In tempi come i nostri, smarriti fra crisi economica, disagio sociale e confusione politica, una bella seduta di psicoanalisi sarebbe utile a molti, se non addirittura a tutti.
Soprattutto se lo psicoanalista in questione è Massimo Recalcati: il massimo interprete italiano della psicoanalisi di Lacan che, come ha affermato lui stesso, non disdegna, di tanto in tanto, l’esplorazione di territori più familiari anche a noi comuni mortali come, ad esempio, la politica e l’analisi della società. Noto al grande pubblico per i suoi articoli sulle pagine culturali de Il Manifesto e de La Repubblica, Recalcati è il direttore scientifico dell’IRPA (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi Applicata), e dal 1994 al 2002 è stato responsabile clinico e scientifico dell’Associazione per lo studio e la ricerca Bulimia e Anoressia (ABA). Dal 2005 è supervisore presso il reparto di Neuropsichiatria infantile dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna e insegna come docente a contratto per l’Università di Milano, per quella di Bergamo e per l’Università di Pavia. Infine è membro del CEPUSPP (Centre d’enseignement post-universitaire pour la spécialisation en psychiatrie et psychothérapie) di Losanna.
Etica o psicoanalisi?
L’occasione per ascoltare dal vivo il noto intellettuale, è arrivata grazie all’incontro organizzato dalla Scuola di Filosofia di Roma (nata da una costola dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici) giovedì 9 maggio, nell’ambito del ciclo di seminari dedicati al più grande psicoanalista francese : Jacques Lacan, per un’etica della psicoanalisi. Dopo un’attesa consistente, che ha contribuito a far crescere l’aspettativa del pubblico presente in sala, Massimo Recalcati ha dato il via al suo intervento parlando per quasi due ore di fila, senza mai annoiare il folto stuolo di studiosi, appassionati e semplici curiosi accorsi ad ascoltarlo. Nonostante il tema del giorno potesse sembrare a prima vista abbastanza ermetico e misterioso per i non addetti ai lavori (Lacan e la sovversione del soggetto), Recalcati è riuscito a mostrare tutta l’attualità e la concretezza della psicoanalisi lacaniana.
In un momento in cui le crisi di identità sono all’ordine de giorno, la psicoanalisi va alla ricerca di un senso, o di qualcosa che dia un senso all’esistenza. Innanzitutto essa prova a rispondere alla domanda delle domande : che cos’è la vita umana?
Il problema dell’eredità
La vita del soggetto, la vita di ognuno, secondo lo psicoanalista, non può fare a meno dell’altro, del riconoscimento che ci viene dagli altri soggetti. Quindi ogni soggetto, nel momento in cui entra nella società, apprendendo un linguaggio e un codice di comportamento, è “fabbricato” dall’altro. C’è l’altro nel cuore stesso dell’Io, nel suo centro nevralgico. Ma il primo, fondamentale, riconoscimento è quello dei genitori, il riconoscimento del Padre, senza il quale non si ha valore, non si diventa umani e, in definitiva non si entra nel mondo. Ma questo concetto di paternità ha poco a che fare con il fattore biologico : la forma di legittimazione paterna più forte è quella che si realizza nell’adozione, supremo atto di amore (Recalcati fa l’esempio di S. Giuseppe). Per questo, secondo Recalcati, la dimensione che caratterizza gli esseri umani è quella di essere in primo luogo “eredi” di qualcuno o di qualcosa (tradizioni, ideologie religioni). Ereditare è un’azione caratteristica della razza umana: una animale non può essere erede di qualcuno. Certo può ricevere, giuridicamente, il lascito economico di una persona, ma di certo non saprà che farsene. Erede in senso proprio e consapevole può essere solo l’essere umano perché solo l’Uomo è consapevole della transitorietà dell’esistenza, della sua fine necessaria e ineluttabile, e cerca quindi di conservare, attraverso le generazioni, un qualcosa (un’idea, un pensiero, un patrimonio) per sottrarlo al trascorrere del tempo.
Dopo un excursus di casi clinici eccellenti, tutte persone vittime di un mancato riconoscimento paterno, da Vincent Van Gogh a James Joyce, Recalcati ha sottolineato la necessità di ricostruire la propria soggettività attraverso la riappropriazione dell’eredità paterna, facendola propria attraverso un percorso di riconquista: è la metafora del viaggio di Telemaco (il figlio di Ulisse), da cui il famoso complesso di Telemaco reso celebre proprio dal nostro psicoanalista lacaniano.
Il viaggio di Telemaco
Ma cosa accade quando si rifiuta la responsabilità che l’eredità porta con sé e non si affronta il mare in tempesta per appropriarsi del lascito dei padri come fa Telemaco? Il lascito paterno non è sempre positivo, anzi, è decisamente problematico: “ci viene lasciata merda”, dice Recalcati, “e dobbiamo provare a cavarne fuori dei fiori”.
Telemaco affronta il viaggio alla ricerca dell’eredità paterna anche se l’impresa è rischiosa. Ma senza ricerca e senza riconquista non ci si può ricongiungere con il padre. Al di là della metafora psicoanalitica il senso del discorso risulta molto chiaro: è necessario che ognuno faccia i conti con il proprio passato, con l’eredità che gli viene dal contesto non solo familiare e sociale da cui proviene, ma anche politico, ideologico e religioso. Solo così sarà possibile andare oltre l’eredità che ci viene dal passato e dar vita a qualcosa di originale. Se non si affronta questo riconoscimento dell’eredità dei padri, se si ignorano le fondamenta, anche problematiche, della propria esistenza, allora non si potrà costruire nulla di positivo e si vagherà in un limbo senza memoria. Un discorso che vale tanto per il singolo quanto per la collettività.
La “Patria senza Padri”
Spesso si dice che l’Italia è un Paese senza memoria. Secondo Recalcati è proprio così. L’Italia è una nazione che da tempo ormai ha deciso di non fare i conti con la sua storia recente, rinunciando a quella che è l’eredità dei padri. Un processo di rimozione collettiva che ha finito per alienare al Paese la verità su sé stesso. Da qui la definizione di “Patria senza Padri”. Recalcati parla di “ una serie di conversazioni sulla politica”, per definire il suo ultimo libro appena uscito per Minimum Fax (“Patria senza Padri” appunto). Una vera e propria descrizione della “psicopatologia della politica italiana”.
Dure alcune considerazioni di Recalcati in merito, soprattutto quando accenna ad episodi traumatici della storia nazionale: “ Aldo Moro è un Padre il cui grido non è stato ascoltato, bensì ignorato. Moro è stato lasciato morire dai suoi figli”. Il riferimento è a quanti, nel partito di Moro (Dc) e nel mondo politico italiano del tempo, avrebbero potuto fare qualcosa per salvare il politico rapito dalle Brigate Rosse, ma scelsero di non agire. Il “grido” che è l’atto primo della vita umana, l’atto che segna i primi istanti della vita del bambino è anche una forte richiesta di senso rivolta dal soggetto all’altro. Una richiesta quasi disperata: tocca all’altro dare risposta a questa domanda impellente. Nel caso Moro però, i figli hanno ignorato il grido del Padre: il richiamo del Padre che in psicoanalisi è il richiamo alla legge, all’entrata nel mondo adulto, nel mondo del simbolico. L’Italia che ignora la sua storia, che non fa i conti con le sue nevrosi e che abbandona i suoi Padri, è un Paese che ha deciso di non diventare adulto. Non è un caso che in un Paese del genere spopolino leader “adolescenziali”, come Beppe Grillo. Quella di Grillo è una leadership adolescenziale perché, come gli adolescenti, rifiuta di entrare in contatto con il mondo degli adulti (in questo caso le istituzioni), in nome di una presunta purezza, un ideale indefinito e , in fin dei conti, irrealizzabile.
Non possiamo perciò stupirci se da anni siamo ormai un Paese immobile, incapace di fare passi avanti. Eppure dovremmo finalmente riuscire a liberarci del “fantasma” dei padri perché tutto, intorno a noi, ci dice che è venuto il momento e dobbiamo, volenti o nolenti, cominciare a crescere. Ovviamente non solo dal punto di vista economico. Difficilmente si uscirà dal “buio della notte ” senza fare i conti con un passato prossimo complicato e spesso innominabile. Tuttavia, come ha ricordato lo stesso Massimo Recalcati a conclusione del seminario, citando Fabrizio De André : “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.