Il pittore e la pulzella di Giovanni Iudica (Guanda) è un libro che ci riporta a un esercizio letterario molto raffinato. Si immagini un vaso attico ridotto a frammenti e sparso per l’Ellesponto. Come recuperare il disegno originario? L’autore ama soprattutto l’arte si cimenta a scoprire autori dimenticati di cui a malapena si riesce a decifrare il nome. Un esercizio di stile tanto caro a Italo Calvino che suscita ammirazione in questo oceano di mediocrità.

Enguerand è un pittore fiammingo vissuto a tempi di Giovanna d’Arco. Il suo cognome potrebbe essere Quarton o Carton o Charton o Charonton o Charetier. Un ginepraio che si risolve con opere concrete custodite nei musei di Villeneuve léz Avignon e al Louvre. Il coronamento della Vergine e La pietà sono di scuola primitiva fiamminga e attribuiti a Enguerand che probabilmente aveva una pessima calligrafia oppure il suo nome nella Francia avignonese era mal compreso. Il resto è silenzio – direbbe Amleto-. Gli indizi per far emergere dalle tenebre dell’oblio ci sono tutti magistralmente condotti con lo stile del Zadig di Voltaire. Ricerche bibliografiche e d’archivio e soprattutto una profonda conoscenza della storiografia del Quattrocento. Inoltre un confronto serrato con studiosi e amici di una vita amanti dell’arte come Edoardo e Mariella Ricci. Si possono decifrare i misteri più insoluti soprattutto con la socialità e con il ragionamento dell’Agorà. Questo è il segreto dello “scopritore famoso” cantato da Leopardi.

Un disegno geografico e politico segna le linee di un percorso non solo esistenziale e artistico ma anche itinerari che attraversano mezza Europa. Iudica inserisce il personaggio da scoprire negli annali d’epoca cercando di capire dove Enguerand sia stato portato dal mestiere. Flussi intuibili in un sistema sociopolitico più semplificato rispetto all’evo moderno. Eppure l’autore non si è arreso e non si è fidato di semplici deduzioni storiografiche. Ha scovato negli archivi notarili atti pubblici che allora erano solito stipularsi per commissionare opere artistiche di un certo rilievo economico. Il Quattrocento francese si svela come vero volano del Rinascimento e della rivoluzione borghese. La certezza è il caposaldo, abbandonate le paure dell’ignoto e del horror vacui dei secoli bui.

Durante la Rivoluzione francese i quadri di Enguerrand e di altri pittori provenzali furono accatastati in qualche scantinato della città di Villeneuve. Quando arrivarono i rivoluzionari i quadri furono risparmiati in nome del Bon Roi Renè, ma rimasero ammucchiati nell’oscurità di un convento fino a quando non vennero inventariati nel 1834 dal nuovo ispettore generale Prosper Mérimée futuro autore di Carmen.

Con questo racconto Giovanni Iudica con uno stile sobrio, mette in luce fatti ignoti approfondendo quelli noti con una semplicità che cela la fatica della scoperta di atti scritti in latino medievale in appendice che rafforzano la veridicità del racconto. L’assunzione di un aiuto di Enguerand, un lascito testamentario di un’opera commissionato da una confraternita o un importante committenza aprono nuovi orizzonti ad attribuzioni non sempre nette nei capolavori collettivi. Persino la figura della Pulzella si umanizza con atti concreti, parole come pietra e visioni del cielo stellato come i diademi della Vergine di Quarton.

Giovanni Iudica, Il pittore e la pulzella, Guanda editore, pagine 173, euro 12,50

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