Alle prime luci dell’alba di martedì, 12 novembre, gli agenti del Corpo Forestale dello Stato di Pescara, L’Aquila e Chieti, hanno tratto in arresto l’assessore alla Cultura della Regione Abruzzo, Luigi De Fanis, la sua segretaria, Lucia Zingariello e altre due persone.
L’operazione, denominata “Il Vate”, è scattata su disposizione del gip del Tribunale di Pescara, Mariacarla Sacco, e ha portato a 4 misure cautelari: arresti domiciliari per l’assessore e la sua segretaria particolare, obbligo di dimora per Rosa Giammarco, responsabile dell’Agenzia per la Promozione culturale di Sulmona-Castel di Sangro e per Ermanno Falone, un imprenditore di Vasto. I reati contestati sono concussione, truffa aggravata e peculato. Le indagini sono state avviate su segnalazione di un imprenditore e hanno acceso i riflettori sulle modalità di erogazione dei contributi per eventi culturali, in base alla legge regionale n. 43/73.
Operazione “Il Vate”
Il lavoro degli inquirenti si è concentrato, in particolare, sull’utilizzo dei fondi regionali, circa 40.000 euro, stanziati per commemorare i 150 anni dalla nascita di Gabriele D’Annunzio. Da qui il nome dell’operazione denominata, appunto, “Il Vate” in riferimento all’appellativo con cui il poeta abruzzese è passato alla storia. “Vate” vuol dire “veggente” ed indica una persona in grado di pronunciare parole profetiche come quelle intercettate dagli inquirenti: frasi dalle quali traspare tutta la preoccupazione della funzionaria regionale Rosa Giammarco, allarmata dai continui prelievi di denaro dai fondi destinati alla cultura: “…qui andiamo tutti in galera…”, dice per telefono all’assessore. Le manette, infatti, sono prontamente scattate a fronte dei tanti comportamenti illeciti accertati dagli investigatori: uso di soldi, mezzi e risorse pubbliche per scopi privati, come le ormai famose bottiglie di champagne a spese della regione durante la Fiera del Libro di Torino (ma è solo il caso più eclatante), false fatturazioni e richieste di vere e proprie tangenti in cambio dell’erogazione di fondi per le manifestazioni culturali. Proprio da uno degli imprenditori vessati dalle richieste economiche dell’assessore è partita la denuncia che ha fatto scattare le indagini. Andrea Mascitti, questo il nome dell’uomo che ha denunciato la vicenda, dopo aver ricevuto un assegno di 4mila e 400 euro come pagamento di un evento organizzato dalla sua Onlus in occasione del Salone del Libro di Torino, viene spinto dall’assessore De Fanis a prelevare mille euro da consegnargli come tangente. Il sistema messo in piedi da De Fanis era ormai oleato: fatture gonfiate emesse da un’ associazione culturale controllata dallo stesso assessore e spartizione dei fondi con gli imprenditori conniventi. Ma Mascitti rifiuta di prestarsi al gioco di Luigi De Fanis e lo denuncia.
Tangenti “povere”
Assessore nella giunta regionale guidata dal centro destra, Luigi De Fanis è un medico ortopedico che ha iniziato ad occuparsi di politica militando nelle fila della Democrazia Cristiana. Nel 2001 è passato in Alleanza Nazionale e, successivamente, nel Pdl. È stato sindaco di Montazzoli dal 1990 al 1995 e assessore della Comunità Montana Alto Vastese dal 1995 al 2000. Dal 2011 è assessore della Regione Abruzzo con deleghe ai beni culturali e alle politiche culturali, all’editoria e allo spettacolo, alla sanità veterinaria, alla sicurezza alimentare e alla prevenzione collettiva. Come altri esponenti politici prima di lui De Fanis conferma l’assoluta mediocrità della classe dirigente italiana e, soprattutto, di buona parte degli amministratori locali di quei centri di spreco e potere che sono le regioni italiane. Difficile sfuggire al desiderio di abolire questi enti troppo spesso rivelatisi dispendiosi e inefficienti.
Detto questo il dato che emerge con forza dalla vicenda è l’assoluta modestia delle somme in questione : abituati a scandali in cui si parla di milioni di euro, questa volta ci troviamo di fronte a furti di qualche migliaia di euro. A cosa è dovuta questa differenza così evidente rispetto ai consueti scandali italici? A fare la differenza è l’ambito in cui si sono verificati i reati contestati: la cultura. La modestia delle cifre sottratte nel “vate-gate” non si può certo attribuire al senso della misura dell’ormai ex assessore alla cultura De Fanis, bensì all’assoluta, cronica, scarsezza di fondi destinata ai beni e agli eventi culturali. Ma l’esigua quantità di risorse, destinate dai bilanci degli enti locali agli eventi, non ha mai scoraggiato lo sport tangentizio nazionale. A fare le spese di questa abitudine nostrana non sono solo i tanti, anonimi, operatori del settore, ma anche grandi artisti di fama internazionale.
I biglietti Frank Sinatra e il concerto dei Muse
Emblematico a tal proposito il caso dell’ultimo concerto in Italia di Frank Sinatra. Nel 1991 Frank “the Voice” festeggiò i suoi settantacinque anni con un concerto nell’ anfiteatro di Pompei, ma l’evento era stato previsto, inizialmente, nel Maschio Angioino di Napoli. Il progetto, che avrebbe dovuto ridare slancio alle “Estati” organizzate dal Comune partenopeo, si arenò fra i meandri della folle burocrazia nostrana, tant’è che pochi mesi dopo il concerto, la procura di Napoli accusò l’assessore repubblicano dell’epoca, Enzo Molisso, per tentata estorsione nei confronti di Frank Sinatra. Per quanto incredibile possa apparire la vicenda, sembra che l’assessore pretendesse, in cambio delle autorizzazioni amministrative per far svolgere il concerto, ben settecento biglietti omaggio per sé ed il suo staff. La società che si occupava dell’organizzazione, la “So Good Enterntainment” di Salerno, decise di spostare l’evento a Pompei proprio per liberarsi dalle grinfie del vorace assessore.
Ma se qualcuno pensasse che a distanza di più di vent’anni la situazione sia migliorata resterebbe, probabilmente, deluso. È ancora recente la polemica sollevata dal cantante della rock band inglese Muse, Matthew Bellamy. La band anglosassone lo scorso 6 luglio ha tenuto uno spettacolare concerto allo Stadio Olimpico di Roma (di cui tra l’altro è in proiezione un documentario nei cinema italiani proprio questa settimana) di fronte ad oltre 60.000 persone. Tutto bene se non fosse per le dichiarazioni rese dal frontman del gruppo al giornale inglese The Sun : «abbiamo dovuto pagare una tangente di diverse migliaia di euro per essere autorizzati a sparare fuochi d’artificio durante il concerto a Roma . Abbiamo dovuto telefonare all’Ambasciata Britannica a Roma per poter parlare con qualche responsabile». Bellamy ha poi ritrattato parlando di generici adempimenti burocratici, tuttavia la Questura di Roma ha disposto tutti gli accertamenti del caso e ha trasmesso un’informativa alla Procura.
Nell’attesa di saperne di più su quest’ennesima, preoccupante vicenda, è facile osservare come il confine fra burocrazia ed estorsione nel nostro Paese sia sempre più labile, almeno nella percezione generale. Se è vero che gli adempimenti amministrativi sono legittimi e sono cosa ben diversa dalle pratiche estorsive illegali, il proliferare di intricate norme amministrative e obblighi burocratici, unito alla gestione personalistica e, a volte, arbitraria delle stesse da parte del ceto politico può ingenerare facilmente un po’ di confusione. Se a questo già sconfortante scenario si aggiunge la mancanza cronica di fondi si capisce perché l’Italia finisce ultima in tutte le classifiche europee relative alla cultura. A fronte del più vasto patrimonio di beni culturali materiali e immateriali, siamo il Paese che spende meno per valorizzarli: 1,1% del Pil contro una media U.E del 2,2%. Anche la tanto bistrattata Grecia, spesso evocata nei nostri talk show come spauracchio da non imitare, destina alla cultura più risorse di noi (1,2%). Troppo spesso purtroppo il rilancio del settore culturale nel nostro Paese si limita solo ad un elenco di buone intenzioni, mentre nella pratica quotidiana, la cultura è trattata ancora come qualcosa di superfluo. Non ci si può dunque meravigliare se quei pochi soldi destinati al bistrattato settore finiscano, poi, in champagne.