Il 16 maggio scorso, il parlamento francese ha adottato una proposta di legge del Front de gauche per eliminare la parola “razza” dall’apparato legislativo. La parola “razza” e l’aggettivo “razziale” appaiono 59 volte nella legislazione francese. Saranno pertanto eliminati da 9 codici e 13 leggi e sostituiti da altri termini giuridicamente neutri.
Rimarrebbe la parola nella Costituzione, la cui modifica ben più complicata (attraverso riforma) necessita dei tre quinti dei voti favorevoli di parlamento e senato. Tale riforma resta tra le promesse di Hollande fatte durante la sua campagna elettorale davanti ai francesi dei territori d’Oltre Mare.
“La Repubblica francese è una, laica e indivisibile. La Repubblica non teme la diversità, perché la diversità è movimento, vita. L’uniformità è l’oblio. Non c’è posto, nella Repubblica, per la razza”.
E le intenzioni di Hollande non possono lasciarci indifferenti in un momento in cui il razzismo sembra trovare un terreno sempre più favorevole in tutta Europa.
La soppressione della parola dalla Costituzione, per ora, rimane solo una promessa, che all’epoca suscitò il sarcasmo da parte di Sarkozy:
“con questo criterio eliminare la parola “ disoccupazione” per legge farebbe sparire la disoccupazione? ”.
Si parla però di un concetto ben più sottile e ben diverso.
Oggi questa legge che aprirebbe il cammino alla riforma costituzionale promessa da Hollande continua a destare non poche polemiche, oltre che il no della destra. E il più sensato argomento contrario (al netto del solito “ la Francia ha altri problemi cui pensare in questo momento”) è quello sollevato da alcuni giuristi che sostengono che eliminare la parola – proprio al contrario degli obiettivi proposti- spunterebbe le armi per combattere il razzismo.
Per non rischiare di far cadere l’incriminazione di razzismo, i deputati socialisti hanno fatto adottare un emendamento che afferma esplicitamente che la “Repubblica combatte il razzismo, l’antisemitismo e la xenofobia. Non riconosce l’esistenza di alcuna razza”.
Per conservare l’aggravante di razzismo ci sarebbe l’espressione “pretendument raciste” (falsamente razzista). In pratica, si punirebbe l’aver anche solo ritenuto che possa esistere una razza, giacché hanno osservato i relatori della legge “ nessuna scienza ha mai ammesso l’esistenza di un razza per gli uomini, ma solo di un’etnia” (come anche emerso dagli studi di Lévy- Strauss).
Si apre tuttavia la strada a molte altre riflessioni, soprattutto in Italia dove invece – per poter definire meglio le aggravanti – si cerca di nominare delle diversità esistenti nella realtà, all’interno delle Costituzione come avviene per la parola “omosessuale”, e per il “femminicidio”, o anche per “la quota rosa” . Il che, secondo alcuni, ammetterebbe implicitamente, una discriminazione di fondo.
Al contrario, si potrebbe pensare di eliminare il razzismo (che è un deprecabile comportamento) sopprimendo una parola dal codice, cioè sopprimendo il presupposto secondo il quale si ammette che esista una differenza tra un popolo e un altro?
Se questa questione viene più volte riproposta, è vero anche che gli argomenti dei relatori della legge non sono trascurabili e spesso molto condivisibili.
Poiché col governo precedente si sarebbero raggiunti indicibili livelli intollerabili di razzismo facendo scomparire, o meglio sostituendo la parola razza con “etnia” cioè negando l’esistenza stessa di una categorizzazione in qualche modo se ne favorirebbe l’eliminazione.
Osservano André Chassaigne e Marc Dolez, primi firmatari della proposta di legge.
“E’ auspicabile eliminare dai nostri testi la parola “razza” che non ha alcun valore scientifico e sul quale invece tutte le ideologie razziste fondano la loro convinzione”
E ancora si legge:
“Ricordiamo che il fascismo europeo, sotto le forme di nazismo, mussoliniano e franchista ha portato al suo parossismo la giustificazione dell’odio, dell’omicidio di persone che si sono falsamente ritenute appartenenti a “razze” inferiori o cosmopolite, attraverso il concetto di “razza”.
La parola “razza” è apparsa per la prima volta nella legislazione francese nell’aprile del 1939. Un decreto legge del ministro di Giustizia prevedeva sanzioni nel caso di “[…] diffamazione o ingiuria verso un gruppo di persone appartenenti, per la loro origine, a una razza o religione determinata, e che abbiano l’ obiettivo di incitare all’odio attraverso i cittadini o gli abitanti”.
E anche nelle odiose legislazioni coloniali, benché si distinguesse un “ noi” e un “loro” non figurava la parola razza.
Il decreto legge del ’39 è stato poi abolito l’anno successivo dal regime di Vichy che reintrodurrà la parola con l’obiettivo opposto, cioè come fondamento delle leggi antisemite.
Dopo la guerra la parola riappare nella legislazione, ed è introdotta nel preambolo della Costituzione del 1946. Questa volta però con l’obiettivo opposto: combattere il razzismo come risposta agli orrori del nazismo.
La questione rimane aperta.
Eliminare la parola “razza” dal vocabolario giuridico, ribalterebbe così il presupposto: si dà per scontato che esiste solo “ la famiglia umana”. Che è assolutamente vero. Ma questo intervento di “ingegneria” eliminerebbe l’abitudine a sentirsi superiori perché si appartiene a un popolo anziché a un altro, cosa che configura appunto l’aggravante di razzismo?