Se la procura di Roma “sceglie” i processi da celebrare, e dunque i reati da perseguire, con tutte le giustificazioni che si possono dare a questa decisione, “rimane il dato conclamato della violazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, che è fissato in Costituzione in diretto collegamento col principio di uguaglianza dei cittadini e, pertanto, rappresenta uno dei caposaldi della democrazia”.
Cosi’ in una nota l’Unione Camere Penali, che sottolinea: “La prima conclusione da trarre, soprattutto da parte di chi si oppone da sempre ad ogni ipotesi di riforma costituzionale della giustizia, con argomentazioni apocalittiche che prefigurano il sovvertimento dello stato repubblicano, è che la Costituzione è già stata cambiata, ma da apparati burocratici e nel chiuso delle loro stanze, invece che dal Parlamento e seguendo le procedure previste dall’art. 138 Cost.. Il che è gravissimo e dovrebbe incontrare la censura del Csm”.
I penalisti, fanno notare che la vicenda non è nuova, poiché da anni la magistratura “va tastando il terreno con iniziative, similari a questa o del tutto diverse, che sono volte a conquistare spazi di discrezionalità politica senza sopportare la relativa responsabilità, così come in passato è riuscita ad occupare – e per sempre – i gabinetti dei Ministeri con i propri fuori-ruolo”.
“Il metodo” aggiungono i penalisti ” ha dei tratti comuni e si fonda essenzialmente su un circuito mediatico-giudiziario oramai oliatissimo, grazie al quale si riesce a creare la notizia che a sua volta fa si che l’opinione pubblica abbia la “percezione” dell’emergenza, la quale non per forza coincide con la “realtà” dell’emergenza. In tal modo, si riescono ad affermare prassi distorte e, in seconda battuta, finanche ad ispirare modifiche legislative che le traducono in norme”.
E cio’ per via di una “politica sempre più debole: quando va bene assente, quando va male addirittura complice di chi la istiga al suicidio”, prosegue l’Ucpi, come al Senato dove “dopo la frustrante esperienza dello svuotamento dello ‘svuota-carceri’, adesso sono stati presentati emendamenti che mirano ad affossare la riforma della custodia cautelare appena licenziata dalla Camera”.
Una politica che “ha bisogno di uno scatto di orgoglio”, sia sul carcere che su tutto il tema della giustizia.
E “invasioni di campo così eclatanti come quella di Roma – conclude la nota – devono costituire l’occasione per ristabilire l’equilibrio tra i Poteri dello Stato e ribadire la centralità del Parlamento. Tanto più che il tipo di giustizia che oramai da diversi anni si va delineando è sempre più quello di una giustizia per ricchi, poiché chi subisce un torto e non ha mezzi non vedrà nemmeno partire il processo penale contro l’autore del reato, atteso che il Procuratore di turno avrà considerato il suo processo indegno di impegnare l’ufficio e la giustizia sarà denegata, con tanto di timbro su un immotivato decreto di archiviazione. Il processo come strumento di sperequazione sociale, dunque, alla cui trasformazione la classe politica assiste impotente, magari declamando, con ipocrisia consapevole, che la nostra è ‘la più bella Costituzione del mondo’”.