La Cassa forense ha incontrato oggi l’Oua, gli Ordini e le Associazioni di categoria per aprire un tavolo di confronto sull’articolo 21 della nuova legge professionale che prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa di tutti gli avvocati iscritti agli Albi.
La nuova norma si tradurrà nell’ingresso di oltre 60 mila professionisti che sino a oggi, non raggiungendo i minimi contributivi, non rientravano nella tutela previdenziale di categoria ma nella gestione separata dell’Inps.
“I diritti non sono condizionati al reddito. È questa la forte innovazione contenuta nella nuova legge professionale quando afferma la contestualità dell’iscrizione alla Cassa e agli Albi. Proprio per non eludere questo principio siamo consapevoli che dobbiamo impegnarci a tradurre la nuova norma in un regolamento chiaro e condiviso dalla maggior parte della categoria – ha spiegato il presidente della Cassa forense, Alberto Bagnoli – il confronto con gli organismi istituzionali e politici, gli ordini e le associazioni forensi è necessario perché le decisioni da prendere non sono transitorie ma definitive. Un bene dal momento che è sulle regole della previdenza che si costruisce il futuro della professione”.
“In questo primo incontro sono emersi tutti i legittimi dubbi che la categoria nutre sulle modalità di attuazione della nuova norma – ha proseguito Bagnoli – personalmente credo che riguardo al regime di contribuzione da applicare ai nuovi iscritti, non debba esserci alcuna disparità di trattamento rispetto ai vecchi associati. La regola dovrà essere: stessi diritti e, quindi, stessi doveri. Chiaramente studieremo agevolazioni per tutelare le categorie più vulnerabili, soprattutto i giovani all’inizio dell’attività. Riguardo all’ammontare del contributo minimo, altro tema di grande dibattito, cercheremo di determinarlo tenendo conto della grave crisi che colpisce la professione, ma certamente lo applicheremo in modo tale da garantire la quasi totale copertura delle prestazioni previdenziali, un risultato che abbiamo già raggiunto”.
All’incontro hanno partecipato Nicola Marino, presidente Oua, insieme ai vice presidenti, Filippo Marciante e Maria Grazia Bosco, al segretario Paolo Maldari.
Alla fine dell’assemblea, il presidente Oua, ha dichiarato: «Sulla base dei colloqui intercorsi nei giorni scorsi, possiamo considerarci fiduciosi, perché vediamo molti motivi di convergenza con le posizioni avanzate dalla Cassa Forense».
«La nostra perplessità – continua – riguarda, però, il nodo della iscrizione obbligatoria dell’avvocato all’albo e alla Cassa, come prevista dalla nuova legge. Una questione che al momento mantiene molti aspetti controversi e da chiarire puntando sull’equilibrio, la condivisione e l’equità».
«Dopo l’importante e proficuo confronto odierno – conclude Nicola Marino – auspichiamo che il nostro Ente previdenziale fornisca un’informazione ancora più approfondita sui numeri di bilancio e sulle previsioni di tenuta contributiva per i prossimi anni, affinché si convochi un prossimo appuntamento che ci permetta di entrare ulteriormente nel vivo della discussione».
Per l’Associazione nazionale forense, l’obbligo di iscrizione non deve creare esodati tra i giovani avvocati.
«L’iscrizione obbligatoria alla Cassa, prevista dalla nuova legge professionale, non deve essere l’occasione per “esodare” fasce di giovani e meno giovani competenti e professionali: va contrastato il malcelato obiettivo di arrivare alla autoesclusione di chi non è in grado di sostenere i contributi minimi, ma va pensato un percorso di avvicinamento e di adeguamento necessariamente proiettato in un arco temporale più ampio, introducendo ad esempio l’imposizione di versamenti che siano relativamente poco onerosi all’inizio. Non solo: crediamo che non possa, né debba essere negato ai “nuovi” iscritti il diritto all’assistenza. Tra gli almeno 30/50 mila nuovi iscritti ci saranno sicuramente molte donne, la stessa Cassa nella conferenza di settembre 2012 parlava della femminilizzazione della professione, e quindi molte mamme. Bisogna garantire pari opportunità». Lo dichiara il segretario generale dell’A.N.F. Ester Perifano, commentando gli esiti dell’assemblea nazionale dell’avvocatura organizzata dalla Cassa Forense, oggi a Roma, con la partecipazione delle istituzioni ordinistiche, politiche e delle associazioni di categoria.
L’Associazione nazionale avvocati italiani dice no all’iscrizione immediata. L’Anai infatti chiede a tutta l’avvocatura una riflessione profonda per la prevista applicazione dell’articolo 21 della riforma professionale che prevede l’iscrizione contemporanea e obbligatoria tanto agli Albi che alla Cassa forense.
Il presidente Anai Maurizio De Tilla spiega come “L’iscrizione alla Cassa senza momentaneo pagamento di alcun contributo comporterà aggravi forti, quali discendono dai diritti connessi all’assistenza, alla maternità e alla polizza grandi interventi. Attuare una norma di legge simile – continua – in un momento di grave crisi economica generale e in maniera particolare per la professione forense sarebbe molto problematico”.
“La previsione della riforma è un pasticcio legislativo – ha continuato De Tilla – da un lato fissare contributi molto contenuti per chi ha redditi bassi rischierebbe di creare squilibrio negli assetti economici dell’Ente, dall’altro fissarli ridotti ma non troppo significherebbe vessare colleghi fino ad oggi non iscritti che guadagnano poco o niente anche per effetto della crisi e a farne le spese sarebbero prevalentemente i giovani.
Questa norma aumenterà la situazione di disagio sociale che negli ultimi tempi ha investito la nostra categoria e creerà una forte reazione da parte dei 70 mila avvocati interessati; applicare il contributivo ai nuovi e tenere fermo il retributivo per tutti gli altri finirà per portare disuguaglianze di non poco conto con una moltitudine di colleghi che usufruiranno di pensioni irrisorie anche di cento euro al mese senza alcuna possibilità di integrazione al minimo”.
“Occorre pertanto – ha concluso De Tilla – svolgere una profonda riflessione sull’argomento senza prendere decisioni immediate che finirebbero per peggiorare la già complicata situazione della professione”