Muore Manlio Sgalambro e mi coglie una vertigine e un piccolo dolore che tanto piccolo poi non è…

L’ho conosciuto e gli incontri mi scavavano dentro con lentezza. Mi dava strani appuntamenti nella sua casa di Piazza Vittorio (Catania), dalle 17 alle 17.10, ma poi la prima volta parlammo per un’ora intera fra un diluvio di carte. Quando gli portai i miei scritti, lesse un articolo a voce alta e disse: “Vedo che scrive bene, evidentemente le è mancato il Destino”. Da allora diventai “la donna senza destino”. Quando mi sono separata, nella paralisi di tutti i pensieri, gli telefonai per dirgli che non avevo il coraggio di farmi vedere, mi chiamava confidenzialmente “piccola” e disse che tante volte era stato lui ad abbandonare… Così è la vita. Nessun requiem per il filosofo, un caro addio all’uomo, che mi porse il braccio per andare a bere un latte di mandorla al bar, di fronte casa propria.

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