Il titolo che avevo inizialmente dato a questo articolo era un altro: “INCREDIBILE DESTINO”, riferendomi al curioso e davvero singolare destino dell’uomo di gran lunga più ricco d’Italia, forse di tutti i tempi, nonché uno degli uomini più ricchi del Mondo, avete ben capito a chi mi riferisco, che ad onta dell’enorme potere acquisito in tutti campi, imprenditoriale, politico, economico, mediatico, per il che, bisogna fargli, in ogni caso, tanto di cappello, non è mai riuscito ad entrare nei salotti buoni della borghesia e dell’aristocrazia.
Del resto ci ha provato ma, credo, con ben poca convinzione e senza neanche troppo accanimento.
Lui è rimasto quello delle leggi ad personam per annullare le condanne e accorciare le prescrizioni, coinvolgendo anche i suoi avvocati; tutti insieme, poi, a furia di dire e di fare sempre le stesse cose, hanno finito col crederci, si sono calati così nei ruoli di grandi legislatori, benefattori, professori, vittime di una dilagante idiozia, il che si traduce in una interessante sindrome da studio psicologico, ma dal punto di vista esistenziale è roba da plebaglia; è quello del non mi ricandido, mi ricandido (niente da fare, sondaggi alla mano), la crisi non c’è, gli italiani vanno al ristorante, poi la crisi c’è, chiedo scusa, pacchianate!
Quello che essendo lui un genio dell’imprenditoria, ed essendo Corona (quel tale tutto tatuato che comanda a bacchetta i brigadieri dei carabinieri) un genio dell’arte, i due “si prendono”, quello dell’apparentamento a tutti i costi con Mubarak, forse discendente dagli antichi Faraoni, valore per il quale non ha esitato a sacrificarsi al punto di telefonare alle due di notte alla Questura di Milano per far consegnare una minorenne ad una spogliarellista affinché la portasse a casa di una prostituta; delle cene “eleganti” ad Arcore, di quelle meno eleganti ma di gran lunga più proficue con “la parte sana” della magistratura e delle istituzioni, alle quali poi (sempre per l’idiozia di cui sopra) qualcuno ha detto “stop!”, quello dell’abbronzato ad Obama, condito con la richiesta di sbarco dei marines per porre fine al golpe dei magistrati, del “Mr. Obama! Mr. Obama!” al predetto, a squarciagola nei timpani della Regina d’Inghilterra a Buckingham Palace, delle pacche sulle spalle al Re di Spagna, del “kapo’” al deputato tedesco Schultz, della “culona” alla Merkel, delle corna nella foto ufficiale dei ministri degli esteri, in Spagna, della bestemmia ammessa nel “contesto” barzellettiere cattolico, del “todos caballeros”, tutti i suoi avvocati, medici, giardinieri, sciampiste, igieniste e ciabattini, nominati onorevoli, del suo dipendente in bilico… pensionamento… galera… pensionamento… galera… alla fine Ministro (recordman dei 15 minuti da Segretario di Stato); è sempre quello degli invitati ricchi, attempati e marpioni, che si tuffano in una piscina, dove cicalecciano sguazzanti fidanzatine, completamente nudi e con l’alzabandiera già innestato, e tante altre cose, però… avete mai notato? Ogni volta che incontrava, pure da Premier, che so… Marcegaglia, Montezemolo (così fighetto), Moratti, i Falck, poniamo, non parliamo poi dei vari Della Valle, De Benedetti, di Murdoch non ne parliamo proprio, dei blasonati non facciamo neanche cenno, ad eccezione di Emanuele Filiberto (del resto ogni eccezione ha la sua regola, come diceva Totò, però che eccezione! E’ pur sempre il futuro cocchiere del Re d’Italia); oggi, poi, Monti, quantomeno complici Fornero e Severino… che accade? Chi si ricorda improvvisamente di un appuntamento, chi ha un altro impegno, chi non si è neanche accorto della sua presenza, chi, guarda caso, proprio in quel momento ha cambiato strada; Daniela fa la “pasionaria”, ma ai suoi sardanapalici party non s’è mai visto; ma pure il sindaco di Milano, per dire, persino Formigoni e Albertini storcono il naso (vabbè quest’ultimo ce l’ha già storto di suo); alla prima della Scala non è mai andato per non rimediare magre. Mi fa specie dirlo, ma addirittura un Maroni mantiene le distanze, e pure… scandalo! Scandalo! Marchionne! Gli Elkann no; non è che leggano nel suo stesso libro, in fondo sono sempre i nipotini di Gianni “ce n’è uno tutti gli altri son nessuno”, di cui il nostro ha sempre invidiato la “r” arrotolata e il cinturino dell’orologio sul polsino della manica destra, ma è che loro sono il trait d’union, l’anello mancante (c’è sempre), così come un certo Flavio Briatore (quello che è andato a trovare di recente, dove? A Malindi, refugium peccatorum degli Italiani in cerca di oblio, con tanto di promessa sposa e concubine), l’anello mancante per antonomasia tra un gentleman e un buzzurro.
Non si presenta diversa, ahimé, la sorte dei suoi figli. Troppe uscite sui giornaletti da parrucchiere, su barche da Emirati Arabi, dove, peraltro ci “stiamo tutti”, troppi andirivieni sui Tribunali, troppi “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”, “non ne sapevo niente”, ecc. Eh! Qua ci vogliono almeno tre generazioni, a Dio piacendo.
I suoi amici sono gente vera, grezza, allo stato brado, umanità della suburra, come Scilipoti che lo tiene sempre aggiornato sui tassi di interesse dei mutui immobiliari, lui continua a dirgli, ispirandosi a Totò in “I due colonnelli”, “con questi mi ci pulisci il culo!” e lui, senza scomporsi, si predispone; Carfagna, verso la quale ha sempre avuto una sorta di rispettosa sottomissione, forse per inadeguatezza sessuale; il Mariano nazionale, no… non l’anno, quello che una volta viveva “alla giornata”, altro che anno (po’ dice che non è vero che fa miracoli)! Il suo Mogol personale (la vulgata sostiene che la moglie sia andata a piedi a Lourdes e, a scanso che fosse sottovalutato il fioretto, se l’è fatta due volte andata e ritorno); Putin che gli procura le hostess; amico era Gheddafi che gli procurava le amazzoni, e al quale faceva il baciamano, salvo a lasciarlo “in brache di tela” (come si suol dire, ma lui dice “sic transit gloria Mundi” che non c’entra niente) al momento del bisogno, come si usa, appunto negli angiporti bui e fumosi delle storie “de vita”, dove capita, a volte, di incontrare altri amici, tipo Lavitola, Tarantino, Papi (non lui, un altro); tale era Bossi (fin quando non è stato defenestrato, ma a lui strizza ancora l’occhio da sotto il cerone, se non altro perché è ancora in vita) al quale non è mai parso vero di essere balzato, grazie a lui, dai fienili del Varesotto, ai fasti di Montecitorio; amico è “ancora” Vespa col quale è impegnato nell’eterno duetto sull’”amore” (ma nulla è “eterno”; l’amore poi… è eterno finché dura, come dice Verdone), come Fausto Leali e Luisa Corna in “Ora che ho bisogno di te”, “amore è passione” dice il nostro, “amore è vita” risponde l’altra voce solista, “amore è follia” replica il nostro, “amore è mistero” controbatte l’altro, e poi… amore… amore… amore… ogni tanto la mia Italia, la mia Michele, la mia… Silvia rimembri ancor… pardon Francesca rimembri ancor quella lunga notte a Palazzo Grazioli, e Bruno… rimembri ancor quella mia trasmissione… come si chiama? Quel mio libro natalizio… amore… amore… amore per sempre, e questo ci porta ad “Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende”, Bruno, “Amor, ch’a nullo amato amar perdona” Silvio, “Amor condusse noi ad una morte” Bruno (mentre l’altro fa i famosi debiti scongiuri), “L’amor, che move il sole e l’altre stelle” Silvio (mentre l’altro, con gli occhi lucidi, scrive dediche a lui, a Crepet, Matone, Palombelli e qualcun altro, sulle prime pagine interne; siamo ai servizi igienici delle stazioni di servizio sulle autostrade e tangenziali, anche se Ignazio ‘o guerriero preferirebbe le “ritirate” militari) e così via. Ecco uno spaccato della cultura dell’amore, dove Silvio e Bruno sono maestri. Ci sono certo anche altri amici, tra vescovi, cardinali, uomini “di panza”, capibastone, ragionieri, tesorieri, direttori di giornali e telegiornali (quelli non licenziati), e così via.
Era solo per dare un’idea, ma non ho nulla da obiettare, le scelte esistenziali sono libere, anzi tutto questo va a merito, secondo me, della persona di cui si parla.
Il punto è:
è meglio la verace e crassa svaccata, la sincerità e autenticità di comportamenti, costi quel che costi, o il melenso e radical chic dei club? La rozzezza e schiettezza di un Garrone, o di un Franti, cattivo per convinzione (due facce della stessa medaglia), oppure l’ipocrisia dell’ingegnere che ci tiene a richiamare il figlio a non pulire lo sporco di tufo sul divano, lasciato dal “muratorino” figlio del muratore, per non offenderlo (si pulirà dopo), o la superbia “dal volto umano” di un Votini?
Cito De Amicis in quanto conservatore e quindi “insospettabile”.
Tutto questo, con doverosa gratitudine da parte mia, mi ha dato forte ispirazione, e mi introduce al vero tema che intendo trattare qui, che ha a che fare con la cultura, ma non dell’amore, bensì qualcosa di più venale e, paradossalmente di più sublime, ed ecco che interviene necessità di cambiare anche il titolo: “La cultura dei soldi”.
Ma, a questo punto, ne parleremo la prossima settimana. (fine prima parte)