Nicola Lecca ha scritto una bella favola moderna, con tutti gli ingredienti del genere, rivisitati in chiave contemporanea. Imi, l’orfanello povero ma bello, protagonista del libro, dopo aver trascorso l’infanzia nella natia Ungheria, va a Londra in cerca di fortuna e trova lavoro in una caffetteria della Proper Coffee, una catena dove “il cliente ritrova sempre le stesse torte, identici quadri, croissant, poltrone, panettoncini e perfino le medesime tazze da tè.
Anche la miscela di caffè non varia, proprio come la maniera di preparare il cappuccino, o di guarnire la cioccolata con la panna. Insomma, nessun cambiamento: perché in ogni caffetteria Proper Coffee il cliente deve potersi sentire a casa”. Un posto alienante, una macchina per fare soldi –la cui descrizione ricorda da vicino tante altre catene di caffetterie o di fast food– che l’ingenuo Imi trova all’inizio paradisiaco.
I cattivi della favola sono gli insopportabili dirigenti della Proper Coffee dove lavora Imi: un ragazzo e una ragazza tristi, che si ritrovano ogni sera da soli nelle proprie case a mangiare una pizza surgelata; che godono del loro piccolo potere e che non mancano di esercitarlo immancabilmente sui più deboli e che hanno come unica aspettativa nella vita quella di vincere il viaggio premio aziendale a Palma de Mallorca. Tra i cattivi della favola si può mettere anche Londra, con il suo reticolo infinito di strade, con i suoi parchi pericolosi di notte, con la solitudine che attanaglia le vite di tutti, in contrapposizione a Lindor, il villaggio ungherese dove è cresciuto Imi e dove si possono lasciare piccoli manufatti fuori dalla porta e chi è interessato li compra, mettendo i soldi nel salvadanaio sistemato accanto alla merce esposta.
E poi ci sono i buoni: le neni dell’orfanotrofio che dispensano coccole e amore materno a tutti i bambini; Lynne, che “nonostante i suoi cinquantadue anni continua a vestirsi come una ragazzina”, che è assediata dai debiti, che è una pasticciona, ma che appena ha due soldi in tasca li spende per fare felici gli altri e che ospita sempre nella sua casa i ragazzini dell’orfanotrofio. E poi c’è Morgan, l’amico mediorentale di Imi, che lavora in una libreria e che si prende a cuore la situazione “del ragazzino ungherese”, indignandosi e cercando di combattere l’ingiustizia che a un certo punto del libro Imi vivrà.
Infine, come in ogni favola che si rispetti, c’è una fata. Che non ha una bacchetta magica, perché siamo a Londra nel XXI secolo, ma un premio Nobel per la letteratura e un’influenza tale sui media (fatto che nella società odierna vale più di dieci bacchette e cento formule magiche) da riuscire a vincere i cattivi e a fare trionfare il bene, “perché il potere si vince con il potere”.
La morale del romanzo è che i sogni si avverano e il bene trionfa. E anche se non è vero, in questo periodo è tanto bello crederci.
Nicola Lecca è nato a Cagliari nel 1976 e ha vissuto in varie parti del mondo. Nonostante la giovane età, ha già pubblicato parecchi libri: Ho visto tutto, Ritratto notturno, Concerti senza orchestra, Ghiacciofuoco, editi da Marsilio; Hotel Borg e Il corpo odiato, usciti con Mondadori.
La piramide del caffè
Nicola Lecca
Mondadori 2013, pp. 228, 17 euro.