Le attiviste femen sparse nel mondo, continuano a far sentire il loro sostegno per Amina la femen tunisina minacciata dai salafiti e che la famiglia terrebbe, secondo l’intervista rilasciata al magazine francese Marianne, “sotto sequestro e sedata”.

“Freedom for women”, “Fuck islamism”, e ancora “No islamists “ e “No sharia” erano gli slogan gridati e dipinti sul busto nudo davanti le sedi diplomatiche tunisine delle capitali europee e anche davanti alle moschee.

Davanti alla moschea di Parigi in particolare (che sarebbe peraltro invisa ai salafiti, quindi una protesta anche un po’ fuori luogo) tre di loro hanno bruciato una bandiera su cui era iscritta la professione di fede salafita.

Il blitz del 4 aprile, giornata della “Jihad del topless”, è stato preceduto da una immensa adesione su facebook, dove da tutte le parti del pianeta si sono postate foto a seno nudo in sostegno di Amina. Questo il testo nei social network che ha accompagnato l’azione:

“Splendente come il fuoco che divampava dalla bandiera salafista è scoppiata la rivoluzione delle Donne contro le tradizioni brutali dell’Islamismo. Marocco e donne dell’Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, Iran, Iraq, Siria, Giordania, Arabia Saudita, Oman, Bahrain, Emena and Afghanistan, Turchia, Pakistan, Indonesia, voi cambierete il mondo con il vostro coraggio! Gli oppressi saranno liberi, i deboli diventeranno forti. I nostri corpi appartengono solo a noi! l’islamismo è forte di fronte agli oppressi ma l’islamismo è debole di fronte alla ribellione dei nostri corpi! I nostri seni sono piu’ pericolosi delle loro pietre!”

La guerra santa a seno nudo apre però una serie di interrogativi E una delle organizzatrici dell’appello, l’attivista blogger iraniana Maryam Namazie residente a Londra, risponde a Libération se è possibile esportare queste modalità di reazione, accorciando la strada delle comprensione e del dialogo, nel cuore dell’Islam. E soprattutto: ma non è questo un metodo occidentale e un ideale occidentale?
uno slogan lanciato dalle donne iraniane quando manifestavano contro le islamiste che si accaparravano la rivoluzione alla fine degli anni ’70 era “ i diritti delle donne non sono ne del’Oriente né dell’Occidente, sono universali”.
E ha poi aggiunto:
“Non si deve neppure parlare di mondo musulmano unito. Ci sono molte opinioni diverse in Tunisia come in Francia e in Gran Bretagna. Amina ne rappresenta una parte, gli islamisti un’altra. Ha molto sostegno non solo in Europa, ma in Tunisia, in Iran ovunque”.

L’obiettivo è dunque quello di sottrarre all’Islam la vita pubblica. Solo così le donne in Africa del nord, Medio Oriente sarebbero libere. Del resto l’ossessione della religione per il corpo delle donne e la sua insistenza perché siano velate mostra quanto la nudità spezzi ogni tabù e sia un’importante forma di resistenza. E’ infatti l’antitesi del velo.

Diametralmente opposta ma complementare al velo, è la protesta femen in occidente per riappropriarsi della propria nudità monopolio invece del mercato.
Così il corpo denudato diventa un atto rivoluzionario che rimette l’essere umano al centro e recupera la proprietà del corpo – mezzo normalmente usato per opprimere le donne – per mettere in discussione le imposizioni religiose e quelle pornografiche di vendita.
La questione che si apre però è anche un’altra. Finché le femen, ong femminista nata in Ucraina, contrastavano, tra le altre costrizioni patriarcali, la chiesa ortodossa, non hanno fatto molto scalpore, diversamente sta accadendo con gli attacchi al cattolicesimo (ricordiamo l’azione all’interno di Notre Dame il giorno delle dimissioni di Benedetto XVI e quelle davanti san Pietro) e all’Islam. Stanno così diventando blasfeme, islamofobe e in alcuni casi neo colonialiste.

Le accuse non sono sempre del tutto infondate, soprattutto per quanto riguarda l’islamofobia che è il tema – delicatissimo – identitario nazionalista attorno al quale si stanno organizzando le destre europee.
Premesso quindi che la battaglia contro il patriarcato e le forme di repressione religiosa, poiché i principi devono essere quelli di uguaglianza e di libertà universali, è sicuramente condivisibile, bisogna cominciare a chiedersi se non sia una pericolosa chance per radicalizzare in occidente la guerra all’islam che si associa poi alla guerra al musulmano. Qualsiasi, musulmano. E quindi, qualsiasi immigrato. E ci si deve chiedere anche se sia giusta un’ennesima forma di colonizzazione del nord Africa da parte degli intellettuali che in Europa stanno sostenendo le femen.

Mona Chollet giornalista di Monde Diplomatique osserva proprio a proposito del sostegno ad Amina da parte degli intellettuali :
bisogna constatare a che punto questo genere di scenari piacciano: l’eroe solitario musulmano, ancora meglio l’eroina solitaria musulmana, sola, ma toccata dalla grazia dei Lumi occidentali, uniformemente circondata da barbari oscurantisti, nevrotici e violenti che la soffocano e che le vogliono male , e che ci si dà la missione di proteggere, poiché lei è dei nostri: siamo noi la sua vera famiglia.
Non si può pretendere che un contesto familiare non sia soffocante o nefasto ma è problematico   isolare un individuo per accusare l’insieme del suo entourage come disumano”.
Ma soprattutto non pare davvero possibile per Chollet che degli individui isolati, recuperati da delle istanze che flirtano con il razzismo, possano così far evolvere la propria società.

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