ROMA. Un tuffo nella storia dell’India. La Fondazione Roma ospita a Palazzo Sciarra un’esposizione dedicata all’imperatore Akbar (Umarkot, 1542 – Agra, 1605), uno dei più grandi sovrani della storia. Una mostra mai realizzata prima in Italia ed unica al mondo per il numero delle opere presentate (oltre 130) e per la completezza temporale, dal momento che copre l’intero regno dell’imperatore.
L’ultima esposizione sul tema fu realizzata a New York dalla prestigiosa Asia Society Gallery nel 1985-86, con circa 80 opere in mostra relative agli anni 1571-1585. La mostra “Akbar. Il Grande Imperatore dell’India” resterà aperta fino al 3 febbraio 2013. L’evento è patrocinato dal Mibac – Ministero per i Beni e le Attività Culturali – e dal Ministero della Cultura Indiano ed è realizzato grazie al coinvolgimento dell’Ambasciata d’Italia a New Delhi. “Questa mostra ha un significato particolare: l’imperatore Akbar è un sommo esempio di come la cultura possa fungere da volano per la comprensione reciproca tra civiltà e religioni diverse”, ha affermato Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione che “persegue da sempre questo obiettivo, anche nell’ambito delle molteplici attività espositive del proprio Museo, tra cui ricordo la mostra dedicata all’imperatore Qianlong e alla Cina della Città Proibita, che per prima ha allargato lo sguardo all’Oriente e alle sue civiltà millenarie. L’imperatore Akbar non cambiò solo l’India, ma riuscì ad affermare nel mondo un progresso intellettuale che coinvolgeva al contempo la sfera spirituale e quella secolare degli individui del suo Paese. Il percorso espositivo, ricco e originale, non intende solo raccontare la storia di Akbar; i visitatori saranno indotti a una profonda riflessione sui concetti di tolleranza, apertura, comprensione del diverso da sé”. Curata da Gian Carlo Calza, l’esposizione presenta opere prodotte durante il regno dell’imperatore Akbar, selezionate per illustrare le grandi trasformazioni storiche di un’epoca ricca di eventi politici e sociali e per raccontare la personalità di un uomo che ha dato un particolare apporto al dialogo artistico, culturale e religioso.

La guerra e le riforme
Il regno di Jalaluddin Muhammad Akbar durò dal 1556 fino al 1605. Egli fu il più importante imperatore Moghul, divenuto Akbar – cioè il Grande – grazie alle molte conquiste militari, ma anche alle riforme amministrative, alla sua capacità di far convivere religioni diverse e di promuovere all’interno del proprio regno cultura, arte e bellezza. In concomitanza con la mostra, la Fondazione Roma-Arte-Musei organizza la rassegna cinematografica “Bollywood Film Meeting Roma”, che intende offrire un ampio sguardo sulle nuove tendenze che si vanno affermando nella produzione cinematografica in lingua hindi di Mumbai. La manifestazione, ideata da Gian Carlo Calza e curata da Sabrina Ciolfi, indologa ed esperta di cinema indiano presso l’Università degli Studi di Milano, si terrà a Roma, presso il Teatro Quirinetta, dal 29 novembre al 9 dicembre 2012. La mostra riunisce un vasto corpus di opere d’arte, nell’intento di raccontare l’India classica che circola nell’immaginario collettivo dell’Occidente, fatta di imperatori Moghul, raja e maharaja, meta di esploratori, mercanti e conquistatori, che giungevano da tutto il mondo in quella terra misteriosa, ricchissima e affascinante. Per illustrare questa realtà è stato selezionato un nucleo straordinario di oltre centotrenta opere, che raccontano l’epoca di Akbar, il terzo e principale sovrano della dinastia imperiale dei Moghul, la quale durò fino all’annessione del subcontinente alla corona britannica nel 1858. Di stirpe islamica, i Moghul erano stati fondati da Babur, primo conquistatore dell’India, discendente di Chinggis Khan (1162?-1227) e di Timur (1369-1405), che visse dal 1483 al 1530 e regnò dal 1526 fino alla morte. Dopo Babur, i suoi figli – Kamran Mizra e Humayun, padre di Akbar – si spartirono il regno, ma presto sopraggiunse una guerra fratricida che spinse Humayun a rifugiarsi in Persia. Durante le sue peregrinazioni, nel 1542 nella fortezza Rajput di Umarkot (attuale Pakistan) nacque Akbar, che dovette essere lasciato a uno zio in Afghanistan. Il futuro imperatore crebbe cacciando e combattendo tra i soldati e non gli si poté insegnare a leggere e scrivere: rimase così analfabeta per tutta la vita, ma questo non gli impedì di maturare un gusto per l’arte, la musica, la letteratura e l’architettura. Nel 1556, a soli tredici anni, succedette al padre, che aveva da poco riconquistato l’impero, e, grazie al genio militare di Bairam Khan, valente e fedele generale dell’esercito Moghul, conquistò gran parte del subcontinente e a diciotto anni assunse il controllo del regno. Si aprì così una nuova era per l’India: il giovane guerriero si rivelò uno dei sovrani più illuminati della storia. Il musulmano Akbar ripudiò ogni forma di estremismo religioso e mirò all’integrazione delle varie etnie e delle religioni autoctone con l’Islam; chiamò a corte eminenti esponenti di ogni credo, nominandoli ministri; eliminò la jizya, tradizionale tassa imposta ai non musulmani, e volle allearsi con i rajput, antica casta di guerrieri indù, sposando Hira Kunwari, figlia del Raja Bharmal. Inoltre abolì il concetto di religione di stato e introdusse princìpi di tolleranza ed eguaglianza tra le fedi, che rimangono eccezionali nell’intera storia dell’umanità. Spinto dalla sua tolleranza religiosa, tentò la creazione di una fede sincretica, che fondesse l’islam con l’induismo; fece costruire, tra le molte città, anche la capitale Fathpur Sikri, la Città della Vittoria, dove visse per quattordici anni (1571-1585); sviluppò e diffuse le arti che suo padre Humayun aveva importato dalla Persia e, con alcuni pittori persiani, creò uno studio con oltre cento artisti per realizzare opere eccelse, il cui stile si diffuse in tutte le province del suo regno. La mostra “Akbar. Il Grande Imperatore dell’India” ne sottolinea i successi culturali e artistici, oltre che politico- militari, il profondo spirito religioso e l’eccezionale apertura mentale.

 

Il percorso in cinque sezioni
Divisa in cinque sezioni, per interpretare al meglio l’opera dell’imperatore e il suo ambiente storico-sociale, la mostra rievoca il favoloso splendore della corte Moghul attraverso acquarelli, dipinti, illustrazioni di libri, rarissimi frammenti di tessuti, tappeti, oggetti e armi tempestate di pietre preziose, introducendo il visitatore all’internazionalismo di Akbar e al suo influsso sull’Europa del Sei, Sette e Ottocento.

I Sezione. Vita a Corte, governo e politica. La prima sezione racconta alcuni momenti della vita pubblica e privata dell’imperatore, attraverso opere come Akbar riceve gli omaggi e La nascita di Salim nel 1569. Salim, primogenito di Akbar, nacque dall’unione con Hira Kunwari. Diventerà imperatore con il nome di Jahangir, il conquistatore del mondo. Egli vide la luce a Fatehpur Sikri, dove Akbar aveva costruito la sua nuova capitale come ringraziamento per il figlio inaspettato. Le vesti dai colori sgargianti e la ritualità degli usi e costumi di quell’ambiente sono mirabilmente espresse in queste opere, dove le architetture del nuovo regno fanno da sfondo alle preziose tempere e acquerelli su carta arricchiti con l’oro.

II Sezione. Città, urbanistica e ambiente. La seconda sezione illustra, attraverso raffigurazioni d’epoca, la costruzione delle città e lo sviluppo dell’architettura e dell’urbanistica. Si vedono uomini e animali – tra cui i grandi elefanti indiani – impegnati nell’edificazione di mura e palazzi, secondo il nuovo stile voluto da Akbar, come per esempio in Akbar ispeziona la costruzione di Fathpur. In mostra anche immagini che raccontano l’impegno degli imperatori precedenti nelle opere pubbliche, come si può vedere in Babur supervisiona la costruzione di un bacino presso la fonte di Khwajah sih yaran vicino Kabul, proveniente dal Baburnama (Biografia di Babur).

III Sezione. Arti e artigianato. In questa sezione vengono esposti alcuni manufatti, sia per uso locale sia per l’esportazione in Occidente, come antichi tappeti e coperte nuziali, porta gioielli e cassettoni finemente intarsiati d’avorio, ottone e madreperla, allo scopo di documentare la ricchezza e la ricercatezza della corte di Akbar. Sono presenti lavori elegantemente decorati, con animali e motivi fitomorfi, come in Tappeto con coppie di uccelli su paesaggio e nel Frammento di tappeto. In mostra anche manoscritti, sculture, tessuti indo-portoghesi e oggetti di arredamento provenienti da alcune delle principali raccolte indiane, europee, statunitensi e arabe.

IV Sezione. Guerra, battaglia e caccia. Nella quarta sezione, opere come Babur a caccia di rinoceronti vicino a Bigram (Peshawar) il 10 dicembre 1526 e L’avventura di Akbar con l’elefante Hawa’i, narrano scene, mitiche e storiche, di combattimento e di lotta, e mostrano la pratica delle grandi spedizioni di caccia fatte con i mastodontici elefanti. Tra questi, spesso ritratto come montatura di Akbar, emerge Hawa’i, che, secondo la leggenda, fu uno dei più forti elefanti esistenti, difficilissimo da gestire, ma dominato dal grande imperatore. Vengono esposte anche armi da combattimento e da parata, spesso decorate da pietre di grande caratura, come la Daga con elsa in bronzo dorato, incastonata di rubini o la Spada curva a un taglio, in acciaio damaschinato, legno e velluto.

V Sezione. Religione e mito. La quinta sezione racconta la religione del tempo, il rapporto tra i differenti culti – principalmente islamico e hindu, ma anche jain, zoroastriano e cristiano – e il sentimento della tolleranza tanto diffuso da Akbar. Illustrazioni mitologiche, sacre e letterarie sono rappresentate in opere come la tempera su carta intitolata Un angelo in conversazione con un gruppo di europei e la miniatura La trasformazione dell’oceano latte in burro (di), che narra la grande impresa di dei e demoni per raggiungere l’ambrosia, nettare della vita eterna. L’esposizione dedicata ad Akbar mostra come lo scambio tra i popoli contribuisca, insieme con il dialogo artistico, culturale e religioso, alle grandi trasformazioni storiche, per le quali sono fondamentali personalità carismatiche e magnifiche come l’imperatore indiano.

Di Golem

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