Partiamo da un presupposto: la normalità, intesa come la condizione di chi è regolare e consueto, o, peggio, non eccezionale o casuale, non esiste. E’ un’invenzione della società per provare ad autoregolarsi e per non affrontare il caos.
Nessuno di noi è normale ma “Io e la mia ossessione” si spinge davvero al limite esplorando quella zona di confine, quella regione tra la luce e l’oscurità, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere…. cacchio ma questo è l’incipit di “Ai confini della realtà”. Ed in effetti come altro poter definire la storia di Nathaniel che ha una relazione affettiva, sentimentale e sessuale con la sua automobile? Altro che unioni civili tra persone dello stesso sesso. Qui la questione si fa più complessa: Nathaniel ama Chase, la sua utilitaria, una coupè rosso pompiere che lui accarezza e guarda con gli occhietti a cuoricino come quelli di Spank (e anche lì se riflettiamo un attimo è una storia di amore interspecie, tra un cane e una micia). Nathaniel non percepisce minimamente il disagio che provano le persone nell’ascoltare la sua storia. Nei suoi occhi c’è amore e quando si stende sotto la macchina e bacia con la lingua il paraurti sono convinto che provi davvero un’emozione fortissima, non a caso lui parla di “fare l’amore” e afferma che “anche a lei piace tantissimo”… che altro dire! La sua espressione nel descrivere la relazione con Chase è serena anche quando descrive nei dettagli la sfera più intima del loro rapporto (e chiamiamo subito uno STOP alle elucubrazioni mentali sui possibili accoppiamenti uomo-macchina e vale anche per quella volta che avete pensato ad Arnold Schwarzenegger in versione cyborg come ad un possibile, desiderabile, instancabile, focoso amante) giusto un lieve accenno di imbarazzo ma, suppongo, sia solo per il puritanesimo insito nel Dna americano. Eh sì, per adesso “Io e la mia ossessione” si limita agli Stati Uniti ma non consoliamoci troppo nel pensare che gli americani siano più svitati di noi e passiamo alla seconda ossessione proveniente da Houston, nel Texas che potrebbe tranquillamente avere un suo omologo anche in Brianza o nel tarantino. Jaye, 28 anni ha una dipendenza da una polvere bianca. La sniffa continuamente, non ne può fare a meno, solo tirando su col naso si sente bene. Jaye ha questo “vizietto” da quando ha 16 anni e adesso, a 28, facendo un rapido conto ha tirato su col naso ben 815 KG di… BOROTALCO. Avete pensato subito alla coca eh? Ah ingenui frequentatori delle cronache, qui siamo nel regno delle ossessioni. 10 volte al giorno, polvere di talco ovunque, sul letto, sui mobili, in cucina. E’ metodica: lo mette in una tazza e lo prende con un cucchiaio che avvicina al naso dopodiché spinge nelle narici la soffice polvere bianca. Sa che se facesse un respiro profondo il talco le andrebbe in gola facendola soffocare ma così invece può inebriarsi col suo odore. E’ quella la chiave. Le piace l’odore. Ha cominciato cospargendosi il corpo ma poi non è bastato più ed è passata allo sniffare. Anche lei è totalmente inconsapevole degli effetti di quello che fa ma, rispetto al caso precedente, ignora totalmente che il rischio che corre è quello di un tumore ai polmoni. Quando va dal dottore, un otorinolaringoiatra, che non strabuzza gli occhi solo perché davanti alla telecamera, Jaye continua a distorcere la realtà a suo favore e quando vede i risultati della TAC che non evidenziano masse tumorali (questo si un vero miracolo, visti gli 815 kg transitati per le sue vie aeree) arriva ad affermare che non sono state trovate evidenze che sostanzialmente dimostrano che il suo comportamento ha provocato (e quindi può provocare) danni seri. La negazione del proprio problema è l’elemento comune tra le due storie così come la ferma determinazione a non voler cambiare atteggiamento.
In una tv che si affanna sempre più nella ricerca di svolte per arginare la disaffezione del pubblico cercando di ringiovanire le reti generaliste all’inseguimento di un target commerciale nobile e che crede di poter risolvere il cambiamento affidandosi solo al marketing senza coltivare un’idea anche se piccola, programmi come questo, che esplorano i confini anche inquietanti della psiche facendo leva sulla morbosità e sul fascino dei “freak”, rischiano di diventare l’unica vera alternativa.
A meno che non si voglia partecipare con entusiasmo (anch’esso finto per quanto pompato) degli “pseudoeventi”. Che sia questo il futuro prossimo della tv?
Cito una strofa di una canzone di Jovanotti (e lo faccio perché a me piaceva anche quando venivo additato come il pirla che ascoltava le parole stupide di uno stupido DJ): “perché i ragazzi non si fanno vedere sono sfuggenti come le pantere e quando li cattura una definizione il mondo è pronto a una nuova generazione”. Ecco, per chi gioca con Twitter, con l’illusione di sembrare un ragazzo per poter attirare “carne fresca” e crede che con dieci, cento video virali un evento possa diventare tale sappiate solo che i ragazzi non vedono la tv principalmente per un motivo: non dice quasi mai un cazzo!
Una piccola postilla sul caso del ragazzo che ama la sua autovettura: è un peccato che Nathaniel rivolga le sue attenzioni e il suo affetto ad un qualcosa e non ad un qualcuno. Se ci riflettiamo fa molte delle cose che le ragazze e le donne chiedono solitamente ad un compagno: avere delle attenzioni, essere romantico, andare a guardare un panorama, essere premuroso…oddio ho avuto un’illuminazione…ho capito tutto… quest’uomo è un genio, ha trovato la compagna perfetta: non parla, non rompe le palle, è lei che porta te da qualche parte e non viceversa e per il sesso…beh! Se lui dice che Chase è contenta… quanti maschi non sono altrettanto convinti di essere dei campioni hot sotto o sopra le lenzuola?