Il regime siriano è sempre più vicino al suo crollo definitivo, e i ribelli hanno capito che per marciare su Damasco devono passare per il campo profughi palestinese di Yarmuk.

Dopo tre giorni di violenti combattimenti e di raid aerei dell’aviazione del regime, è stato raggiunto un accordo su una fragile tregua tra i ribelli siriani e le truppe di Bashar al Assad per evitare ulteriori scontri nel campo profughi che si trova nella periferia meridionale di Damasco. Le fazioni palestinesi, dopo la fuga di Ahmed Jibril e dei suoi miliziani del Fronte popolare di liberazione della Palestina, sono riuscite a raggiungere un accordo con l’Esercito siriano libero che aveva occupato buona parte dell’area. Dopo tre giorni di scontri tra i ribelli e la fazione palestinese filo-siriana, il campo è stato dichiarato zona neutrale.

I rappresentanti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) in Siria hanno trovato un accordo per dare vita ad un piano volto a salvare il campo profughi dalla distruzione. Secondo quanto ha reso noto il dirigente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Abu Ahmed Fuad, all’emittente televisiva araba “al Jazeera“, il piano prevede l’evacuazione del campo dai combattenti dell’Esercito siriano libero e la consegna della responsabilità della sua sicurezza alle fazioni palestinese dell’Olp che non si faranno coinvolgere nei combattimenti in corso. I rappresentanti palestinesi hanno tenuto una riunione nella sede dell’ambasciata palestinese a Damasco alla quale hanno preso parte anche rappresentanti dell’Esercito libero dopo aver avuto promesse da parte delle forze del regime di non attaccare la zona.

I ribelli hanno così ottenuto la neutralità delle fazioni palestinesi, liberando di fatto un’altra zona periferica di Damasco dopo aver occupato quasi tutta la parte meridionale della città a partire dal quartiere di al Hajr al Aswad. Per questo alcune centinaia di profughi palestinesi sono rientrati nel campo in virtù dell’intesa sottoscritta tra le fazioni palestinesi e i ribelli siriani. Secondo quanto riferiscono gli attivisti siriani all’emittente televisiva satellitare “al Arabiya“, ad essere rientrati sono quei profughi che non sono riusciti a trovare ospitalità in Libano e negli altri campi in Siria e che hanno preferito passare la notte all’addiaccio all’interno del campo.

Il comando dell’Esercito siriano libero ha reso noto di non voler più combattere a Yarmuk dopo aver “estirpato dal campo le cellule del Fronte popolare della liberazione della Palestina – Comando generale“, gruppo considerato tra i principali alleati di Assad. L’emittente di stato di Damasco ha trasmesso un reportage dal campo, sostenendo che la distruzione delle case è stata per opera dei “terroristi arrivati a causa del complotto di Qatar, Arabia Saudita e Turchia“. Si calcola che due terzi dei 150 mila profughi palestinesi di Yarmuk abbiano lasciato il campo per trovare rifugio in altre zone della Siria e in Libano. Sono oltre 100 mila i palestinesi fuggiti nei giorni scorsi dal campo, posto nella periferia meridionale di Damasco. Lo riferisce il quotidiano arabo “al Sharq al Awsat“, secondo il quale negli ultimi due giorni si registra una fuga dei profughi in particolare verso il Libano. Lungo il valico di frontiera che divide la Siria dal Libano decine di autobus carichi di palestinesi stanno transitando da giorni e almeno 2.800 famiglie sarebbero già giunte sul territorio libanese. In molti si sono stabiliti nella valle della Bekaa e tra loro ci sono anche 3 mila profughi siriani. Le autorità libanesi hanno trovato un accordo con quelle palestinesi per abolire il visto d’ingresso per i profughi che intendono fuggire dalla Siria in Libano. Sono circa 250 le famiglie di profughi palestinesi di Yarmuk che hanno trovato ospitalità nel campo libanese di Ain al Halwa.

Mentre centinaia di palestinesi passano la notte all’addiaccio nel campo di Yarmuk, il responsabile delle violenze avvenute nella zona si trova invece al sicuro nella città alawita siriana di Tartus. E’ Ahmad Jibril infatti, il leader del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina – Comando generale, ad aver coinvolto i palestinesi del campo negli scontri armati tra ribelli siriani e truppe del regime schierando i miliziani del suo gruppo al fianco degli uomini di Assad. Secondo il giornale “al Hayat“, “il suo nome sarà ricordato a lungo da siriani, libanesi e palestinesi” per essere sempre stato al fianco della famiglia Assad.

Pur avendo iniziato la sua vita come ufficiale dell’esercito siriano, non è mai stato un baathista, a differenza di altri palestinesi e quindi non aveva legami ideologici col regime baathista. Eppure il regime siriano lo ha sostenuto e lo ha ricompensato mettendolo al centro della politica palestinese. Damasco non ha dovuto però iniziare dal nulla, come invece ha fatto con il gruppo di Fatah al Intifada, nato da una scissione di al Fatah. Il nome di Jibril risale alla nascita del Fronte di liberazione della Palestina da lui fondato nel 1965. Jibril non era solo un mercenario che cambiava facilmente padrone, come l’altro palestinese Sabri al-Banna (Abu Nidal). A differenza degli altri aveva creato un minimo di organizzazione che ha chiamato il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando generale. Inoltre è rimasto quasi sempre filo-siriano. E ‘questa sua inclinazione pro-siriana che lo ha messo in antagonismo con il presidente palestinese Yasser Arafat, fautore di una “Palestina indipendente”.

Prima di allora Jibril ha rotto con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), che George Habash aveva creato. Jibril non ha seguito la linea intellettuale del Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp) ma la sua bussola si è sempre rivolta in direzione di Assad. Egli è diventato il simbolo per eccellenza della Siria, anzi esclusivamente siriano, della politica di acquisizione della causa palestinese. Si può anche dire che è il simbolo della convinzione nel valore di questa politica. Per la sua lealtà al regime di Damasco ha avuto anche un piccolo ruolo nella resistenza libanese a Israele, riuscendo a collaborare con Hezbollah, cosa che non hanno potuto fare le altre fazioni palestinesi.

Sul problema dei profughi palestinesi che fuggono dalla Siria è intervenuto il premier giordano, Abdullah al Nasur, affermando che “non sarà il nostro paese a pagarne il conto“. Dopo aver incontrato alcuni direttori dei giornali giordani, secondo quanto riporta il quotidiano giordano “al Ghad“, ha spiegato che “tutti i problemi relativi ad Israele non ricadranno su di noi perché questo non va nell’interesse della questione palestinese“. Il segretario generale della Lega Araba, Nabil al Arabi, ha invece duramente criticato il regime di Bashar al Assad accusandolo di “non voler rispondere alle richieste di spiegazioni sui raid eseguiti nel campo di Yarmuk“. Secondo quanto affermato da al Arabi, citato dal sito internet del giornale “al Hayat“, “Damasco si rifiuta di rispondere alle nostre richieste su quanto sta accadendo nel campo profughi palestinese di Yarmuk. Ho chiamato in Siria per contro del presidente palestinese Mahmoud Abbas – ha aggiunto Arabi – ed abbiamo fatto tutto quanto è possibile, ma ci sono difficoltà perché da quando abbiamo congelato l’adesione alla Lega Araba (della Siria, ndr) non ci sono più contatti diretti con loro“. Il segretario della Lega Araba ha confessato di “aver tentato più volte di contattare il ministro degli Esteri siriano, Walid al Muallim, ma vi dico francamente che non mi ha risposto“.

Il ministro degli Esteri siriano, Walid al Muallim, ha invece risposto indirettamente alle sollecitazioni internazionali, inviando una lettera al Consiglio di sicurezza dell’Onu e accusando “i nemici della Siria di modificare la realtà della situazione nel campo di Yarmuk“. Nella missiva, diretta anche al segretario generale dell’Onu, Ban Ki moon, si legge che “non sorprende il fatto che i paesi nemici del governo siriano cambino la realtà rispetto alla situazione di emergenza in cui versa il campo dei profughi palestinesi di Yarmuk“.

Tramite l’emittente del regime, il governo di Assad ha accusato questa mattina “i terroristi di attaccare i palestinesi nel campo“. Intanto il campo di Yarmuk non è l’unico punto strategico per cui combattono i ribelli siriani. L’Esercito siriano libero ha attaccato anche una postazione strategica nella zona di Idlib, nel nord della Siria, allo scopo di bloccare la linea di rifornimento del regime di Assad verso Damasco. Secondo quanto riporta l’edizione online del quotidiano arabo “al Hayat”, si registrano violenti scontri a fuoco tra le truppe del regime e i ribelli che hanno assaltato i posti di blocco presenti nel villaggio di Maruk, lungo l’autostrada che da Aleppo porta a Damasco. In quella zona sono concentrati otto posti di blocco del regime, alcuni centri della sicurezza e caserme militari. Se i ribelli dovessero riuscire a conquistare quella postazione riuscirebbero a fermare completamente i rifornimenti che dalla provincia di Idlib arrivano verso Hama e Damasco.

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