Il costo del sito dell’Inail (istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro) potrebbe aggirarsi intorno ai 25 milioni di euro. Questa è la base d’asta del bando indetto nel mese di settembre dall’ente stesso per due tipi di servizi: 1) sviluppo software, gestione di siti web per 20.113.000 euro 2) publishing redazionale per 4.666.200 euro. Iva esclusa.
In sostanza deve essere rifatto il sito e tutte le sue componenti informatiche che erogano servizi agli utenti, come, ad esempio, il sistema che dopo la registrazione, consente di usufruire di servizi come il controllo della propria posizione, la modulistica e cose analoghe. Oltre questo, c’è il servizio di publishing, cioè di pubblicazione di contenuti e materiali.

L’interrogazione parlamentare

A seguito della pubblicazione del bando, l’onorevole Borghesi dell’Idv ha presentato un’interrogazione parlamentare al fine di chiedere delucidazioni circa un’operazione che appare economicamente sproporzionata, soprattutto in un momento in cui l’ “austerity” e la “spending review” stanno centellinando tutte le spese degli italiani. A questo si aggiunge il non certo felice momento dell’Inail, che appare essere in forti difficoltà a svolgere anche il proprio ruolo istituzionale per mancanza di fondi: prevenire efficacemente gli infortuni sul lavoro e risarcire quelli che, purtroppo, più o meno fisiologicamente, si verificano.
L’interrogazione chiedeva al ministro Elsa Fornero se non fosse opportuno tirare il freno e valutare più approfonditamente i presupposti che hanno portato alla stesura della gara d’appalto e, di conseguenza, alla definizione della cifra alla base dell’asta.
Il ministro si è limitata a (ri)leggere il comunicato stampa dell’Inail, il quale sottolinea che attraverso tale investimento, verranno risparmiati 5 milioni di euro, nella gestione ordinaria, nei prossimi 3 anni. Qui il ragionamento vacilla: spendo 25 per risparmiarne 5. In tre anni.
L’ottimizzazione di un sistema informatico, sicuramente necessaria nel caso specifico dell’Inail, dovrebbe garantire, a fronte di un investimento ragionevole, un piano di risparmio di più ampio respiro e di maggiore consistenza, tale da giustificare l’investimento stesso. Non ci appare questo il caso. Ma andiamo avanti analizzando, in termini pratici, i meccanismi che si verificano nella realizzazione di un progetto informatico di questo genere.

I siti istituzionali: Il branco di vacche grasse

Che i siti degli enti pubblici fossero una fonte di spreco di denaro pubblico incredibile è conclamato, al di là delle lamentele populiste del “magna magna” (vox populi vox dei ).
Da sempre sono l’occasione per accaparrarsi cifre astronomiche per servizi che possono essere garantiti ugualmente bene, se non meglio e con minor spesa . Ce lo ricorda ad esempio il caso del portale Italia.it (45 milioni di euro per pochi giorni online). Forti dubbi sono stati sollevati sovente da osservatori attenti, anche della stampa, sulla effettiva destinazione finale dei fondi. Tutti destinati al progetto? O una parte consistente destinata a finalità diverse e poco limpide? Nel sistema Italia, permettetelo, il dubbio è legittimo.

Un esempio di spreco in un progetto informatico: la lunga catena del body rental

Quello che non tutti sanno è che le società che vincono gli appalti informatici non erogano il servizio direttamente con i propri dipendenti, ma attraverso il cosiddetto body rental. Prima di entrare nel merito diciamo subito che non si tratta di nulla di illegale. Il body rental è semplicemente la prestazione che una società eroga inviando i propri dipendenti direttamente presso la sede del cliente. Ti servono 10 informatici? Io li ho e te li mando in sede per il progetto che devi realizzare, per il tempo necessario. Il costo di ogni risorsa umana è calcolato su base giornaliera e varia, giustamente, secondo vari fattori come le competenze e l’esperienza.
Il body rental dovrebbe garantire una serie di vantaggi al cliente: un contenimento dei costi, avere personale specializzato che non ha bisogno di formazione e che non rimane a suo carico una volta terminato il progetto, ecc…
Tutto bene, dunque. Quasi.

La prassi consolidata è quella che potremmo definire la “catena del subaffitto”. Mi spiego con un esempio pratico.
Abbiamo un ente A che indice una gara d’appalto vinta dalla società B.
Secondo la logica del body rental B dovrebbe inviare ad A le risorse umane necessarie allo svolgimento del progetto, erogare il servizio e incassare la fattura.

La realtà è che la società B non ha il personale necessario, che sarebbe un costo interno permanente, anche quando non impiegato in qualche progetto, quindi lo chiede a sua volta ad una società che chiameremo C. Ecco dunque che il costo di ogni singola risorsa sale. Sale di una percentuale pari al costo che C pattuisce con B. Ma non ci fermiamo qui. Spesso neanche C vuole sostenere costi di personale oppure non ha disponibilità di risorse con le caratteristiche richieste, ma vuole rimanere nella catena di valore, quindi si rivolge alla società D. Il costo/risorsa continua a salire.

formuletta
Il cliente finale A paga = Prezzo base della risorsa pattuito con B attraverso la gara d’appalto + la percentuale di C + la percentuale di D

In sostanza una risorsa umana che costerebbe 300 euro al giorno, finisce per costare il doppio.
Il prezzo del progetto sale esponenzialmente. Ci sono figure professionali che arrivano a costare migliaia di euro per giorno.

Va da sé che nessuno dei livelli vuole far sapere a quello superiore che sta, a sua volta, subaffittando la risorsa da un altro più in basso per non correre il rischio di essere bypassato.
Cosa succederebbe alla società C se B e D si accordassero direttamente tra di loro? B risparmierebbe, D guadagnerebbe una percentuale comunque superiore e B sarebbe tagliato fuori.

Si può facilmente immaginare come un progetto che può essere svolto con 8/10 milioni di euro venga impostato su una base molto più alta.

Nel periodo delle vacche magre una gestione che definiremmo, bonariamente, “distratta” dell’intero processo di produzione e delle risorse, non è più percorribile economicamente, né accettabile moralmente.

Con questo non si vuole sminuire assolutamente le figure professionali e le società che operano nel campo dell’ICT, né risolvere come banali problemi complessi, sia inteso.

Inail e governo: alcune domande a cui si deve rispondere

L’interrogazione parlamentare ha sollevato già da sola un quesito importante: dov’è lo studio di fattibilità sulla base del quale l’Inail ha stabilito la cifra di base d’asta? Non è sufficiente un lacunoso comunicato stampa per dare la risposta necessaria.

La seconda domanda riguarda il servizio di publishing cui fa riferimento il bando. Il publishing NON è la redazione e la pubblicazione dei contenuti su di un sito, quella è l’editing.
Il Publishing è propriamente, per intenderci, quello che fa una casa editrice. Cosa c’entra il publishing con il bando della piattaforma informatica dell’Inail? E’ anche una casa editrice?

Terzo. Dalle parole del ministro Fornero sembra che l’operazione miri anche ad inglobare siti di altri enti. Quali? Sulla base di quale piano programmatico di riorganizzazione?

In conclusione si ha l’impressione che si tratti della classica gara d’appalto all’italiana, trattata con estrema superficialità nella speranza, o forse certezza, che nessuno si sarebbe soffermato a cavillare sul milione più, milione meno. Attendiamo le risposte e le giustificazioni di ogni singolo milione.
Interrogazione parlamentare n. 3-02538 – Sito Inail

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