Mentre le commissioni riunite Affari costituzionali e bilancio sono praticamente convocate h 24 con discussioni e sedute ad oltranza per poter arrivare alla scadenza di giovedì con un testo pronto per l’Aula, gli avvocati alzano la posta sul decreto del fare che, tra le altre cose, contiene la reintroduzione della mediaconciliazione obbligatoria per alcune materie.
“Sconcerta il parere rilasciato sul cosiddetto DL Fare dalla Commissione Giustizia della Camera in merito alle misure sulla giustizia civile” ha dichiarato infatti Ester Perifano, segretario generale dell’Anf.
“A una prima lettura – ha illustrato – tranne qualche passaggio apprezzabile, si presenta come un insieme di osservazioni tra loro anche contrastanti, che di certo non potranno contribuire a migliorare l’impianto della legge. Anziché diminuire, le materie da portare in conciliazione obbligatoria vengono aumentate, ripescando, incredibilmente, quelle che hanno dato peggior risultato nei mesi passati, come la RCA e che opportunamente erano state tenute fuori”.
“E’ vero che l’Italia non e’ un paese per giovani – continua Perifano – ma insistere su giudici ausiliari 75enni, alzando il limite di eta’ a tutte le categorie interessate, anziche’ abbassarlo per tutte, significa ignorare completamente il dibattitto in corso nel Paese sui privilegi degli anziani a scapito delle giovani generazioni. E comunque la maggior confusione è sul tema della mediazione obbligatoria: non solo si chiede la reintroduzione di materie già opportunamente escluse, ma si chiede di introdurne altre, in una cornice di grande confusione di tempi e modalità, specie sulla presunta gratuità del tentativo di conciliazione, che gratuito non è affatto. Di contro, in un’ottica di supposte misure che ci dovrebbero avvicinare all’Europa, nemmeno una parola sulle competenze che il nuovo 791 bis riserva in via esclusiva ad una unica categoria di professionisti, tenendo deliberatamente fuori tutti gli altri, avvocati e commercialisti in testa, che pure hanno dato ottima prova di se nelle vendite immobiliari. E’ la controprova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che le cosiddette liberalizzazioni non esistono, o se esistono sono a senso unico : ovvero, si colpiscono i soliti, mentre rimangono intoccabili i veri privilegiati”.
“Auguriamoci – conclude Perifano – che la Camera, prima, nella presentazione effettiva degli emendamenti, e il Senato, poi, dimostrino maggior conoscenza dei seri problemi della giustizia italiana. Perchè così non andremo da nessuna parte”.
L’Associazione nazionale avvocati italiani chiede direttamente di stralciare dal decreto del fare i temi riguardanti la Giustizia.
“Dall’estensione e dai contenuti degli emendamenti e dalla stessa relazione della Commissione giustizia si può ricavare quanto sia sbagliato affidarsi ad un decreto legge per qualsiasi intervento che possa riguardare la giustizia” ha dichiarato il presidente Anai Maurizio De Tilla.
“Oggi, come per il passato, – ha continuato De Tilla – si ha la riprova di come sia difficile varare norme serie ed appropriate in tema di giustizia se non dopo un’efficace concertazione con le rappresentanze dell’avvocatura. Il decreto del Fare contiene provvedimenti che si qualificano urgenti, ma che saranno deleteri per il buon andamento della giustizia”.
Ne è riprova (almeno in parte) lo stesso parere rilasciato dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. – ha continuato il presidente Anai – La proposta conciliativa inserita come dovere del giudice nel corso del processo contrasta con il principio che il giudice non può anticipare il proprio giudizio nel corso della causa, tanto più che viene previsto che il rifiuto della proposta transattiva o conciliativa del giudice costituisce comportamento valutabile ai fini del giudizio.
Allo stesso modo è privo di qualsiasi logica prevedere che la motivazione della sentenza possa fare esclusivo riferimento a precedenti conformi o essere formulata sulla base del mero rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o di altri atti di causa. Questo, tra l’altro, é in contrasto con quanto si è in precedenza previsto dal Legislatore stabilendo che l’appello deve essere più articolato e riferito ai singoli argomenti della motivazione della sentenza che si impugna.
Appare, poi, di nessuna consistenza logica la concentrazione negli uffici giudiziari d’Italia più intasati, quali sono quelli di Milano, Roma e Napoli, delle controversie civili nelle quali è parte una società con sede all’estero. Tanto più che la previsione legislativa è motivata con l’esigenza di snellire i processi e favorire gli investimenti nel nostro Paese.
Il Ministero della Giustizia insiste inoltre nella media conciliazione obbligatoria che è già fallita ed ha determinato solo costi e pregiudizi notevoli per i cittadini. Un istituto che non è presente, con le caratteristiche italiane, in alcun paese d’Europa”.
“Ad un fallimento già accertato se ne aggiungerà sicuramente un altro – ha concluso De Tilla – Ad una pronuncia di incostituzionalità ne seguirà un’altra. Non si comprende, peraltro, per quale ragione il Governo Letta intenda accontentare le società private che sull’istituto della mediaconciliazione hanno investito risorse per lucrare vantaggi e guadagni, senza alcun beneficio per la giustizia”.
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