Del – pur discutibile – disegno di legge contro le discriminazioni delle donne attraverso la pubblicità, il quotidiano Libero si è concentrato soprattutto sul carattere “talebano”, “comunista” e “inquisitorio” delle quattro senatrici del Pd che l’hanno proposto (Silvana Amati, Manuela Granaiola, Daniela Valentini e la vicepresidente di palazzo Madama, Valeria Fedeli). Così, nel momento di condanna dell’ ex capo di governo per prostituzione minorile e concussione, Libero esce con un tipico titolo di classe: “Il Pd vieta la gnocca”.
La denuncia più evidente è però quella di una redazione di sessualmente frustrati talmente che, negli articoli a corredo, si rivendica il diritto di vedere ovunque giovani donne in pose molto esplicite per il desiderio degli uomini, e per fare pubblicità a qualunque cosa. Inoltre, quale occasione migliore per vendere un quotidiano semi morente che poter mettere in prima pagina – dovere di cronaca – una ragazza in reggicalze di una nota pubblicità di intimo?
Schematizzando, si tratta di un modello di sessualità che i giornalisti applicano a se stessi e che ricalca quella del capo: giovani donne che piacciano a vecchi.
Inoltre, il disegno di legge delle senatrici PD non era affatto nuovo. Già nel 2010 si era reagito in questo senso soprattutto in concomitanza dell’impatto pubblico avuto dal documentario on line di Zanardo “Il corpo delle donne” e della grottesca invasione delle intercettazioni delle olgettine che raccontavano il loro odio nei confronti di Berlusconi in cambio di soldi per shopping nei negozi di lusso di Milano.
Anche all’epoca, i titoli di Libero/il Giornale furono appunto sulla “gnocca” e ovviamente sulla libertà di usufruirne che varia a seconda di chi si deve favorire: vale solo quando si tratta di giovani donne che devono piacere a dei vecchi che le mantengano. Chi si ribella è moralista e non sa cosa sia la libertà. Lo stesso, ovviamente, non vale mai quando si tratta di libertà di matrimonio dei gay, della scelta dell’ aborto, di eutanasia, insomma quando si tratta di tutte le libertà degli individui e non di pochi uomini anziani.
Al di là della sineddoche “gnocca” sempre impiegata per dire “donne” e rivelatrice del peso decisionale e reattivo uguale a zero che hanno le giornaliste di Libero in redazione, lo schema fisso usato dal quotidiano è quello dei comunisti (“rigurgiti comunisti” ) che limitano le libertà. Lo spettro comunista si sovrappone e completa poi lo schema dell’uomo castrato dalla mamma.
Chi vorrebbe limitare la libertà sessuale di un vecchio con una minore è sempre una donna (Boccassini); sono delle “giudichesse comuniste”; delle donne “con gli zoccoli e le gonne a fiori” (come le chiama Anselma Dell’Olio in una confusione anni ’70).
Ma immancabile, per far vedere che sono proprio per la libertà delle persone, c’è sempre l’intervista a una super velina fatta da una giornalista di Libero. E’ il caso di Elena Santarelli conduttrice e modella e velina del programma su Canale 5 condotto da Alfonso Signorini. Potrà mai essere d’accordo con una legge del genere? Ma svela molto più della verità di tutti nella parte più agghiacciante e più moralista della sua intervista:
“Mi infastidisce molto di più per esempio vedere per strada una coppia che si bacia in maniera focosa, perché avendo un bambino magari poi sono costretta a rispondere alle sue domande. In quel caso cosa si fa? Si censura la coppia?”.
Quindi no alla libertà degli individui, sì alla libertà di pochi di vendere e comprare.
E chi dovrebbe spiegare ai propri figli cosa fanno in tv le donne di Canale 5? Sarebbe appunto questo il senso della legge. Pertanto la giornalista di Libero non chiede. Non l’ha capito.
E l’altro classico è che le senatrici di sinistra firmatarie del disegno di legge, sono ritratte nelle pose peggiori. Così i commentatori – tutti uomini – chiamati a un sondaggio demenziale (“volete la gnocca sì / no) intervengono con un odio incredibile contro di loro, fissando per bene lo schema di modello culturale berlusconiano: se sei una donna devi essere sessualmente appetibile.
Esattamente la rozzezza e la violenza della reazione in un clima culturale che rimane ancora a pieno titolo quello berlusconiano dovrebbe essere invece lo spunto per riflettere a lungo sui vari punti di questo disegno legge (Golem se ne occuperà la settima prossima).
Questa è una scarna antologia dell’impatto variegato degli articoli di Libero e dei suoi lettori:
“ con tutti i problemi che ci sono, 4 befane brutte come possono essere le donne invidiose, vogliono proibire la pubblicità’ con belle ragazze, queste 4 non hanno un caz. da fare se non farsi prendere per c. da tutta Italia. forse volevano farsi notare, e ci sono riuscite, ma la prossima volta come faremo a votare delle nullità come loro?? E’ meglio che il Pd la prossima volta le lasci a casa tanto non servono ad un cz.”
“Certo che bisogna capirle: visto le loro facce (e corpi) ed essendo orientate tutte verso chi è sessualmente diverso (quanti gay e lesbiche tra i loro eletti!!.) Manca la foto della loro miss Bindi???”
“la prima cosa che ho pensato è che queste….non so come definirle….sono in crisi acuta da astinenza…..peggio per loro….amen…”
“Altro che progressisti!, i sinistroti sono reazionari e conservatori, e queste 4 “belle” (sic!) signore non fanno altro che dimostrarlo. Secondo me soffrono di invidia verso le donne giovani e attraenti. Se solo si guardassero allo specchio invece di proibire le belle donne proibirebbero le brutte e racchie e si metterebbero il burka prima di uscir di casa, perché brutte come sono fanno paura ai bimbi e fanno venire gli incubi all’ómini!”
“Le femministe soffrono di gnoccofobia”