La scomparsa di Neil Armstrong, lo scorso 1° settembre, primo uomo sulla Luna che, con i suoi compagni di viaggio, ha realizzato un sogno millenario ha colpito tantissimo l’immaginario collettivo. L’intrapresa, al di là del traguardo, oggi trascurato, è stata un monito per gli abitanti del Pianeta.
Alcuni anni prima dello sbarco sulla Luna il noto volumetto I limiti dello sviluppo commissionato dal Club di Roma, presso il Massachusetts Institute of Technology suscitò tante discussioni. Uno sviluppo crescente è incompatibile con la finitezza del nostro pianeta. Sono le conclusioni tenute in poco conto dall’establishment fino all’avvento dell’ecologismo militante e i Forum mondiali no global .
Il pianeta Terra è come una navicella spaziale, cioè un sistema chiuso munito di riserve limitate di risorse. “La terra chiusa del futuro – secondo K. E. Boulding – esige principi economici che sono piuttosto diversi da quelli della Terra aperta del passato”.
L’economia del cow boy è il simbolo delle pianure illimitate e richiama il comportamento spensierato, sfruttatore, romantico e violento. L’economia chiusa del futuro potrebbe chiamarsi analogicamente “dell’astronauta”, nella quale i cittadini del Mondo dovrebbero limitare lo sfruttamento delle risorse e l’inquinamento.
Secondo gli economisti Jean Philippe Barde ed Emilio Gerelli la protezione dell’ambiente deve passare al vaglio della razionalità economica. Raccogliere le risorse necessarie all’azione e trovare soluzioni, banali ma efficaci, del tipo “chi inquina paga un canone commisurato alla gravità dell’inquinamento”. In quel lontano anno dello scorso secolo Armstrong osservando la Terra dal suo satellite coglieva con la semplicità dello sguardo del saggio la finitezza e la fragilità umana con la stessa emozione dei “sempiterni calli” leopardiani.