PADOVA. I capolavori che Pietro Bembo aveva riunito nella sua casa di Padova saranno esposti, dal 2 febbraio al 19 maggio, a Palazzo del Monte di Pietà in Piazza Duomo nella mostra, curata da Guido Beltramini insieme a Davide Gasparotto e Adolfo Tura, Bembo e l’invenzione del Rinascimento. Il titolo dell’esposizione riporta all’Italia di fine Quattrocento, quando la penisola era frantumata in piccole corti e centri di potere.
Ad un paese in piena crisi politica e militare, Bembo offrì un’identità comune in cui riconoscersi. Egli fu infatti fautore di un’idea di unificazione dell’Italia a partire dalla creazione di una lingua nazionale: nelle Prose della volgar lingua, pubblicato nel 1525, Bembo codificò le regole dell’italiano, fondandolo sugli scritti di Petrarca e Boccaccio. Sul versante dell’arte, Bembo indicò Michelangelo e Raffaello come campioni di un rivoluzionario fare artistico. Colse nel loro procedere creativo una nuova “lingua dell’arte” basata sulla grandezza dell’arte romana antica, che ricerca una perfezione senza tempo e senza connotazioni regionali: un linguaggio universale che sarà riconosciuto nei secoli a venire come quello del Rinascimento italiano. La ricchezza e varietà degli oggetti d’arte, tra sculture antiche di prima grandezza, gemme, bronzetti, manoscritti miniati, monete rare e medaglie, raccolti dall’intellettuale veneto, rese agli occhi dell’Europa del tempo la sua dimora come “la casa delle Muse” o Musaeum, precursore di quello che sarà il moderno museo. Per una breve stagione, proprio grazie all’influenza di Bembo e al suo gusto collezionistico, Padova divenne baricentro e crocevia della cultura artistica internazionale. Dopo la morte di Bembo i capolavori vennero venduti dal figlio Torquato e si dispersero nel mondo ed oggi sono conservati nei grandi musei internazionali, che li concederanno eccezionalmente in prestito in occasione della mostra padovana.

Di Golem

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