Il capitale sociale rappresenta sostanzialmente l’ammontare delle risorse su cui una società e tutti i portatori d’interesse possono fare affidamento. Può essere un importante indicatore delle dimensioni di un’azienda, ma costituisce soprattutto la garanzia di rimborso in caso di cessione dell’attività. In questa eventualità, i detentori del capitale sociale godono del privilegio più basso, ovvero saranno rimborsati per ultimi: per questo motivo viene anche chiamato “capitale di rischio”. Questa funzione è particolarmente rilevante nell’ambito del settore bancario, in cui l’attività è generalmente gestita sotto forma di una Società per Azioni. Sono proprio gli azionisti a contribuire alla formazione del capitale sociale, attraverso la sottoscrizione di azioni, che includono un rendimento ed il cui valore oscilla sulla base dell’andamento del mercato.

La ricapitalizzazione è il processo attraverso cui l’entità del capitale viene aumentata, oppure torna al suo valore originario in seguito ad una diminuzione. Essendo l’ammontare complessivo riportato nello statuto, una modifica permanente del capitale richiede l’approvazione di un’assemblea straordinaria degli azionisti, mentre le oscillazioni temporanee sono gestite dagli organi di amministrazione. Il capitale sociale viene sottoscritto attraverso il conferimento, da parte dei soci, di denaro, di beni in natura o di crediti attivi: in altre parole, i partecipanti mettono in gioco parte della propria ricchezza affidandola all’azienda stessa, costituendo di fatto un fondo di garanzia. Nelle società per azioni, la ricapitalizzazione si svolge generalmente attraverso l’emissioni di nuove azioni, il cui prezzo può variare a seconda delle prospettive societarie e sulle quali i vecchi azionisti godono spesso di opzioni di privilegio.

Nel contesto bancario, una ricapitalizzazione si rende necessaria quando sussistono problemi di liquidità, ovvero di copertura delle passività accumulate. Gli accordi di Basilea II prevedono che una quota del capitale, pari all’8%, sia impiegata per costituire la riserva obbligatoria, ovvero un fondo che non può essere reinvestito. La scarsa capitalizzazione di una banca può determinare flessioni nel valore delle azioni, il cui rischio è calcolato proprio sulla robustezza dei conti e sulle riserve a disposizione. La diffusione della sfiducia può dunque portare alla cosiddetta “corsa agli sportelli”, auto-alimentando la crisi di liquidità.

In termini di effetti sull’economia reale, una scarsa capitalizzazione complessiva del settore bancario determina una restrizione del credito, in quanto gli istituti non avranno alcun incentivo a rischiare un capitale già scarso. La ricapitalizzazione può avere dunque effetti positivi specialmente in un momento di recessione, poiché la riapertura delle linee di credito verso imprese e famiglie consente una ripresa degli investimenti. Il fenomeno è particolarmente accentuato in Italia, dove le imprese di piccole dimensioni sono largamente diffuse: non essendo quotate, non riescono a finanziarsi direttamente sul mercato obbligazionario, per cui affidano il reperimento delle proprie risorse al credito bancario.

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