal mondo dei morti avvenuto grazie a una non meglio definita vacanza riabilitativa a Tahiti, cui si fa puntualmente cenno ad ogni puntata. Peccato che la sceneggiatura abbia posto sul percorso tanti di quei cartelli con la scritta “NON è ANDATA AFFATTO COSì”, che non ci crederebbe neanche Cappuccetto Rosso! Infatti Coulson ci crede. Non vi dico come stanno le cose per non spoilerare, basta fare un veloce giretto su internet che, anche senza possedere il NOS di segretezza, si scopre cosa in realtà è accaduto. Nella serie televisiva il depositario dei segreti sembrerebbe essere il cinico Fury e questo è rassicurante. Il problema vero nasce quando non è Fury che ordisce le trame più fosche! E questo scenario ce lo godiamo appieno nel film “The Winter Soldier”: tutt’altra cosa!
Al cinema cospirazione oscura, intrigo maligno e bieco tradimento giocano un ruolo fondamentale quanto l’azione. Il risultato è uno dei migliori cinecomic Marvel prodotti fin’ora. Il vecchio Nick Fury ama ripetere: “Anche i segreti hanno i segreti!” e i fatti dimostrano che non è (solo) paranoia la sua, ma esperienza. L’idea che il Male coinvolga i vertici della società chiusa a compartimenti stagni è sempre più radicata nei popoli, anche in quello americano. Il sospetto che noi, gente comune, siamo tutti percepiti da chi comanda come nient’altro che una massa di inutili burattini senza valore e senza diritti sta diventando una piccola voce insistente nelle nostre menti inquiete. Probabilmente è così. Lo dimostra la dilagante passione per le varie teorie del complotto, cui tendiamo a credere non soltanto per dimostrare agli amici su Facebook che noi siamo dritti, che non ce la beviamo e non ci facciamo fregare. Siamo vissuti abbastanza sul Pianeta da sapere che i segreti di stato esistono, che esistono mafie infiltrate e logge, e inquietanti poteri che lavorano ai vertici. Non ci illudiamo più di essere considerati per il valore di ogni singolo e che la nostra felicità sia importante per chi governa il mondo. L’idea malsana che milioni di persone siano sacrificabili per un non meglio identificato Bene Supremo fa sorgere il sospetto che in realtà i diritti degli stessi milioni di persone siano realmente ogni giorno immolati a vantaggio del privilegio di un’oligarchia. Questo non è un segreto, è il pensiero di tendenza. Ecco perché i film che ne parlano ci piacciono.
E io che amo Captain America, un soldato disobbediente, un uomo che sfugge e si oppone a questo sistema perverso, che mai si arrenderà alla convenienza, che mai si piegherà al compromesso, io godo come un riccio a vederlo correre, combattere, fino a picchiare di santa ragione gli intoccabili burattinai in giacca e cravatta che se lo meritano. Per due ore di cineproiezione, stacco la spina e sono felice che venga fatta giustizia. Se ne occupa il mio eroe, l’umanità è in buone mani finché c’è lui.
Dove sei, o mio Capitano?