E’ in atto un giro di vite delle autorità saudite contro l’immigrazione clandestina, finalizzato a combattere la piaga della disoccupazione tra i cittadini del regno e a fermare la diffusione della piccola criminalità nelle città del paese.
Secondo quanto hanno reso noto le autorità di Riad, sono oltre 56 mila gli immigrati senza permesso di soggiorno espulsi nelle ultime tre settimane, mentre quelli portati nei centri di detenzione temporanea in attesa di essere rimpatriati sono 83 mila. In base a quanto riporta la stampa di Riad, sono migliaia gli immigrati di diverse nazionalità, soprattutto etiopi, che si sono consegnati spontaneamente alla polizia perché sprovvisti del permesso di soggiorno dopo gli scontri avvenuti la scorsa settimana nella capitale che hanno portato alla morte di tre persone. Sono invece 900 mila i lavoratori irregolari che nell’ultimo anno hanno lasciato il paese perché sprovvisti di documenti, 200 mila dei quali solo negli ultimi tre mesi.
La portata dell’azione contro i clandestini ha indotto le autorità etiopi, i cui immigrati sono particolarmente interessati a questo provvedimento, ad accusare la polizia di Riad di aver compiuto abusi nei confronti delle persone fermate e rimpatriate ad Adis Abeba. Eppure le autorità saudita hanno ribadito che “questa offensiva contro l’immigrazione clandestina non prende di mira alcuna nazionalità ma solo coloro i quali non rispettano la legge e le regole sul lavoro”. L’espulsione di massa degli immigrati irregolari ha finito inevitabilmente per incidere nell’economia locale, provocando l’aumento dei prezzi di alcuni prodotti. Per evitare di ricorrere alle espulsioni di massa, il governo saudita aveva dato sette mesi di tempo ai lavoratori irregolari per regolarizzarsi, ma il fenomeno dei clandestini era così esteso nel paese che non sono bastati. Sono infatti almeno sette milioni di lavoratori stranieri nel paese arabo, la maggior parte dei quali ricevono salari bassi non accettati dai cittadini sauditi.
Un altro effetto diretto del pugno dura usato da Riad contro gli immigrati è il calo della media dei crimini commessi in Arabia Saudita dopo il rimpatrio forzato dei lavoratori stranieri irregolari. Lo ha assicurato il vice capo della Sicurezza generale Jamaan al Ghamdi, il quale ha attribuito il fenomeno alla campagna “correttiva” compiuta dai ministeri dell’Interno e del Lavoro. Il generale ha spiegato che nonostante le operazioni di individuazione e rimpatrio dei lavoratori stranieri, in particolare etiopici, sia partita da poco tempo, le autorità di sicurezza effettuano un puntuale monitoraggio sui livelli del calo. I dati ufficiali parlano di 60 mila provvedimenti di espulsioni effettuati dall’inizio delle operazioni. I reati diminuiti sono, prostituzione e riciclaggio di denaro.
“Nonostante la campagna di espulsioni sia iniziata da pochi mesi – ha aggiunto al Ghamidi – notiamo un calo evidente del numero dei crimini commessi ogni giorno. Il ricercatore saudita, Faiz al Shahri, intervistato dall’emittente televisiva “al Arabiya”, ha spiegato che “un gran numero di lavoratori stranieri entrano in Arabia Saudita in modo illegale e sono portati a compiere una serie di reati per rimanere nel paese, cadendo in particolare nella rete della prostituzione e dei reati finanziari. E’ necessario però uno studio da parte delle autorità saudite per capire le ragioni che sono dietro questo repentino calo dei reati in un periodo così breve”. Per l’accademico “l’opinione pubblica è favorevole a questo genere di provvedimenti e sta riscontrando dei benefici reali nell’espulsione di massa dei clandestini, trovando maggiori opportunità di lavoro e avendo meno paura per la sicurezza dei propri figli che escono di casa la notte o che vanno in alcuni posti prima noti per essere frequentati da persone che violano la legge”.