Non sono state pagate due rate dell’Iva del 1983. L’imposta dovuta, al cambio in euro, ammonterebbe a circa due milioni e 300 mila lire. Nel 2012, trent’anni dopo, Equitalia pretende ben 18mila euro. Sia la cifra che la procedura lasciano sgomenti.
Il sistema tributario è marcio e indegno di uno Stato civile, né trovano simili comportamenti giustificazioni nell’evasione fiscale diffusa o nella necessità dello Stato di trovare urgentemente i fondi per le spese sociali.
Come può Equitalia ipotecare case, procedere al fermo amministrativo sulle auto, pignorare conti correnti, stipendi, pensioni, affitti e rendite, approfittando della propria posizione dominante e di una legislazione indecorosamente di parte, che priva il cittadino di qualunque reale difesa? Per di più richiedendo somme che, se pretese da un privato, lo porterebbero direttamente in carcere per usura.
Anche ignorando i termini di prescrizione e di decadenza e limitandoci a considerare esclusivamente un interesse del tutto illegale del 10% l’anno, ne conseguirebbe che per ognuna delle due rate l’amministrazione fiscale avrebbe avuto diritto a percepire mille e 800 euro in più così che il debito totale dovrebbe essere di 1.800 euro moltiplicato due ai quali aggiungere i 1.200 euro dell’imposta originaria non pagata. Totale: 4mila e 800 euro.
La richiesta di 18mila euro è semplicemente vergognosa ed irrispettosa delle primarie esigenze di sopravvivenza di ciascun cittadino.
La fattispecie sopra esaminata non rappresenta che una delle innumerevoli situazioni dalle quali emergono ictu oculi due sostanziali ingiustizie.
Da un lato la pretesa abnorme rispetto alla somma dovuta inizialmente, e in secondo luogo il lunghissimo lasso di tempo decorso fra il momento in cui doveva essere pagata l’imposta, la sanzione o la tassa ed il momento in cui agisce il fisco, senza dire della caparbietà di Equitalia nell’attivarsi dopo vari decenni.
Equitalia: un esperimento ampiamente fallito – Troppi cittadini indebitati e disperati
L’Equitalia ha in essere, attualmente, oltre 135.000 iscrizioni di ipoteche fiscali, a cui vanno aggiunti innumerevoli fermi amministrativi delle auto, pignoramenti diretti e presso terzi fatti eseguire spesso a distanza, come nel caso di cui si parla, di moltissimi anni dalla cartella.
Non è difficile comprendere lo stato di disperazione che colpisce i cittadini più indifesi ed i più deboli di fronte a simili azioni da parte dell’esattore, sia per le cifre richieste, sia per il provvedimento del tutto inaspettato, stante il tempo decorso, sia per l’impossibilità di far fronte oggettivamente alle pretese.
Questo modo di agire crea situazioni di grave sconforto e di angoscia derivante dalla perdita dei beni per cui si era lavorato una vita, e ben si possono comprendere i gesti eclatanti che purtroppo molti esecutati hanno posto in essere.
Una simile aggressività di Equitalia, in effetti non era mai stata riscontrata in Italia e può essere spiegata soltanto con un interesse personale dei singoli funzionari, fenomeno di cui Golem si è già occupato e sul quale torneremo sotto il profilo giuridico e legislativo in altra occasione.
In questa sede ciò che preme rilevare è come, una soluzione ad una così elevata massa di debiti e di esecuzioni di Equitalia, fatto che di per sé dimostra il fallimento dell’esperimento, non può che trovare adeguata soluzione in un intervento legislativo.
I punti cardini da cui deve prendere le mosse il legislatore sono, da un lato l’impossibilità per la maggioranza dei cittadini di fare ormai fronte a pretese abnormi ed aberranti, e dall’altro infine l’eccessiva durata nel tempo delle pretese, circostanza contraria a qualsiasi senso di giustizia.
Condono fiscale
È dunque chiaro come sia necessario uscire da questa situazione di stallo in cui si è posta l’Amministrazione Fiscale con la creazione di Equitalia.
Gli effetti di una simile improvvisa ed inaspettata aggressività di Equitalia (in cinquant’anni nessuno ha mai criticato l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza, né si è suicidato per il comportamento di costoro), sono stati un moltiplicarsi in senso esponenziale di contribuenti aggrediti, i cui beni sono sottoposti ad ipoteca, fermi e pignoramenti ed il contestuale boom dei ricorsi alle Commissioni Tributarie (peraltro inadeguate ed impossibilitate ad emettere decisioni in tempi ragionevolmente brevi contro viceversa la rapidità di azione dell’Equitalia).
Tutto ciò fa ipotizzare legittimamente la necessità di un condono, che riporti le cifre all’imposta base, senza sanzioni, interessi, rivalutazioni e quant’altro, tutti supplementi che portano gli importi a valori privi di ogni giustificazione e profondamente immorali.
Non va inoltre dimenticata la circostanza per cui le somme pretese, continuano a produrre interessi ulteriori in modo geometrico e privano i contribuenti non solo della possibilità oggettiva di far fronte a cifre iperboliche, ma anche della serenità domestica.
Decadenza e prescrizione
In secondo luogo, così come avviene nel diritto penale, va determinato un termine di prescrizione indipendente dagli atti interruttivi, che deve operare in favore del cittadino.
Infatti se l’Amministrazione Fiscale in 10 o 20 anni non è stata in grado di recuperare le somme, ciò non può che significare che il singolo cittadino non possedeva beni aggredibili e cioè semplicemente che egli apparteneva alla fascia debole della popolazione.
Aspettare 20 o 30 anni in attesa che il debitore riesca a migliorare la propria situazione, per aggredire finalmente i guadagni dopo una vita di stenti, è oggettivamente ed eticamente ingiustificabile.
Dunque così come avviene nel campo del diritto penale, va previsto un temine di prescrizione, indipendente da ogni atto interruttivo che preveda come, superato un certo lungo periodo di tempo, (10, 15 o 20 anni), senza che il cittadino abbia potuto saldare il debito o risulti titolare di beni aggredibili, comunque le pretese dell’Amministrazione Fiscale debbano intendersi caducate.
D’altra parte è immorale che lo Stato persegua, per qualsiasi causa o ragione, una persona per la durata dell’intera sua vita.
Modifica normativa in tema di sanzioni, multe e sovrattasse
Ma un condono fiscale, limitato alle sanzioni (che si reputa necessario ormai da più parti, quanto meno perché la maggioranza dei cittadini non è più in grado di far fronte alle pretese fiscali), sarebbe privo di significato se non si mette mano alla disciplina delle sovrattasse a carico degli inadempienti.
Il sistema sanzionatorio, come nel caso di cui si parla, ha creato un meccanismo per cui l’aumento della cifra dovuta inizialmente (qualunque sia la definizione che si vuole applicare: sanzioni, aggi interessi, rivalutazione, sovrattasse, multe ecc.) finisce per raggiungere valori non solo superiori ai tassi di usura, ma semplicemente irrazionali, se rapportati alla capacità di pagamento del cittadino.
Ricordo un simpatico video di molti anni orsono nel quale Maurizio Costanzo intervistando un venditore ambulante di gelati raccontava che a questi era stata notificata una cartella esattoriale per circa un miliardo di lire dell’epoca ed il presentatore, rivolgendosi al Ministro delle Finanze, chiedeva se pensasse che realmente lo Stato avrebbe incassato tale somma o se non era forse più opportuno applicare una sanzione adeguata alle capacità del contribuente.
Non dimentichiamo che in Italia si pagano molte più tasse, e per importi di gran lunga maggiori, che nella maggioranza degli altri Paesi europei, ma ciò che è più grave è che tali oneri, già di per sé più alti, si moltiplicano con un perverso meccanismo di progressione senza limiti, applicandosi in modo draconiano le varie sanzioni e sovrastasse previste dalle numerose normative succedutesi nel tempo.
Dunque non vi è dubbio che andrà rivisto in modo unitario tutto il sistema sanzionatorio e degli interessi dovuti evitando, come nel nostro caso, che un signore che doveva pagare mille e 200 euro nel 1983 si veda recapitare una cartella per 18mila euro.
Dubai ultima spiaggia
Tale situazione di estrema esasperazione (rectius: disperazione) alla quale sono giunti molti cittadini, viene strumentalizzata da numerose organizzazioni estere che evidenziano la difformità di trattamento tra il sistema tributario italiano e quello di altri Stati, stimolando gli investitori ad una scelta drastica.
In altra occasione si era detto delle offerte fuori Italia che vedevano nell’esasperazione degli italiani la possibilità di acquisire capitali, proprietà ed immobili.
Non è difficile, scorrendo le pagine di internet che si riferiscono ad Equitalia, (ritenuta ormai il nemico per antonomasia), rinvenire numerose offerte accattivanti che non lasciano indifferenti.
Del resto non è un mistero per nessuno che, da quando si è aperta la caccia al contribuente moroso culminata con un provvedimento ancora più odioso e ritenuto costituzionalmente illegittimo come la trasmissione di tutti i conti correnti in violazione di qualunque normativa in tema di privacy all’Amministrazione Fiscale, (che è come dire perquisiamo tutti che qualche cosa di illecito troveremo), vi è un’emorragia orami inarrestabile di capitali all’estero in forme più o meno legali.
Simpatica, di recente, è la pubblicità intitolata “Apri la tua azienda a Dubai” e subito di seguito: “Non ci sono tasse sui redditi; Ci sono infrastrutture moderne ed efficienti; Il mercato del lavoro è dinamico; Il personale poco costoso; La sicurezza è mantenuta ai più alti livelli del mondo; La burocrazia è semplice ed efficiente; La vita costa molto meno che in Italia; E’ un paese bellissimo per viverci”. Seguono le istruzioni per l’uso.