C’è chi scappa all’estero per studiare, per rimanere e per sperare, un giorno di ritornare da noi per mettere su famiglia. La famiglia allora è un valore intoccabile per noi italiani, ma il lavoro va cercato altrove. Tra chi non ha paura di volare all’estero e chi pensa anche a suonare la chitarra alla fermata di Piramide, i giovani italiani si raccontano

Mentre la politica si interroga se far controllare o meno da società esterne i bilanci dei gruppi parlamentari, mentre le cronache ci raccontano storie di sperpero di danaro pubblico, una ricerca del Censis, condotta insieme a Coldiretti dedicata al senso della comunità e delle relazioni, ci dice che un giovane su tre vive coi genitori.
Ma i “Tanguy” all’italiana, (dal film di Chantiliez A 28 anni abita ancora con i suoi genitori) sono veramente bamboccioni, come disse nel 2007 l’allora ministro Tommaso Padoa Schioppa annunciando misure a favore dei giovani, oppure c’è qualche problema “tecnico” oggettivo?

Studiare? Meglio all’estero
Massimo
sta studiando Ingegneria Informatica, nel frattempo ha lavorato come cameriere, barista, guida turistica, fotografo presso Costa Crociere e attualmente come segretario con un contratto a termine. Finita la laurea proverà a cercare in Italia, altrimenti guarderà anche all’estero in alternativa, dice «suonerò la chitarra sotto la metro a Piramide, qualcuno di ha detto che è un buon business».
Giovanni invece ha deciso di fare domanda Erasmus durante il primo anno di studi magistrale ed è volato alla Tampere University of Technology dove sta svolgendo una tesi sperimentale. «Ho scoperto – dice – che gli studenti finlandesi pagano circa 120 euro di tasse universitarie all’anno e ricevono un contributo di 500 euro al mese. Inoltre, nel momento in cui arrivano alla tesi, viene offerto loro un contratto di 6 mesi come research assistant che in full time equivale a circa 2150€ al mese lordi. (le tasse sono del 6.75% dunque lo stipendio netto è più di €1800 al mese)». Attualmente Giovanni è research assistant part-time, ma ci sono possibilità concrete perché gli venga offerto un contratto di tre o quattro anni come researcher. «Che dire? – conclude Giovanni – vogliamo veramente fare il paragone con la situazione di uno studente medio italiano?».
Giovanni non lo rivedremo a breve, ma sono molti altri gli studenti italiani che probabilmente rimarranno all’estero dopo l’Erasmus.
Chiara ad esempio da marzo 2012 è una dottoranda presso il Politecnico di Darmstadt, in Germania. Durante il corso di laurea magistrale in Geologia ha vinto il concorso Erasmus per la University of Leeds in Inghilterra. «Tornata in Italia per concludere gli studi – dice Chiara – ho deciso di scrivere la mia tesi in collaborazione con una compagnia indipendente di petrolio e ho trascorso brevi periodi in Inghilterra per ricercare i dati necessari alla mia ricerca e utilizzare software che l’università italiana non può permettersi, ovviamente il tutto a mie spese. Nonostante avessi la possibilità di svolgere il dottorato sempre all’Università di Roma Tre, ho deciso di provare altre strade perché in Italia non avrei avuto abbastanza fondi per fare ricerca nell’ambito dello studio del sottosuolo (ricerca petrolifera e/o stoccaggio della CO2). Così ho deciso di rispondere all’annuncio per una borsa di Dottorato presso l’istituto di Geoscienze Applicate del Politecnico di Darmstadt e sono stata assunta nel gruppo di ricerca di Ingegneria Geologica».
In Germania Chiara si occupa di costruzione di modelli geomeccanici per stoccaggio della CO2 in un bacino australiano, progetto pilota nato da una collaborazione tra il governo Tedesco e quello australiano. «Non posso negare – dice – che le possibilità di un dottorando in Germania sono estremamente migliori rispetto a un dottorando italiano, e non soltanto per lo stipendio più alto. Qui ho un ufficio che divido soltanto con un’altra persona, ho un computer mio, ho libero accesso alla fornitura di cancelleria, e soprattutto ho i soldi necessari per l’acquisto di licenze per i software di cui ho bisogno e i miei fondi coprono anche la partecipazione alle conferenze nazionali e internazionali. Sicuramente non è stata una scelta facile quella di trasferirsi, ma spero di acquisire un bagaglio di conoscenze spendibili nel mondo del lavoro e non solo in quello accademico. La speranza è di ottenere tutto ciò e, magari, tornare un giorno in un’Italia con più opportunità nell’ambito scientifico e costruire lì una famiglia».

Subito dopo la laurea
Il panico vero arriva subito dopo la laurea magistrale. I primi giorni sono di euforia: “ho finito!” pochi fortunati (o più incoscienti) si concedono qualche giorno di vacanza, i più responsabili iniziano a mandare qualche curriculum, ed è lì che iniziano i veri pensieri.
Luigi sembra troppo qualificato per l’Italia: laurea magistrale in economia, Erasmus a Liverpool e tesi sulla sostenibilità del debito pubblico in Europa con particolare attenzione all’efficacia di regole fiscali imposte a livello centrale. «Non è stato facile affrontare tale argomento, che ad oggi non sembra ancora essersi risolto, come si può immaginare aprendo un giornale qualunque. Ad ogni modo mi sono laureato nel gennaio 2011, in 5 anni e 2 mesi dalla mia prima iscrizione, con 110 e lode». Visto l’argomento uno potrebbe immaginare che le richieste a Luigi siano arrivate a fiumi ma la realtà è stata diversa…
«Uscito dall’ambiente accademico, ho iniziato a guardarmi intorno, rendendomi immediatamente conto che la situazione non era affatto semplice. Dopo un paio di colloqui in altrettanti centri studi (entrambi sul tema energia), che offrivano un contratto di 400 euro al mese previa complessa procedura di selezione, ho deciso di accettare un tirocinio gratuito presso il Ministero degli Affari Esteri (3 mesi), nella speranza che tale esperienza potesse rivelarsi utile (come poi è stato)». Al ministero si è occupato di politica economica europea e ancora una volta uno penserebbe che a Luigi siano arrivate offerte vantaggiose per rimanere, visto anche il periodo. Ma niente. «Ad agosto 2011 mi sono comunque ritrovato a cercare opportunità a Roma, ma tra le tante domande ho inviato (per fortuna) anche quella per il tirocinio alla Commissione Europea. Ho fatto colloqui con grandi aziende negli ambiti più svariati, dall’energia alla finanza, passando per un centro studi che mi voleva gratis, per poi approdare al Comune di Viterbo come consulente esterno per l’approvazione di alcuni progetti finanziati dall’Unione Europea. Un mese dopo (a dicembre 2011), ho saputo di aver vinto il tirocinio (retribuito!) a Bruxelles, così a febbraio mi sono trasferito». In Commissione, presso la DG Affari Economici e Finanziaria Luigi è rimasto fino al 31 luglio 2012, poi, finito lo stage è ritornato. Nel frattempo aveva superato la preselezione per un concorso al ministero dell’Economia ma non ha superato la prova orale. «A Roma le offerte scarseggiano – dice – e le retribuzioni non vanno oltre i 400 euro mensili. Ora mando CV tutto il giorno e in diverse parti del mondo, sperando che qualcosa si sblocchi. Il mio obiettivo finale è di lavorare in un’istituzione internazionale, dove poter mettere in pratica quanto appreso durante questi faticosi anni di formazione».

Il lavoro? Sì, forse, vediamo
Claudia
, ha 31 anni una laurea con 110 e lode e attualmente è specializzanda in pediatria. I turni sono massacranti e tra qualche mese finirà la specializzazione, ma le prospettive sono incerte. Spera di fare qualche sostituzione ma il futuro non è roseo, non ci sono concorsi in vista, almeno nella sua città, così inizierà a fare domande in tutta Italia, nella speranza che da qualche parte i tagli alla sanità permetteranno ancora l’assunzione di qualche pediatra.
Valentina ha 38 anni e una laurea alla Cattolica di Milano in lettere moderne con indirizzo comunicazione con 110 a 24 anni. Il lavoro è arrivato subito, in un’agenzia di comunicazione e marketing per il settore moda, prima con uno stage non retribuito, poi come co.co.co; qui ha scoperto che il mondo della pubblicità e della moda la disgustava e che in realtà le sarebbe piaciuto molto scrivere di turismo. Ha quindi iniziato a collaborare con qualche sito web e poi è entrata “con molta fortuna!” nelle redazioni di due riviste di settore. «In nessuno dei due casi mi hanno assunto, ma mi hanno riconosciuto il praticantato d’ufficio. Ha continuato a scrivere per Tuttoturismo e Viaggiesapori, dove è stata assunta per una sostituzione di maternità di un anno: «Il primo contratto vero da giornalista!». Al termine di questa, ancora disoccupazione e collaborazioni varie finché non è arrivato un nuovo contratto come giornalista a Weekend e Viaggi dove Valentina è rimasta cinque anni con stipendio da redattore ma responsabilità di caporedattore, occupandosi prima della rivista e poi di una collana di guide turistiche che la casa editrice faceva per Rizzoli. «L’anno scorso – dice – la casa editrice è andata a catafascio e sono rimasta di nuovo a spasso». Ora va avanti grazie a varie collaborazioni che però non bastano a pagare il mutuo: «Per il momento – dice Valentina – la situazione è abbastanza sotto controllo perché ho il sussidio di disoccupazione e ancora qualche risparmio da parte, ma non è una situazione che può durare a lungo». Il suo sogno è di riuscire ad essere assunta in una redazione e fare semplicemente un lavoro che le piace; «nel frattempo ho iniziato a mettere in giro cartelli per dare ripetizioni private a bambini di scuola elementare e media, cosa che facevo durante gli anni dell’Università».
Anna, 33 anni si è laureata in lettere moderne con 110 e lode, ha un master in Editoria, ha fatto una scuola di politica e un corso di relazioni istituzionali. Ha lavorato sempre tra stage e contratti a progetto, prima nelle case editrici poi nell’ambito della comunicazione istituzionale. È pubblicista e collabora con varie testate. «le mie passioni sono da sempre il giornalismo e la politica intesa alla Max Weber, come vocazione. Il lavoro nelle istituzioni è tecnico e non dovrebbe avere niente a che fare con il colore politico; all’estero è normale lavorare negli uffici stampa istituzionali prima con un politico di un partito e poi di un altro». Anna infatti, con i suoi contratti è legata sempre alla “fluidità” della politica italiana, quindi niente di sicuro e di duraturo, per il resto però, si sente fortunata ad avere un lavoro attinente agli studi fatti. «Nel futuro spero di riuscire a lavorare in un’azienda privata, magari multinazionale, anche all’estero. Mi dà l’idea di maggiore solidità e di prospettive di carriera più legate alla meritocrazia».
Enrico è un fotografo e può garantire che di fotografia in Italia non si vive. L’agenzia per la quale lavora funziona, ma si trattiene il 60% su ogni foto venduta e per riuscire a vivere dovrebbe venderne centinaia al mese. Adesso si sta dedicando anche al commerciale, con lavori fotografici per società e aziende. Ha sempre fatto e continua a fare reportage in giro per il mondo in assoluto autofinanziamento, è riuscito a pubblicare due libri ma, appunto, di fotografia in Italia non si vive.

Ma c’è qualcuno felice?
Qualcosa fa ben sperare. Pietro ha 26 anni, una laurea in Scienze Politiche con 110 lode (triennale) e in Relazioni Internazionali (specialistica) con 110 e lode, un Master Full Time in Marketing, comunicazione e digital strategy, presso la business School del Sole 24 ore. «Ho finito il master il 18 maggio e dal 1° giugno lavoro presso la MR Associati Comunicazione Srl come Social media analyst con contratto a progetto» dice Pietro che è autore del blog Sursum Corda (http://pietroraffa.altervista.org) tra i più letti per quanto riguarda la sezione politica. Tra i sogni nel cassetto di Pietro, che è soddisfatto del suo attuale incarico c’è la possibilità di continuare a lavorare nell’ambito del Digital ma soprattutto “di mettere su famiglia sotto i trenta!”.

Le speranze
In questo panorama ci sono poi due giovani promesse della Matematica: Pietro e Federico sono due studenti del liceo Newton di Roma che andranno a Varsavia ad esporre il loro progetto davanti ad una platea di professori internazionali, fra cui esponenti di Cambridge. Questo fine settimana (dal 21 al 23 settembre) sono all’International GeoGebra institute conference 2012 dove illustreranno la loro “nuova geometria del compasso” e il loro sito www.geogebraitalia.org.
Giovani speranze, speriamo di farli lavorare da noi…

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