È bastato meno di un giorno per far crollare la timida speranza, nutrita dagli italiani, di ottenere finalmente un certo livello di stabilità da queste elezioni. Il caos generato dal risultato elettorale rischia di far perdere la bussola ai nostri politici ed in particolare ai (non) vincitori del confronto, in primis Bersani, chiamato a gestire una situazione dai tratti fortemente preoccupanti ed al tempo stesso potenzialmente innovativi.

Come ampiamente previsto nelle scorse settimane, anche su questo giornale, al centro del dibattito è prepotentemente tornato il tema europeo, con specifico riguardo al posizionamento dell’Italia in materia di politica economica. La questione andrà prima o poi affrontata seriamente, nella consapevolezza che le scelte da compiere influenzeranno lo scenario comunitario in modo decisivo, sebbene non necessariamente negativo.

 

La Germania, attraverso le parole del Ministro delle finanze Schaeuble, ha provato a richiamare all’ordine i nostri politici, generando reazioni di rigetto tanto forti quanto inusuali, segno di un evidente cambiamento climatico dell’atmosfera parlamentare italiana. Il monito di Schaeuble riguardo un non meglio specificato “effetto contagio”, che potrebbe partire da Roma mettendo in crisi l’Euro ed addirittura la tenuta della Comunità, sembra essere sostanzialmente caduto nel vuoto, essendo venuto a mancare il principale interlocutore e recettore di questi messaggi, ovvero il premier Monti. Si è riscontrata, dunque, una sorta di ribellione bipartisan al modo di fare tedesco: il nuovo parlamento, sospinto dalla presenza imponente dei rappresentanti del M5S, mostra un’insofferenza verso il perpetuarsi di diktat provenienti da mercati, governi ed istituzioni. A mettere in ansia i decisori europei è proprio la diffusione di un forte sentimento di contrasto verso le ricette di Bruxelles, soprattutto in materia di austerity e controllo del debito: un eventuale scontro frontale tra Italia ed Europa-Germania porterebbe ad un necessario ripensamento delle politiche strutturali, pena la delegittimazione dell’intero progetto. 

Paventare il rischio-Grecia per l’Italia è stato dunque un chiaro messaggio da parte del leader indiscusso dell’attuale assetto europeo. “Il risultato elettorale in Italia ha diffuso dubbi sui mercati sulla possibilità che un governo stabile a Roma possa essere formato”, ha dichiarato infatti il Ministro Schaeuble, aggiungendo che “quando emergono dubbi di questo tipo sorge un pericolo di contagio, l’abbiamo vissuto l’anno scorso con la Grecia quando le elezioni anticipate non crearono alcuna maggioranza e furono necessarie nuove elezioni”. Infondere terrore, tracciare scenari apocalittici, mettere l’accento sui sacrifici da compiere per un lontanissimo ideale di vivere comune, sta diventando chiaramente una strategia che non paga. Gli italiani, come dimostrato in modo inequivocabile attraverso le urne, sono stanchi di sopportare le ingerenze, se non le minacce, promosse da governi ed organismi internazionali: l’Europa deve tenerne conto, proprio perché l’Italia non è la Grecia, al contrario di quanto afferma il Ministro tedesco.

Le differenze rispetto al vicino ellenico sono molteplici ed evidenti, soprattutto per quanto riguarda il peso della nostra economia all’interno dello scacchiere continentale. Ha ragione Schaeuble quando dice che una crisi italiana avrebbe conseguenze devastanti per la stabilità europea, proprio a causa del peso internazionale, ma omette che il nostro sistema presenta le potenzialità per imporre una propria linea di politica economica all’interno delle istituzioni. Gli indicatori lo dimostrano chiaramente: L’Italia dispone di un tessuto produttivo complesso e diversificato, di un sistema bancario relativamente solido, nonostante le ultime sconcertanti vicende, ma soprattutto di una forte presenza politica sulla scena internazionale. La richiesta di “rispetto” da parte del presidente Napolitano, pronunciata quasi con orgoglio durante la visita in Germania, è l’emblema di un Paese che vuole reagire, prendendo consapevolezza dei propri mezzi. L’Europa ed i tedeschi non possono ostinarsi a sottovalutare le nuove idee emergenti, in Italia come altrove, in materia di gestione della “cosa europea”, commettendo lo stesso errore del Partito Democratico a livello nazionale, che ha sottovalutato la forza di un movimento diventato primo partito. Si possono non ascoltare, certamente sbagliando, le voci dei greci, sacrificati sull’altare della finanza globale e forzati a scegliere un governo compiacente, sostanzialmente perché l’Europa può sopravvivere ad un’eventuale allontanamento della Grecia, ma non si può certamente dire lo stesso dell’Italia.

La fase d’incertezza può dunque essere vista come un’occasione di cambiamento per il vecchio continente, incapace fino ad oggi di correggere il tiro quando le circostanze l’avrebbero richiesto. I meccanismi di governance rimangono eccessivamente ingessati, mancando di adeguarsi in tempi accettabili alla volontà espressa dai cittadini europei attraverso il voto, quasi fosse un organismo che vive di vita propria. L’Italia, se non fosse per le dilanianti lotte intestine, specie tra PD e M5S, avrebbe l’opportunità di formare alleanze capaci di rigenerare il sistema, ad esempio in concomitanza con la Francia. Le attuali posizioni di Grillo, contrario per definizione a qualsivoglia progetto di governo guidato dal centro-sinistra, limitano un’eventuale proposta italiana per il cambiamento d’indirizzo in sede comunitaria, lasciando di fatto un potere incontrastato alla Germania. Catalizzare questo nuovo sentimento emergente vorrebbe dire scardinare trent’anni di politiche neoliberiste, rimettere al centro il valore sociale dell’Europa unita, ripristinando il valore della solidarietà internazionale. Il fallimento elettorale di Monti è un segnale che gli italiani devono interpretare proprio in tal senso: non un rifiuto del concetto di Europa, quanto piuttosto una volontà di trasformare la sottomissione in protagonismo.

La sensazione di questi giorni è che le divisioni prevalgano sui punti di contatto, pur numerosi, tra i programmi di Bersani e Grillo, per cui le parole di Schaeuble rispetto al rischio di nuove elezioni potrebbero facilmente avverarsi. Il confronto con la Grecia, in questa eventualità, non sarebbe poi così peregrino, visto che probabilmente lo scenario rimarrebbe immutato sul piano della governabilità. Per questo sarebbe opportuno dare adesso un segnale ai mercati, non necessariamente seguendo fedelmente ed acriticamente le direttive di Bruxelles. Un segnale che sia di compattezza ed al tempo steso di cambiamento, condizioni entrambe fondamentali da un lato per rispetto al voto degli italiani, dall’altro per rilanciare l’Italia come protagonista di questa Europa.

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