E’ il mese di Marte, Martius (mensis) che, nel calendario arcaico precedente la riforma giuliana dava principio all’anno. E iniziava anche la stagione guerresca, che si concludeva ad ottobre.
Animali sacri a Marte il lupo e il picchio. Sua arma precipua, che addirittura lo rappresentava, in origine, presso i Sabini, era la lancia, curis, da cui anche il nome della città di Curi, capitale appunto della Sabina. Dopo la fusione tra Romani e Sabini (si ricordi il famoso ratto), i cittadini dell’Urbe si chiamarono Quiriti, cioè portatori di curis; e anche “figli di Marte”, cioè di colui che era rappresentato da una lancia. Il fiore del mese è la violetta, fiore delle anime gentili e sensibili, simbolo di modestia. Nell’antico Giappone il mese corrispondeva all’albero di pesco. La prima parte di marzo (sotto il segno dei Pesci) è, per i pellerossa Tlingit, la “luna del salmone d’argento”. Per gli Eschimesi è “il tempo delle trappole”.
Ma parliamo di Marte che, come pianeta, governa l’Ariete. Il nome Marte viene dal latino Mars. La forma antica era Mavors, poi contratta in Maurs, e, qindi, divenuta Mars. L’attribuzione di questo nome al pianeta è ripresa dai greci, che lo chiamavano “pianeta di Ares“. La terminologia alessandrina lo indica come Pyroeis, cioè ” il fiammeggiante”, sulla scia sumerica che lo individuava come Mul Dir, “stella rossa”. Quanto al greco Ares, forse è ricollegabile ad arà o arè, che vuol dire: maledizione, danno, violenza. Un nome, quindi, che è tutto un programma.
Più che divinità guerresca, dicono gli studiosi, è una divinizzazione dello spirito guerriero. Ma sempre di guerra si tratta. E il dio, figlio di Zeus e di Era, della guerra si compiace; ma non solo della guerra; del sangue, della carneficina, della strage. Con corazza ed elmo, munito di scudo ed armato di lancia e spada, emette grida terribili.
La sua taglia è sovrumana, ma ciò non impedisce che, a volte, venga sconfitto. Così è ferito da Diomede, aiutato, per verità, da Atena; e proprio quest’ultima, in altra occasione, lo stordisce con una pietra. Ed è Eracle (anche lui aiutato da Atena) che lo ferisce ad una coscia mentra il dio cerca di aiutare il figlio Cicno (brutale predone) che poi lo stesso Eracle ucciderà. E’, questa, la seconda volta che Ares è colpito dall’eroe che già davanti a Pilo l’aveva ferito e gli aveva portato via le armi. Né va dimenticato il suo imprigionamento in un orcio di bronzo da parte dei giganti Aloadi (Oto ed Efialte) che vogliono scalare l’Olimpo. Dovrà liberarlo Artemide (o, secondo un’altra versione del mito, Ermes).
Nonostante tutto questo e nonostante sia il più odiato dell’Olimpo, le avventure amorose non gli mancano e la più celebre è quella che lo vede unirsi clandestinamente ad Afrodite (Venere) che nell’Iliade, a dire il vero, è sua sorella e, nella tradizione tebana seguita dalla Teogonia esiodea, sua sposa legittima.
Una curiosa leggenda, riportata da Ovidio, fa nascere Marte dalla sola Giunone (Era), fecondatasi da sola con un fiore procuratole da Flora. Marte è senza dubbio, in Roma, almeno nell’età classica, il dio della guerra. Ma appare anche come dio della primavera, poiché la stagione della guerra iniziava con la fine dell’inverno; ed è anche il dio della gioventù (sono i giovani che vanno in guerra). E’ lui che conduce, nel ver sacrum, la sacra primavera, i giovani sabini che emigrano per fondare nuove città. E questi emigranti, spesso, erano guidati nel loro cammino dal picchio o dal lupo, animali sacri a Marte. E figli di Marte, che feconda la vestale Rea Silvia, sono i gemelli Romolo e Remo. Come abbiamo già ricordato, sacro attributo ed arma per eccellenza di Marte è la lancia; arma, questa, che si ritrova anche come attributo di Minerva-Atena. Marsi, Marrucini, Mamertini: tutti popoli che hanno Marte nel nome.