Dopo aver parlato dell’invidioso, analizzandolo nei vari aspetti, prendendone anche le dovute distanze (dopotutto abbiamo visto quale personaggio deplorevole sia e quanto sia lontano dal nostro essere), giungiamo ora a parlare dell’invidia, del sentimento in sé.
In questo e nel prossimo articolo impareremo a conoscerla in tutte le sue sfumature, scopriremo per chi e per cosa si prova e quali tipi di invidia esistono… e se scoprissimo che quel miserevole invidioso alberga un pochino in tutti noi? Niente paura l’invidia può diventare propositiva per la propria crescita, molti probabilmente già lo fanno, gli altri attraverso i prossimi articoli impareranno.
Chi e cosa invidiamo
Perché vi sia invidia è necessario che vi sia un confronto, un confronto relativo ad aspetti ritenuti importanti. Va da sé che le persone che verranno invidiate sono quelle in qualche modo vicine all’invidioso, coloro con le quali il confronto ha ragione di esistere.
Le persone potranno essere considerate “confrontabili” perché vicine a livello geografico o di gruppo di appartenenza, o perché aventi caratteristiche comuni. Ovviamente occhio non vede cuore non duole, è quindi normale che la maggior parte dell’invidia si crei tra persone affini.
Difficilmente si sente vera invidia per ricchi industriali che concludono interessanti affari, ma è più facile provare invidia per un amico che sta avendo grande successo nel lavoro. Questo accade perché con l’amico ci confrontiamo ogni giorno ed è facile che si produca l’intimo pensiero “perché lui è riuscito e io no?”. Al tempo stesso non si invidiano i super barconi degli sceicchi, quanto gli orologi costosi dei propri compagni. Insomma, in realtà il vero amico si vede nel momento del successo!
Scoperto chi è oggetto delle invidie, scopriamo cosa si invidia.
L’invidia nell’uomo o nella donna
Vi è la tendenza a considerare l’invidia un sentimento tipicamente femminile; addirittura dalla prima donna, Eva, che invidiava il suo creatore, passando per Grimilde che invidiava la sua adottiva progenie, oltre a mille altri possibili esempi.
Si sostiene che questo sentimento si sia sviluppato soprattutto nella donna in quanto essa non poteva esprimere esternamente la propria aggressività come invece poteva fare l’uomo. Personalmente credo riduttiva questa spiegazione, prima di tutto perché l’aggressività è uno dei modi in cui si può esprimere la propria invidia, quindi un aggressivo non ne è per forza esente.
E’ mia opinione che l’invidia si scorga maggiormente nelle donne perché culturalmente esse sono apprezzate più per il loro aspetto che per le loro doti, c’è poco spazio per le loro imperfezioni: la donna brutta per quanto possa convincersi che la bellezza non è tutto avrà vita difficile, le diviene più facile invidiare che cambiare il mondo; quella della donna è quindi un’invidia visibile e quotidiana, “le donne si guardano” diceva un vecchio slogan, chissà qual era il senso…
Ma in realtà anche l’uomo soffre di invidia, diversa ma altrettanto logorante; infatti culturalmente l’uomo esprime il proprio valore in quello che fa, nello stipendio che guadagna e nel ruolo che ricopre, ragion per cui la sua invidia si rivolge ai simboli che gli altri uomini rappresentano. L’invidia dell’uomo può essere meno frequente, ma è più seriamente radicata nel momento in cui viene provata. Per la donna l’invidia è fatta di istanti, nell’uomo rimane latente e logorante.
Deplorabile invidia
Quindi, donne o uomini, a tutti nella propria vita è capitato almeno una volta (ma diciamo anche un paio) di sentire invidia per qualcosa o qualcuno, eppure l’invidia resta uno dei sentimenti più nascosti e negati, ma nasconderla non serve a niente.
Confessare la propria invidia è come mettere a nudo la propria anima sostengono molti studiosi, ma a livello pratico non confessare la propria invidia è semplicemente un modo per sperare che siano gli altri ad invidiarci, è un po’ come se nella propria testa si creasse un pensiero di questo tipo “se io invidio te, tu di conseguenza non avrai motivo di invidiare me, eviterò quindi di fartelo capire sperando che sia tu ad invidiarmi” in questo ragionamento pratico non trova più spazio la nudità dell’anima o il profondo del proprio io.
Infatti l’invidioso ama essere invidiato, e proprio per questo non potrà confessare mai la sua invidia, confessarla vuol dire eliminare motivi per cui essere invidiati: per l’invidioso far capire di invidiare è come perdere una guerra.
Il motivo per cui l’invidioso desidera fortemente essere invidiato, è che per lui questo vuol dire che qualcun altro è privato di qualcosa di desiderabile. Infatti l’invidia non è solo desiderare qualcosa che ha (o rappresenta) un’altra persona, ma è soprattutto desiderare che gli altri non abbiano la cosa bramata. È come se nella mente dell’invidioso scattasse il pensiero “se io non ho questa cosa, nessuno deve averla”.
Quindi l’invidioso non accetta che gli altri abbiano vantaggi e privilegi che lui non ha o non può avere, il suo desiderio è privarli di tali fortune, o far sì che venga perso e svalutato il loro valore.
Detto questo, appare chiaro che la vergogna che fa provare l’invidia è soprattutto nei confronti degli altri: verso i quali ci si dovrebbe dichiarare manchevoli se si viene scoperti come invidiosi. Ma la vergogna è in parte anche con se stessi: ammettere di essere manchevoli è quasi come ammettere un errore, molto difficile da accettare, soprattutto se è un “errore di fabbrica”.
Il lato lucente dell’invidia
Dunque vergognarsi dell’invidia nasce proprio dall’invidia stessa, le persone che maggiormente se ne vergognano sono coloro che hanno un tipo di personalità maggiormente invidioso.
Al contrario le persone meno invidiose, quando invidiano sono quelle che meno se ne vergognano, sono addirittura pronte a confessarlo, e questa loro ammissione fa comprendere come in realtà non siano persone rose dall’ invidia; si potrebbe dire che ammettono la loro invidia perché in realtà non la provano veramente, o comunque non lo provano in modo patologico: la loro invidia essendo sana può solo portarli a migliorare.
E sì perché l’invidia, come tutte le cose ha anche una parte sana, dopo tutto parrebbe nata per portare equilibrio e progresso. Il lato positivo nell’invidiare qualcuno o qualcosa è adoperarsi per migliorare se stessi, è proprio il progresso della propria persona. Dopo l’iniziale moto egoistico “vorrei che quella persona non fosse così” subentra il propositivo “anche io mi posso impegnare per essere altrettanto” oppure “anche io posso impegnarmi in qualcosa per cui sentire di valere”
Se ad esempio si invidia la cultura di una persona, ci si può impegnare a leggere di più; se si invidia la sua scaltrezza, ma non si riesce in nessun modo ad esserlo altrettanto, ci si può impegnare a sviluppare altri pregi. Difatti l’invidia aiuta anche a trovare i lati negativi e positivi delle cose, ragionando su cosa possa diventare davvero importante per noi: ad esempio una fanciulla non di splendido aspetto, dall’iniziale invidia verso una bella ragazza, può arrivare a credere con convinzione che la bellezza non sia tutto. Si noti in questo esempio quale reale progresso può portare l’invidia: la volpe che non arriva all’uva, criticando l’uva può scoprire di essere in un campo di fragole (sempre che alla volpe piacciano le fragole, altrimenti può sempre cercarsi un pollaio). Ma per fare questo in modo realmente progressivo bisogna eliminare l’odio dall’invidia, non lui (o lei) devono perdere quello che hanno, ma sono io che devo migliorarmi in quella cosa o in qualcos’altro.
Quindi l’invidia usata per migliorare se stessi è decisamente positiva, quasi una risorsa, prima si abbandona il desiderio di danneggiare l’altro, prima nasce il desiderio di migliorare se stessi o di trovare dentro sé nuove risorse.
Invidia dolorosa
Ovviamente non per tutti è cosi immediato questo passo, ci sono persone che invidiano gli altri perché si sentono sminuiti dai loro successi. Non possono fare a meno di criticare il prossimo, piuttosto che trovare motivi per elogiare se stessi.
Questi individui vivono un infelice connubio tra bassa autostima e orgoglio, in pratica nella loro testa si crea un pensiero del tipo “sento di valere meno di te, ma non lo posso accettare”. Il problema che impedisce loro di usare l’invidia in modo positivo è proprio questo: la difficoltà di accettare di non essere superiori a qualcuno o di non essere perfetti (ricordate Adamo ed Eva e il desiderio di perfezione?), invidiano gli altri perché si sentono sminuiti dai loro successi e non lo accettano, non possono fare altro che augurare il male a tutti quelli intorno in grado di farli sentire peggiori.
“Guarire” dall’invidia è quindi molto complesso perché richiede che al tempo stesso la persona aumenti la propria autostima ridimensionando la considerazione che ha di sé. Questa affermazione non deve sembrare troppo strana, già tempo fa in un altro articolo feci notare come la sopravvalutazione di se stessi in realtà sia sintomo di carenza di un reale sentimento di fiducia in sé, di fiducia per quello che si è, non per la maschera che si vuole presentare agli altri.
Dall’invidia si può arrivare a migliorare se stessi, ma come fare per trasformare l’invidia da negativa a propositiva? Quello che bisogna fare per prima cosa è riconoscerla, dopo di ché imparare a conoscerla. Nel prossimo articolo vi proporrò un test: la vostra invidia è positiva negativa? Non abbiate paura della riposta, nascondere l’invidia non rende migliori, l’unico modo per migliorare è individuarla e ammettere l’errore.