La Giunta dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, riunitasi a Roma, lo scorso fine settimana, ha approvato un documento in cui si analizzano le anticipazioni apparse sui mezzi di informazione sul cosiddetto progetto del Governo, “Destinazione Italia”, presentato il 18 settembre scorso.

Tra i nodi controversi: il tribunale delle imprese, il processo civile, le materie relative al “lavoro”, la mediazione obbligatoria. Su questa ultima questione NICOLA MARINO, presidente OUA, ha ricordato che «il 20 settembre scorso è, appunto, entrato in vigore un sistema che nella sue precedenti applicazioni ha già dimostrato di essere un completo fallimento».

 

«Non solo – continua – questo ritorno alla mediazione obbligatoria è un’ingiustificata forzatura rispetto a una sentenza della Consulta che la dichiarava incostituzionale per eccesso di delega ma non solo: la Corte non mancava nelle motivazioni di indicare una lungo elenco di altri evidenti profili di possibili illegittimità. Ne citiamo due: l’evidente limitazione all’accesso alla giustizia per i cittadini (una chiara negazione di un diritto costituzionale) ma anche la dubbia qualità e terzietà dei mediatori e degli organismi di conciliazione privati».

 

«Tuttavia – aggiunge il presidente Oua – quella approvata, pur con diverse evidenti criticità, che rimarranno tra i nostri obiettivi per  ulteriori modifiche, è una versione edulcorata. Infatti, grazie alle proteste dell’avvocatura e al lavoro dei parlamentari sono state introdotte alcune importanti garanzie, prima tra tutte la possibilità che si preveda la gratuità della mediazione in caso di mancata conciliazione dopo il primo incontro; bene anche l’obbligatoria presenza del legale (ora nuovamente rimessa in discussione appunto); l’esecutività dell’accordo delle parti in determinati casi. Condivisibile la necessità di una revisione del sistema tra due anni e del limite a quattro anni della sperimentazione. Rispetto a questi punti ci rivolgiamo, al Governo e al Ministro Cancellieri: non si può retrocedere con futuri piani dai nomi suggestivi, come il cosiddetto “Destinazione Italia”, né subire le imposizioni dei poteri forti, a partire da Confindustria, che insistono con i tentativi di riportare indietro le lancette, al fine di privatizzare i diritti dei cittadini, trasformando la giustizia in un business e in un privilegio per pochi».

 

«La strada da intraprendere – conclude Marino – non è quella di mettere filtri e ostacoli, affinché non ci si possa avvalere del diritto a ricorrere a una giustizia pubblica e di qualità. Serve una netta inversione di rotta, guardando al futuro e alla modernità: con più efficienza, puntando sulla managerialità, sulle prassi positive, sul processo telematico (ancora a macchia di leopardo), ma anche implementando i sistemi alternativi proposti dalla stessa avvocatura, come la mediazione facoltativa, la negoziazione assistita e le camere arbitrali. Sempre per rimanere sul piano della proposta, anche in questa sede, vogliamo ribadire la nostra disponibilità a un confronto serrato anche su futuri interventi sul “lavoro”, sul tribunale delle imprese e sul processo civile, come paventato nel “Destinazione Italia”. Con il dialogo con chi sta in prima linea nei tribunali e nella giurisdizione si possono evitare pasticci e forzature a danno del sistema giustizia e allo stesso tempo costruire le condizioni per avere una macchina giudiziaria moderna ed efficace per i cittadini, le imprese e per il rilancio della competitività del Paese».   

Di Golem

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