Se nel Vecchio Testamento la Pasqua (Passaggio) ricorda il passaggio di Iahvè che colpisce ogni primogenito degli egiziani mentre il popolo di Israele si prepara all’Esodo (Esodo 12), nel cristianesimo è la festa della morte e resurrezione del Cristo, che richiama la nostra resurrezione alla fine dei tempi.

Ora, sulla base del Vangelo di Giovanni e della tradizione primitiva dell’Asia minore, sappiamo che Gesù morì il quattordicesimo giorno del mese primaverile di Nisasm; giorno che, in quell’anno (30 o 33 d.C.), cadde di venerdì e di Luna piena; era, inoltre, la Parasheve, la vigilia della Pasqua ebraica che, per l’appunto, cade nel plenilunio di Primavera. Giustino, seguendo l’uso che assegnava ogni giorno della settimana ad una delle sette divinità planetarie, dice: “… lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno…” E Gerolamo: “Il ‘giorno del Signore’… il giorno della Resurrezione, il giorno dei cristiani; questo è il nostro giorno. E se dai pagani è chiamato dies Solis, noi accettiamo volentieri questa denominazione: oggi è sorta la luce, oggi si è acceso il sole di giustizia”. La Pasqua cristiana si fa così cadere la domenica (giorno del Sole) che segue al plenilunio di primavera.

Il fatto è che, immesso il computo pasquale lunare nel calendario romano – e quindi nel computo solare – il plenilunio in questione non cade nello stesso giorno se non ogni diciannove anni; e la Pasqua si situa tra il 22 marzo e il 25 aprile; cioè, a volte, piuttosto spostata rispetto all’equinozio di primavera e al segno dell’Ariete che lo individua. Il collegamento simbolico della Pasqua con questo segno zodiacale è tuttavia fortissimo. Così, ad esempio, proprio nel giorno di Parasheve gli ebrei mangiavano l’agnello, vittima sacrificale per eccellenza. L’elemento sacrificale è del resto passato alla Pasqua cristiana che vede appunto il sacrificio, ma anche il trionfo sulla morte, dell’Agnello il cui sangue lava i peccati del mondo. Nell’Apocalisse, poi, l’Agnello esercita la sua collera, muove guerra e riporta la vittoria (Apocalisse, 6, 16; 17, 14). Manifesta, insomma, caratteristiche spiccatamente arietine. L’Ariete, inoltre, è spesso inteso come emblema della persona del Cristo-pastore, simbolo della paternità spirituale del Cristo e del Verbo divino.

Mette conto ricordare che Fuoco (l’Ariete è segno di Fuoco) in latino si dice ignis; ed è concordemente ammesso dagli studiosi un collegamento tra ignis ed il sanscrito Agni. Ma chi è Agni? E’ il dio vedico del Fuoco. Ed è stato anche suggerito un accostamento solo fonetico, ma simbolicamente significativo, tra Agni e il latino agnus, agnello. E Marziale, per indicare l’Ariete, usa una volta l’espressione Phrixei… agni, facendo riferimento all’ariete dal vello d’oro cavalcato da Frisso ed Elle. In effetti, l’Agni vedico è portato da un agnello, da un piccolo ariete e con esso a volte è identificato. Ignis, Agni ed agnus, inoltre, sono accomunati dal gruppo fonetico gn, che ritroviamo nel verbo greco ghignosco e in quello latino cognosco (che indicano il conoscere) nonché nei termini jnana (sanscrito) e gnosis (greco), da cui anche l’italiano gnosi, conoscenza. E sia l’Agni della tradizione indù che l’agnello della tradizione cristiana appaiono a volte come luce (fuoco) al centro dell’Essere, luce di conoscenza, illuminazione. Agni è del resto descritto, a volte, come “dorato”; e come non ricordare, in proposito, che il vello d’oro ben può indicare la Conoscenza Suprema.
Ma ancora: come nasce Agni? E’ il fuoco che è originato per sfregamento. Fissata in terra un croce di legno di mimosa con al centro un foro, in questo è inserito un bastoncello di legno di fico fatto girare velocemente da una correggia, finché il fuoco, prodotto dalla confricazione, scaturisce. E dice il Rig Veda: “Dieci giovani donne infaticabili (le dieci dita delle mani che fanno muovere la correggia) fanno nascere questo figlio del Falegname (che ha preparato i bastoncelli, detti arani). E ancora, quando Agni nasce, esclama il Brahmano celebrante: “Su asti”, che equivale al greco eu estì = è bene, è cosa buona. E la figura delle arani è detta swastica (su asti ka). Di più: il neonato Fuoco-Agni è nutrito con burro chiarificato, per cui è detto ankta, latino unctus, che, in greco, suona christòs.

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