Un’insopportabile contrazione del fatturato causata da un’inspiegabile decisione della sanità pubblica di spendere più attentamente i propri soldi e da una scarsa cultura della vaccinazione: questa la motivazione che ha costretto il presidente e amministratore delegato della Sanofi Pasteur Msd Italia, Nicoletta Luppi, (una delle maggiori aziende produttrici di vaccini) a prendere carta e penna (si fa per dire: ormai si prende tastiera e computer) per comunicare a tutte le cosiddette parti sociali e agli uffici del lavoro l’irrevocabile decisione di licenziare oltre il 20 per cento del personale.
La Sanofi Pasteur è un’azienda farmaceutica del gruppo Aventis. Come si legge nel quadro di sintesi spedito agli uffici del lavoro (la comunicazione del 25 gennaio scorso è nei documenti allegati a questo articolo) si tratta in sostanza di una società nata da una joint venture tra Sanofi Pasteur, divisione vaccini di Sanofi, e Merck Sharp and Dohme (Merck & Co.), ed è di proprietà della Sanofi Pasteur Msd di Lione, in Francia.
Il gruppo è specializzato nel commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici e, in particolare, di vaccini in tutta Europa. In parole semplici, in Europa è la più grande, se non l’unica, azienda specializzata sui vaccini umani.
Una invidiabile, e senz’altro meritata vista l’altissima professionalità e la qualità dei prodotti, posizione di mercato che si riflette inevitabilmente sulla struttura aziendale italiana. Tuttavia, negli ultimi quattro o cinque anni la sanità pubblica – che per forza di cose è di gran lunga il cliente principale della Sanofi Pasteur Italia – ha avviato un più attento monitoraggio (come si legge nella comunicazione che la stessa società ha inviato a gennaio scorso annunciando i licenziamenti) della spesa pubblica per i vaccini. Insomma, è finito il periodo delle vacche grasse, si sta più attenti a comparare i costi, alle gare pubbliche per gli acquisti. Per giunta, sottolinea la Sanofi, in Italia c’è una scarsa cultura della vaccinazione antinfluenzale e anti pneumococco e, ciò che è più grave, una colpevole disattenzione verso la vaccinazione Hpv. In pratica, il vaccino contro il papilloma virus, quell’infezione che, è accertato, causa il 75 per cento dei casi di tumori all’utero.
Cosa vuol dire tutto questo? In sostanza vuol dire che mentre fino al 2008, più o meno, la Sanofi Pasteur poteva contare su fatturati “facili”, ora i margini di utile si sono un po’ ridotti.
Poi, certo, c’è quella che viene definita dall’azienda “la complessiva crisi economica che da tempo investe l’Europa intera”.
Detto in parole semplici: mentre fino a qualche anno fa le previsioni di utili erano tutte rose e fiori, già nel 2008 c’era stata una qualche flessione. E ciò bastò, alla stessa Sanofi Pasteur, per procedere già allora ad un giro di valzer di licenziamenti collettivi. Ma ora lo spettro della povertà, con un fatturato che è calato ancora di un altro 5 per cento, scendendo alla soglia di indigenza di 70 milioni di euro l’anno, obbliga la dirigenza a prendere di nuovo la triste strada dei licenziamenti.
Nella comunicazione inviata a gennaio scorso alle direzioni regionale e provinciale del Lavoro del Lazio (la Sanofi Pasteur Italia è a Roma), alla Regione Lazio, all’Agenzia Lazio Lavoro, ai sindacati di categoria e alle rappresentanze sindacali aziendali, la società spiega, quasi con le lacrime agli occhi (avrà preso esempio dall’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero), di averle provate tutte prima di rassegnarsi alla necessità di licenziare 20 persone.
Non sono bastate revisioni di spese aziendali, non sono bastate valorizzazioni di risorse interne chiamate a ricoprire nuovi incarichi che hanno il compito di rilanciare l’attività e risollevarsi dal baratro dei 70 milioni di euro l’anno nel quale è precipitato il fatturato Sanofi Italia. In pratica, i circa 5 milioni e 800 mila euro al mese di fatturato, che visti i 93 dipendenti attuali sarebbero come se ogni lavoratore della Sanofi producesse poco più di 62mila euro al mese, non possono bastare a tenere in piedi la baracca così come è ora.
Tagli, tagli e ristrutturazioni per adeguarsi al mutato assetto del mercato. Questo avaro mercato italiano che non ne vuole sapere di vaccinarsi.
La decisione della Sanofi ha colto un po’ di sorpresa dal momento che appena il 17 settembre scorso, Nicoletta Luppi, neo nominata general manager, così dichiarava: “E’ con sincero entusiasmo che affronto una sfida per me nuova. Sanofi Pasteur Msd ha una pipeline promettente, il capitale umano e professionale, il know-how e la passione che, grazie a una progettualità trasformazionale innovativa, mi spingono a credere nel suo enorme potenziale di crescita, per la conquista della leadership del mercato italiano”. (la dichiarazione è stata riportata dalle agenzie di stampa nazionali).
Tralasciando buffe parole come “progettualità trasformazionale”, evidentemente questo enorme potenziale di crescita è sfumato in appena 120 giorni. Tanto che la stessa Nicoletta Luppi afferma oggi con certezza (vedi pagina 3 della comunicazione allegata) esattamente il contrario. Ossia che “la contrazione di fatturato subirà un ulteriore incremento” (per la precisione, nella comunicazione è scritto “decremento”, ma è un errore perché il soggetto è “contrazione” e se questa subisse un decremento vorrebbe dire che il fatturato sarebbe in crescita e non in calo).
Per onor di cronaca va detto che in effetti la Luppi potrebbe essersi fatta trascinare dall’entusiasmo per il nuovo e prestigioso incarico visto che già il 26 settembre 2012 – ossia 9 giorni dopo le rassicuranti e promettenti parole della Luppi – la Sanofi francese ha annunciato un piano di riorganizzazione su base triennale che alla fine porterà a circa 900 esuberi.
Sia come sia, i criteri che l’azienda seguirà per individuare i 20 licenziandi (Ave Caesar, morituri te salutant… visto che siamo a Roma…) saranno quelli previsti dalla legge 223 del 1991, quella che fissa le regole in materia di cassa integrazione, mobilità e trattamenti di disoccupazione.
In particolare, come precisa la stessa Sanofi Pasteur MSD Spa, l’articolo 5 della legge.
E non è un caso che si faccia riferimento all’articolo 5: si tratta della parte della legge che regolamenta le eccedenze di personale senza che vi sia però uno stato di passività dell’azienda o, peggio, la necessità di ricorrere ad una qualche procedura di liquidazione o di amministrazione controllata della società.
Siccome i bilanci, anche l’ultimo, sono in attivo, non c’è spazio per cassa integrazione ordinaria o straordinaria.
Nel caso della Sanofi invece viene “in soccorso” la procedura di mobilità per eccedenza di personale. In teoria, nelle intenzioni del legislatore (che non sempre sono pessime) si tratta di un meccanismo a disposizione dell’imprenditore per fronteggiare una crisi che allo stato non è letale ma che senza rimedi potrebbe diventarlo.
Il precedente articolo 4 spiega che in questo caso l’azienda deve indicare “i motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente; dei tempi di attuazione del programma di mobilità; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo.”.
E a questa prescrizione risponde la comunicazione del gennaio scorso firmata all’amministratrice Nicoletta Luppi.
Come prevede la legge, e come è prassi, l’azienda anticipa la sua disponibilità a ricorrere a incentivi economici di “accompagnamento” per i lavoratori che saranno collocati in mobilità (un eufemismo del nostro legislatore per dire licenziati). Incentivi che saranno una delle carte sul tavolo della trattativa sindacale che proprio in questi giorni è in corso.
Il 10 marzo si concluderà la prima fase di questa trattativa. L’azienda è rappresentata dallo studio legale Maresca, Morrico, Boccia & Associati. Dal canto loro, i sindacati richiameranno l’attenzione sul fatto che la Sanofi Pasteur dovrebbe lanciare, il prossimo anno, un nuovo vaccino esavalente che le consentirà di aggiudicarsi una fetta di mercato nuova, per un fatturato previsto complessivo di circa 100 milioni di euro. Qui però intervengono analisi e proiezioni che spesso possono essere discutibili. Proprio come i meccanismi intra-societari del gruppo. Ma di questo magari parleremo dopo il 10 marzo. Intanto, attenzione all’influenza…
Sanofi Pasteur MSD Spa – comunicazione agli uffici del lavoro e ai sindacati di categoria – 25 gennaio 2013