L’impresa resta in gara anche se manca il Durc. È compito dell’amministrazione acquisire in forma ufficiosa un documento di cui è in possesso. Il bando che prevede l’archiviazione della domanda qualora manchi il documento unico di regolarità contributiva va considerato illegittimo. Tre punti attorno ai quali si muove una recente sentenza del Consiglio di Stato e che richiama quanto è stato previsto dal cosiddetto “decreto del fare”.

Alla prova semplificazione – Il Consiglio di Stato rimarca la necessità di comunicazione tra enti pubblici nella sentenza 11 giugno 2013 n. 3231 (il testo integrale è allegato) che stigmatizza l’esclusione di una società dal bando di gara per l’erogazione di incentivi utili allo sviluppo di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione delle imprese industriali a causa dell’invio tardivo del Durc. Documento per il quale l’impresa aveva fatto richiesta in tempi congrui e aveva inviato via posta con largo anticipo rispetto alla scadenza. Il requisito attestato dal Durc, nei fatti, era in pieno possesso della società che pertanto ha chiesto all’amministrazione procedente di esercitare il “diritto di soccorso” previsto dal bando.
I giudici amministrativi nel sostenere l’illegittimità della decisione amministrativa di escludere dalla gara il ricorrente, ricordano che il rispetto del canone costituzionale del buon andamento cui deve ispirarsi l’azione amministrativa passa attraverso il generale principio per il quale la Pa non può richiedere ai privati atti o certificati relativi a stati, qualità personali e fatti attestati in documenti già in possesso della stessa o di altra Amministrazione. Il Durc rientra proprio tra quei certificati di cui all’articolo 46, comma I, lettera p) («assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto»), come riconosciuto anche dalla più recente giurisprudenza amministrativa.
Poiché l’amministrazione era in possesso dei dati dell’impresa richiedente e del relativo numero identificativo, avrebbe dovuto procedere autonomamente ad acquisire il cartaceo della certificazione, comunicando direttamente con gli uffici che già ne erano in possesso.

Il precedente – L’ordinanza del Consiglio di Stato 23 aprile 2013 n. 1465 aveva già svincolato il Documento unico di regolarità contributiva dal singolo appalto e dal valore trimestrale perché in contrasto con il principio di semplificazione amministrativa. La pronuncia di aprile si poneva tra l’altro in contrasto con le note interpretative di Viminale, Inps e Inail (rispettivamente circolare del Ministero del lavoro 8 ottobre 2010 n. 35, circolare Inps 17 novembre 2010, n. 145, circolare Inail 5 febbraio 2008 n. 7) che concordavano sull’obbligo di presentare un Durc per ogni singola gara.  «Non vi sono norme primarie che prescrivano che il Durc per la partecipazione alle gare di appalto debba riferirsi alla specifica gara di appalto», scriveva Palazzo Spada ribadendo che una circolare amministrativa non può modificare l’aspetto normativo….

L’assetto attuale – Per il Durc non c’è pace. In buona compagnia delle altre disposizioni contenute nel Codice degli appalti che negli ultimi anni sono state più volte rimaneggiate. L’articolo 31 (Semplificazioni in materia di Durc) del Dl 69/2013 modifica, infatti, alcune norme presenti all’interno del Dlgs. n. 163/2006 e del suo Regolamento di attuazione (Dpr n. 207/2010).  Il decreto del fare prevede l’acquisizione d’ufficio – come appunto indicava anche il Consiglio di Stato –, e per via telematica, negli accertamenti riguardanti i requisiti generali per l’affidamento di concessioni e appalti pubblici di lavori, forniture e servizi e il pagamento delle prestazioni. Una semplificazione nell’ottica di alleggerire il carico di adempimenti burocratici a carico delle imprese.
Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 3231 depositata 11 giugno 2013

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