Uno degli intellettuali più importanti del Novecento, il principale studioso della storia del Medioevo, insegnante e divulgatore infaticabile: tutto questo è stato Jacque Le Goff, storico francese morto mercoledì 1 aprile nella sua casa di Parigi, all’età di 90 anni.
Nato a Tolone il 1 gennaio 1924, Le Goff si era laureato all’École Normale Supérieure di Parigi, primo passo di una carriera che lo avrebbe portato a diventare uno dei principali studiosi della storia europea: nel 1950 ottenne la cattedra di Storia all’Università di Parigi e nel 1954 si trasferì presso l’Ateneo di Lille dove insegnò Letteratura per alcuni anni. A partire dagli anni Sessanta si dedicò alla ricerca storica presso il centre Nationale de la Recherche Scientifique di Parigi e diventò ben presto direttore della rivista «Annales». Nel 1972 successe al suo maestro Braudel alla direzione della sesta sezione dell’Ecole Pratique des Hautes Etudes, che nel 1975 diventa Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Nel 1974 partecipò all’opera editoriale Storia d’Italia di Einaudi con il saggio L’Italia nello specchio del Medioevo.
Intellettuale poliedrico, capace di servirsi dei linguaggi extra-accademici per trasmettere la sua conoscenza sul Medioevo, prese parte come esperto alla realizzazione del film Il nome della rosa, tratto dal famoso giallo di Umberto Eco. Membro del comitato scientifico dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, nel 2000 ha ricevuto la laurea honoris causa in Filosofia a Pavia dove ha tenuto una Lectio Magistralis dal titolo «Storia e Memoria» con cui ha consegnato, idealmente, il suo testamento spirituale. Per Le Goff «La storia è memoria. Una memoria che gli storici si sforzano, attraverso lo studio dei documenti, di rendere oggettiva, la più veritiera possibile: ma è pur sempre memoria. Non proporre ai giovani una conoscenza della storia che risalga ai periodi essenziali e lontani del passato, significa fare di questi giovani degli orfani del passato, e privarli dei mezzi per pensare correttamente il nostro mondo e per potervi agire bene.»
Un “altro” Medioevo
Una memoria da tramandare e un passato da riscoprire: questo l’obiettivo perseguito senza sosta da Jacque Le Goff durante la sua vita di studioso che ci ha consegnato le pagine più belle e significative della storiografia contemporanea sul Medioevo. Un’età tanto importante quanto malfamata quella medioevale a causa del pregiudizio ideologico degli illuministi che videro nell’età di mezzo nient’altro che una sequenza di “secoli bui”. Jacque Le Goff, con le sue ricerche, ha portato alla luce un altro Medioevo: un periodo storico vivo, pulsante, ricco di fermenti e di evoluzioni fondamentali. Un Medioevo “lungo” che inizia con la crisi dell’Impero Romano e arriva fino alla Rivoluzione industriale, un’età caratterizzata da tanti “risorgimenti” che gettano le basi dell’Europa degli Stati e delle Nazioni in cui oggi viviamo. Tantissimi i libri scritti nel corso degli anni per descrivere quest’epoca: Gli intellettuali del Medioevo (1957), La civiltà dell’Occidente medioevale (1964), Mercanti e banchieri del Medioevo (1976), Il meraviglioso e il quotidiano nell’occidente medievale, (1983), La borsa e la vita: dall’usuraio al banchiere (1986), Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo 2010: sono solo alcuni dei tantissimi volumi “partoriti” dalla penna di Le Goffe. Un opera scientificamente impeccabile ma al tempo stesso immediata, scritta con un linguaggio chiaro e diretto, in grado di arrivare ad ogni tipo di lettore.
“Les Annales”
La storia di Le Goffe è dunque Storia globale che include ogni fenomeno della natura e del mondo umano: antropologia, sociologia, geografia entrano a pieno titolo nell’indagine storica. Allievo di Braudel, Jacque Le Goff si inserisce appieno nella tradizione dei “nuovi storici francesi” del XX secolo che si riunirono attorno alla rivista, fondata nel 1929 da Marc Bloch e Lucien Febvre, Les Annales d’histoire économique et sociale (dal 1949 Les annales, Economique, Sociétés, Civilisation e dal 1994 Annales. Histoire. Sciences sociales ). In polemica con la tradizione storiografica positivistica e con parte di quella marxista, gli “annalisti” non considerano la storia come una successione di guerre né come un processo determinato esclusivamente dall’economia. Per Braudel e compagni la storia è caratterizzata da una struttura complessa che collega fra loro elementi geografici, biologici, economici che concorrono a dar vita a nuove strutture sempre più complesse sotto lo stimolo della “volontà creatrice dell’Uomo”. L’elemento spirituale della storia ritorna ad essere protagonista dopo essere stato emarginato dal marxismo e la “mentalité” di un’epoca contribuisce a spiegare le dinamiche storiche tanto quanto gli elementi economici.
Kronos e Kairos
Le Goffe si inserisce pienamente in questa tradizione strutturalista e usa tutti i tipi di documentazione per ricostruire la storia: dall’abito del contadino all’utensile dell’artigiano, tutto diventa documento dello “spirito” di un’epoca. Compito dello storico è quello di rappresentare un’accurata sintesi scientifica dei fatti che vanno a collocarsi in processi di lunga durata, gli unici che possono dar conto delle trasformazioni epocali delle società umane. La storia dunque come una luce che illumina il presente e il futuro per spiegare i cambiamenti. Lo studioso ha una funzione che non è solo rivolta al passato ma anche e, soprattutto, al presente: oggi, in un tempo dove il potere dei nuovi mezzi di informazione si impone con la forza delle immagini come “verità assoluta”, lo storico ha il dovere di verificare il messaggio e i concetti che passano attraverso i media per sondarne la veridicità, trattando i prodotti delle nuove tecnologie come dei veri e propri documenti da sottoporre ad un esame critico e scientifico. Le Goffe con il suo lavoro durato più di mezzo secolo, ci ha fatto riscoprire non solo il Medioevo, ma anche un senso della storia che oggi abbiamo perso. Mentre viviamo le nostre vite scandite dal tempo matematico dell’orologio o immersi nell’eterno presente della rete, Le Goffe ci ricorda un tempo diverso a quello a cui siamo abituati: un tempo interno, diacronico, caratterizzato dalla durata e impossibile da sezionare in unità matematiche: il tempo della vita. Proprio durante il Basso Medioevo in Europa è iniziato il processo di sezionamento del tempo in unità funzionali prima alla produzione, fino al XX secolo, e oggi prevalentemente al consumo. Per gli antichi greci infatti esistevano due diversi vocaboli per indicare il tempo: “kronos” e “kairos”: il primo indicava il tempo logico e sequenziale, il secondo indicava il tempo particolare, nel quale si svolgono le nostre vite. Il primo, dunque, era il tempo meramente esteriore e quantitativo; il secondo, il tempo interiore e qualitativo. Il tempo sacro della ritualità religiosa, che è anche il tempo del lavoro agricolo nei campi, viene gradualmente sostituito dal “tempo del mercante”, votato al profitto. Questa lenta rivoluzione, iniziata a partire dall’anno 1000, ha continuato ad evolversi fino ai nostri giorni dissolvendosi, infine, nell’eterno presente della rete dove tutto dura lo spazio di un secondo, scandito dagli orologi digitali dei nostri supporti informatici. La lezione che Jacque Le Goff ci consegna per il futuro è dunque rappresentata da un invito a guardare con sguardo critico alla realtà che, più o meno velocemente, cambia attorno. Se anche la concezione del tempo cambia assieme alla complessa struttura della società europea, non è possibile dare nulla per scontato e bisogna andare sempre più in profondità per ritrovare le radici autentiche della nostra civiltà. Una civiltà, quella europea, nata proprio con il sorgere dell’età medioevale quando, dopo il disgregarsi dell’Impero Romano, iniziarono a delinearsi i contorni di quella che sarà l’Europa moderna. Un’Europa più simile e vicina alla nostra di quanto si possa immaginare: un continente in cui si fanno strada, a partire da Carlo Magno in poi, una serie di tentativi di unificazione politica destinati però ad essere sconfitti dall’emergere delle nazioni. Un’Europa dei popoli e non delle nazioni quella medioevale, nata dalla fusione delle radici classiche con quelle germaniche, degli elementi giudaico cristiani con quelli laici e illuministici. Se la nascita delle nazioni ha posto fine al progetto medioevale dell’unità europea sotto i vessilli dell’Impero e della Respublica Christiana; oggi, dopo secoli di lotte fratricide culminate nelle due guerre mondiali, siamo ad un passo dal realizzare l’unione dei popoli europei a patto però che si ritrovino quelle radici autentiche della civiltà europea indicata più volte da Le Goff e si mettano in secondo piano tutti i vincoli meramente economici che le stanno soffocando.