Cialtrone vaniloquente e magniloquente? Mago? Psicologo? Consigliere? Truffatore? Presuntuoso in buona fede? Ingnorante in malafede? Consolatore d’afflitti? Maniaco di statistiche e computer? Osservatore di pianeti al telescopio? Questo, l’astrologo? Sì e no.
Tutto questo, forse; e magari altro ancora. Ma così il problema appare mal posto: identico discorso, infatti, salve le varianti del caso, potrebbe farsi per qualsiasi professionista. Non esistono, forse, avvocati onesti e avvocati disonesti? Medici atruisti e medici profittatori? Sì – scatterà qualcuno – ci vuole l’Albo professionale. Potrebbe essere un’idea. E però, al di là dell’attuale tendenza “abolitoria” degli albi professionali (ritenuti strumento di potere e di casta, così come gli “ordini”), resta il fatto che la professione astrologica, per il suo esercizio, non richiede certo (ora come ora) esami di Stato e successivi riconoscimenti pubblici. Anche un albo, espressione di un ordine degli astrologi, sarebbe sempre, quindi, un che di privato, suscettibile di notevoli critiche: quali gli esaminatori del futuro astrologo? Quale la loro legittimazione alla bisogna? E così via.
Resta il fatto che se l’astrologo (o forse si dovrebbe dire l’astrologia) è in grado di aiutare il consultante a conoscere meglio se stesso, è in grado di consigliarlo ed aiutalo quanto ai suoi problemi (amorosi, lavorativi o quel che siano), svolge una sua utile funzione (senza, peraltro, rubare il mestiere a nessuno). Di più: se, oltre a far previsioni e studi psicologico-caratteriali, un astrologo serio e professionale riesce far intravvedere al consultante la via del simbolo, aprendogli la strada verso territori inesplorati, ci sembra faccia alta opera culturale e, forse, anche spirituale.
Vero è che l’astrologo, a suo modo, è anche un po’ mago; e il mago vero non può non essere astrologo. Il tempo del rito, tanto per dirne una, è sempre in qualche misura “segnato”, “qualificato” da riferimenti astrali. Si agisce, magicamente, quando gli astri sono in consonanza con quanto si vuol fare. Né mancano accortezze calendariali. Ogni calendario è, in origine, magico e sacro. Tende a “padroneggiare” il tempo, ma dà modo all’uomo di partecipare al tempo-non tempo sacro, di vivere l’eternità ripetendo gesti archetipali da scandire ritmicamente lungo un ciclo. Il tempo magico è appunto ciclico, non lineare.
Alla base del calendario è l’apparente giro del Sole intorno alla Terra: l’anno. Ed è lo stesso nome di anno a richiamare l’idea di ciclo. Il latino annus (radice an, da cui anche anulus, anello) è propriamente il giro del tempo in ritorno periodico. Simboleggiato dal cerchio e dal ciclo, il significato dell’anno coincide con quello dello Zodiaco.
Dell’anno sono le stagioni-stazioni. Stazioni del Sole, di sosta e di partenza. Staziona, il Sole, ai solstizi: principia l’inverno al Capricorno (passano gli dei per la sua natalizia porta); s’avvia l’estate al Cancro, porta degli uomini che si indìano. Magia d’equilibrio (notte uguale al giorno) compie il Sole agli equinozi: Ariete-primavera e autunno-Bilancia.
Dell’anno è il mese, legato, peraltro, piuttosto al ciclo lunare che al solare. Mène, il greco, è la Luna; dalla radice me ds cui pure menos (ancora greco) e mensis (latino) che voglion dire “mese”. E ogni mese ha un suo clima, non solo meteorologico.
Dell’anno è il giorno, da considerarsi, in questo ambito, non come il tempo impiegato dalla Terra per ruotare intorno al proprio asse, ma come ciclo completo di luce e di tenebre che, in piccolo, riproduce l’andamento annuale stagionale: primavera-mattino; estate-mezzodì; autunno-tramonto; inverno-notte. Né manca il raggruppamento dei giorni in sette per sette: la settimana. Sconosciuta al mondo greco e romano antico, questa, di ispirazione ebraica (sei giorni dura la Creazione e il settimo il Signore si riposa), si rifà al tradizionale settenario planetario caldeo ed entra in uso, forse, nel primo secolo. E così si ha il giorno della Luna, lunedì; quello di Marte, martedì e così via. E ciascun giorno, si ritiene – per tradizione – “colorato” dall’influsso del pianeta che gli è preposto.
Il giorno, poi, si modula in ore. Ma se l’ora civile è la ventiquattresima parte del giorno solare medio e dura sempre sessanta minuti, diversa è l’ora magica: per ottenerla si clcola, in minuti, il tempo che passa dal sorgere al tramonto del Sole in quel giorno e lo si divide per dodici; si hano così le dodici ore magiche del giorno, che possono essere maggiori o minori di sessanta minuti. Lo stesso per le ore della notte (calcolate tra il tramonto del Sole e l’alba successiva). Che fatica!