La serie di esplosioni avvenute il 23 ottobre scorso nel complesso industriale militare di Yourmuk, nella periferia di Khartoum, sono il frutto di un attentato terroristico o di un raid aereo israeliano, inizio di una preannunciata guerra contro l’Iran? A questa domanda ha cercato di rispondere il sito di intelligence sudanese “Sudan Motion” secondo il quale “ si è trattato di un raid aereo israeliano e potrebbe rappresentare l’inizio della guerra israeliana all’Iran”.

Analizzando l’episodio che ha provocato una serie di esplosioni all’interno di una fabbrica di armi in Sudan, i media locali senza eccezioni propendono infatti per questa ipotesi. Le smentite degli israeliani, che invece hanno parlato di un attentato, e le dichiarazioni della prima ora dei portavoce militari, che hanno parlato di un incidente, non sono state ascoltate dagli osservatori locali. Sin dalle prime ore dopo l’attentato testimoni parlavano di aerei che avevano sorvolato la zona prima delle esplosioni.

L’annuncio fatto dal ministro dell’Informazione di Khartoum, Ahmed Belal Osman, il quale ha accusato formalmente lo stato ebraico per l’esplosione avvenuta nel complesso industriale di Yourmuk, che si trova nella periferia della capitale, ha colpito i media occidentali ma non ha stupito quindi quelli locali. Questo perché il complesso industriale militare di Yourmuk è un obiettivo strategicamente molto importante per l’esercito sudanese. Sorto ufficialmente negli anni novanta, l’inizio delle sue attività sono ancora avvolte dal mistero. Se non ci fosse stato questo raid aereo ieri le autorità sudanesi mai avrebbero parlato di quell’area industriale che dista 20 chilometri dal centro di Khartoum. Eppure si trova molto vicino a una serie di depositi di greggio, i più importanti della città. Per questo le misure di sicurezza in quell’area sono sempre state massime. Non è concesso a nessuno di avvicinarsi con la propria auto.

Più volte in passato si è parlato della presenza al suo interno di esperti militari iraniani impegnati nella produzione di armi “proibite” per il proprio paese. Si è parlato anche di armi costruite per poi essere vendute ai gruppi armati palestinesi, come quello di Hamas, o di razzi usati per colpire i civili nel Darfour e nel sud del Sudan. Non esistono documenti ufficiali che provino queste notizie anche se si ritiene che il raid israeliano fosse finalizzato proprio a porre fine queste attività. A parlare della produzione di armi per l’Iran e per Hezbollah di recente è stato il giornale “Rai al Shab” che fa capo all’opposizione sudanese e che è stato più volte chiuso dalla polizia di Khartoum. Informazioni più precise sul complesso industriale militare di Yourmuk vengono dalla rivista “al Sudani“, secondo la quale l’area industriale ha avviato le proprie attività 17 anni fa ed è stata diretta per un periodo dal capo dei servizi segreti sudanesi, Salah Qauish. La stessa fonte sostiene che al suo interno si produceva il 40 percento della produzione di armi del Sudan. Un analista militare sudanese, citato dalla stessa rivista ricorda che il Sudan è il terzo paese con la maggiore produzione industriale di armi in Africa dopo l’Egitto e il Sud Africa.

Sempre l’analista, ricorda inoltre che nella parte meridionale di Khartoum dove si trova il complesso industriale colpito, ci sono numerosi radar che sarebbero in grado di scoprire un eventuale raid aereo straniero. Per questo non esclude che la fabbrica colpita sia stata attaccata con i cosiddetti missili intelligenti che hanno colpito obiettivi mirati in modo molto preciso. Questo spiegherebbe quanto detto da alcuni testimoni che hanno sentito un fischio ed una pausa prima dell’esplosione. Altre fonti hanno ricordato che nel quartiere vicino, quello chiamato Maggio, c’è un centro di ricerca per lo sviluppo di armi e razzi. Gli osservatori locali ricordano vicende simili avvenute in passato nella capitale. Un’esplosione ha colpito negli anni scorsi la fabbrica al Shajra e un altro una fabbrica che si trova vicino alla sede generale dell’esercito. Sembra inoltre che la polizia sudanese già 24 ore prima del raid fosse stata messa in stato d’allerta per possibili attentati in vista delle festività del Sacrificio islamico. L’ordine era di presidiare gli obiettivi sensibili e strategici del paese all’interno della provincia di Khartoum.

Il direttore della polizia della capitale sudanese, il generale Mohammed Ahmed Ali, ha ricordato, nel corso di una conferenza stampa, che la polizia aveva preparato alcuni piani per mettere in sicurezza la zona. Il giornale “al Hayat” ritiene credibile la ricostruzione fatta dal governo, che accusa Israele di aver effettuato un raid aereo, aggiungendo che prima dell’esplosione l’ambasciata degli Stati Uniti a Khartoum aveva chiuso i propri uffici. In molti hanno pensato in città che “se gli americani hanno deciso di chiudere l’ambasciata prima dell’attacco è perché sono stati informati dagli israeliani ed hanno tenuto nuove proteste dopo quelle già avvenute per la diffusione del film su Maometto.

Negli ultimi tre anni Israele ha colpito tre volte il territorio sudanese, compiendo sempre raid nella parte orientale del paese. Lo scorso maggio ha colpito con i suoi caccia un’auto che trasportava un uomo d’affari a Port Said, sul Mar Rosso. Nell’aprile del 2011 ha colpito un’altra auto vicino all’aeroporto di Port Said con a bordo un esponente di Hamas che contrabbandava armi con l’Iran per conto del gruppo. Nel 2009 invece ha colpito un convoglio di auto che viaggiava lungo la costa del Mar Rosso per portare armi a Gaza tramite il Sinai egiziano, uccidendo 20 persone. Più volte, sin dagli anni ottanta, sono state scoperte in Israele società di comodo che coprivano le attività del Mossad.

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