L’allarme è scattato quando, all’inizio di ottobre, è emerso che alcuni importanti programmi comunitari, come quello per la ricerca (progetto spaziale e tecnologie avanzate), per la crescita e l’occupazione (Fondo sociale e Fondo europeo di sviluppo regionale), per l’istruzione (Erasmus), avevano esaurito la propria dotazione annuale di risorse.
«Il Fondo sociale non ha più un euro — aveva dichiarato alla stampa il presidente della Commissione Bilancio del Parlamento europeo, Alain Lamassoure — il programma Erasmus finirà i soldi da qui ad una settimana, i fondi Ue per ricerca e innovazione resteranno senza risorse a fine ottobre». Uno scenario apocalittico che ha sollevato un polverone di polemiche e preoccupazioni, specie da parte degli studenti in attesa delle borse di studio, rassicurati poi dal responsabile al bilancio, Janusz Lewandowski. A quanto affermato da Lewandowski, infatti, il 70 per cento degli studenti partiti o in partenza nel 2012 ha già ottenuto l’assegno europeo, e al restante 30 per cento provvederanno con i propri fondi cassa le Agenzie Nazionali LLP (da Lifelong Learning Programme o Programma per l’Apprendimento Permanente), che gestiscono direttamente i finanziamenti stanziati dall’Unione Europea al progetto. Nel caso dell’Italia, l’Agenzia ha reso noto che le risorse ricevute dalla Commissione sono sufficienti a coprire le borse degli studenti in mobilità già da questo giugno e in partenza fino a dicembre: per tutti gli altri (sono 1700 solo coloro che dovevano partire tra il primo e il secondo semestre dell’anno accademico in corso, 2012/2013), recita la nota diramata dall’Agenzia, “la Commissione Europea è fiduciosa di una pronta risoluzione del problema in virtù dell’importanza di Erasmus, il programma di grande valore e fama che festeggia quest’anno i 25 anni”.
Ospitalità in università dell’Unione europea ed esami riconosciuti
L’Erasmus, acronimo di European Community Action Scheme for the Mobility of University Students, è un programma d’istruzione volto a migliorare la qualità degli studi universitari e a rafforzarne la dimensione europea. Dal 1987 ha permesso ad oltre 2 milioni di ragazzi di trascorrere un soggiorno di studio presso un’università dell’Unione europea, usufruendo di importanti vantaggi: dal riconoscimento di esami e crediti conseguiti all′estero e l’esonero dalla tassa di iscrizione all’università ospitante, ad una borsa di circa € 230,00 al mese, per un massimo di un anno. Sono due le principali voci di spesa a carico dell’UE: gli impegni di spesa ( analisi e valutazioni su progetti, contratti o ricerche) e i pagamenti degli assegni, stabiliti in sede di pianificazione finanziaria in base ad una stima orientativa, modificata poi in corso d’opera attraverso una correzione di bilancio, in modo da erogare fondi a copertura solo delle spese realmente effettuate. Questo passaggio burocratico, dal 2010 si è trasformato in un negoziato, poiché alcuni Stati membri come il Regno Unito cercano di sfruttare questi assestamenti di bilancio per ridurre le voci di spesa della Comunità europea.
La crisi travolge l’istruzione: tagli radicali ai fondi
Proprio in virtù della sua importanza, la Commissione Bilancio del Parlamento Europeo ha approvato nei giorni scorsi alcuni emendamenti al piano finanziario, stanziando 420 milioni per le fatture più urgenti al fine di evitare il blocco totale dei pagamenti. Il 23 ottobre sarà presentata al Consiglio Europeo, e dunque ai ministri nazionali competenti, una bozza di variazione sul budget dei fondi comunitari, che, se approvata, andrà a coprire il buco di 10 miliardi che si è creato da gennaio ad oggi. Il bilancio europeo per il 2012, ha sottolineato Lewandoski, “era amputato sin dall’inizio”: a novembre 2011, in sede di adozione del bilancio 2012 da parte del Parlamento europeo e dal Consiglio, la Commissione aveva giudicato insufficienti le risorse destinate ai progetti sociali, mancando all’appello ben cinque miliardi di euro, destinati ad aumentare (come poi è avvenuto) per via del meccanismo dell’aggiustamento; ma nulla era stato disposto in merito dai due organi legislativi.
Del bilancio annuale dell’Unione europea ( 142 miliardi di euro nel 2011), il 45% è stato destinato ai programmi volti a rendere l’Unione più competitiva e coesa dal punto di vista dello sviluppo economico; il 31% è andato a sostegno dell’agricoltura e l’11% dello sviluppo rurale. L’istruzione e la ricerca restano dunque molto svantaggiati dalla spartizione. E non solo: il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, nel suo intervento al Consiglio Ue del 4 ottobre scorso, a Lussemburgo, ha ampiamente criticato la mancata assegnazione di una riserva di almeno il 25% del bilancio al Fondo sociale europeo, che “rischia di vanificare gli sforzi finora profusi nel sostegno all’occupazione e al reddito delle famiglie”. Alle spese di funzionamento delle istituzioni (in particolare la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE) e di traduzione e interpretazione dei documenti ufficiali, sono destinati solo otto miliardi all’anno e, dunque, tagli da questa parte non possono esser fatti. “L’Europa costa ai cittadini mezzo caffè al giorno; chiedetevi quanto costano Roma e il Lazio, probabilmente come un piatto di ostriche. E non vi offrono gli stessi vantaggi”; così ha difeso i conti del Parlamento europeo il suo vicepresidente Gianni Pittella.
La crisi economica incomincia a mettere a rischio le risorse dell’Unione, che dipendono dai finanziamenti erogati dai singoli stati, in base ad una percentuale su gettito e Pil nazionali (in costante calo per la difficile congiuntura economica), che governi come quello inglese chiedono di ridurre, in linea con le misure di austerità adottate a livello nazionale. Per rilanciare la crescita, servirebbe un trilione di euro, di cui Gran Bretagna, Francia, Finlandia, Paesi Bassi, Germania, Austria e Svezia non vogliono farsi carico e, anzi, hanno proposto una riduzione dell’importo totale del bilancio UE. Per andare incontro alle richieste di questi Stati, la Commissione ha proposto di incrementare le cosiddette “risorse proprie” dell’Unione attraverso nuove forme di tassazione, come la Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, che però non ha convinto il Regno Unito, la Germania e la Svezia (la Francia è invece tra i suoi più forti sostenitori).
Il gruppo informale “Amici della coesione”, costituito dai quindici stati membri “zoppicanti” dell’Unione Europea (Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna) si è riunito il 5 ottobre scorso a Bratislava, assieme ai rappresentanti della Croazia (che entrerà nel blocco europeo il prossimo anno), al presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, e il capo della Commissione Europea, José Manuel Barroso, per discutere un documento ufficioso da sottoporre al Consiglio Europeo. “L’UE- si legge- ha bisogno più che mai di mobilitare tutti gli strumenti disponibili per sostenere la crescita economica e la creazione di posti di lavoro”, di cui è massima espressione la politica di coesione. A questa, la bozza di bilancio per i prossimi sette anni destina 339 dei 1.033 miliardi di euro necessari complessivamente (in netto calo invece i fondi per la Politica agricola comune).
Il sostegno delle famiglie
Il negoziato in corso sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020 si preannuncia difficile e purtroppo il progetto Erasmus rischia pesanti modifiche: il programma quadro a cui fa riferimento, il Lifelong Learning Programme, si chiuderà come stabilito nell’anno 2013/14 e a questo punto nessuno può assicurarci che venga riconfermato nella formula che oggi conosciamo. Per quanto sia esplicitamente prevista la figura dello “studente Erasmus non borsista”, che fine farebbe il progetto senza le risorse necessarie? La borsa Erasmus è in buona sostanza l’unica formula di sostegno alla mobilità studentesca internazionale: all’assegno europeo dovrebbero sommarsi i contributi del Fondo giovani del ministero e dell’Ateneo di provenienza, ma questo non sempre accade. E, anche laddove vengano erogati, difficilmente raggiungono cifre superiori ai 100 euro. La spesa, praticamente a carico delle famiglie, resta il maggior ostacolo ad un’esperienza che, secondo Paolo Citterio, direttore del Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale, sul mercato del lavoro vale più del 110 e lode. Dei 231.410 studenti europei che tra il 2010 e il 2011 hanno aderito al progetto Erasmus, sono circa 22.000 i ragazzi italiani che, durante la laurea triennale o per uno stage (percentuale in costante aumento), sono partiti verso la Spagna, la Francia, la Germania e il Regno Unito, (dati Agence Europe-Education-Formation France); e questo, tutto grazie al sostegno economico dell’Unione Europea.
Un Nobel per lo studio
“Da oltre sessant’anni, l’Unione Europea contribuisce a promuovere pace, riconciliazione, democrazia e diritti umani in Europa”: è la motivazione dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea, avvenuta la settimana scorsa. Il progetto Erasmus fu lanciato proprio per diffondere tra i 500 milioni di cittadini europei i valori della solidarietà, della libertà, di condivisione. Sarebbe allora un bel gesto se quegli otto milioni di corone svedesi, che valgono poco meno di 900 mila euro, una goccia nell’oceano delle risorse di cui necessita l’UE, fossero simbolicamente destinati al progetto che, come si legge sull’Erasmus Manifesto, più di tutti è nato per “abbattere le barriere all’interno dell’Europa”.