Rebellio Patroni, presentato il 3 agosto al Maratea film festival da Fabio Marzari, è la testimonianza di tre performance artistiche avvenute tra il 2011 e il 2012 alla 54. Biennale Internazionale d‘Arte di Venezia, al Museo Madre di Napoli, a Palazzo Reale e al Duomo di Milano. Il docufilm è parte di un progetto artistico multiforme e in progress in cui i santi patroni italiani, si esprimono attraverso azioni paradossali mettendo in atto nel presente una loro originale e pacifica forma di azione antagonista.
D’altronde, in tempi come questi anche i santi hanno l’obbligo di ribellarsi. Rebellio Patroni è perciò un’opera progressiva e ciclica di Paolo Consorti (nato a San Benedetto del Tronto nel 1964), che vede come protagonisti i santi patroni delle principali città italiane.
Si tratta di un progetto iniziato dall’autore a partire dal 2011 (nel 150° dell’Unità d’Italia), basato, come si arguisce dal titolo, sull’attualizzazione simbolica dell’operato dei santi d’italica stirpe. Questi ultimi vengono colti nel loro contesto popolare e nelle loro città d’appartenenza. La scelta di Consorti è caduta su icone religiose reinterpretate in maniera paradossale e ironica, smarcando in modo ludico, quanto incisivo, tutta la retorica sulla perdita di valori spirituali e civili. Quantunque, quest’ultima, sia ripercorsa dall’artista nella forma e nel concetto di militanza religiosa e civile. Questi santi di una stringente contemporaneità si fanno testimoni di un presente diroccato. Attraverso azioni inusuali il loro operato diventa antagonista e rinnova, in felice contaminazione con il presente, un lascito morale ed esemplare.
Secondo l’autore i santi non sono altro che persone che hanno speso la vita professando un’idea forte e sacrificandosi per essa. Li ha scelti in quanto exempla, al tempo stesso della cultura alta e popolare. «Sono come le maschere tribali per gli artisti africani», dice l’artista. Consorti ne è affascinato in senso estetico: «I santi sono dei performer ante litteram, perché le loro vite sono state una forma d’arte. L’agiografia è per me un libro di storia dell’arte straordinario. Basti pensare a San Francesco che è stato il primo streaker (“chi corre nudo”, n.d.r.) della storia. Il gesto di denudarsi ha offerto all’uomo di tutti i tempi un senso di libertà illimitato. Guardare a San Francesco oggi ,tentando di liberarci di tutto in nome di alcuni valori basilari per l’esistenza, credo che sarebbe estremamente rivoluzionario. Ho immaginato San Francesco materializzato nella mia partecipazione alla Biennale di Venezia. Il senso della performance era nel silenzio sbigottito di Elio (Elio delle Storie tese) di fronte allo smarrimento dell’arte dei nostri giorni e alla schizofrenia del pubblico e dei media».
Un messaggio semplice e diretto in un’Italia che, giunta a uno snodo epocale, anche in termini di rapporto mancato fra Potere e Politica, necessita di trovare il coraggio di mettere in opera una palingenesi radicale. In tal modo Consorti rianima persino il folklore, per non rinunciare alla trasparenza del messaggio. Una delle recenti “ribellioni” è stata quella di San Gennaro, impersonato dal comico partenopeo Giobbe Covatta; alle prese con la “monnezza”. San Gennaro-Covatta ha trainato un carretto sormontato da un grande presepio napoletano. Nel percorso dal Duomo verso il Museo Madre, raccogliendo la spazzatura disseminata per la strada e parlando con la gente. Covatta ha poi depositato all’interno del museo il carretto e prodotto un miracolo da alchimista, trasmutando i rifiuti in oro. La spazzatura napoletana era, come è chiaro, un pretesto; una metafora per evocare la pulizia interiore e la responsabilità sociale di ciascun cittadino.
I santi patroni di Consorti hanno toccato negli anni scorsi anche Bologna (Artefiera) e Milano. L’hanno fatto attraverso un linguaggio che ha coniugato rivisitazione artigianale della rappresentazione classica e una teoresi tutta Guerrilla Pop. Solitamente, l’autore riprende soggetti reali in sala posa, oppure fotografa alcuni mini set che costruisce utilizzando piccoli oggetti come giocattoli e statuine. In seguito, dipinge sulle stampe ottenute, avvalendosi di colori a olio o acrilici; il tipo di intervento ― dice l’artista ― dipende dalle specificità del supporto su cui lavora. Quasi tutti gli interventi manuali sono presi a prestito dalla sua formazione, maturata prevalentemente in ambito pittorico. Nel caso delle opere del progetto Rebellio Patroni ha applicato anche decorazioni come conchiglie e fiori finti. Questa prassi gli ha permesso di compendiare la dimensione kitsch, propria di certa iconografia sacra. In parole povere, la sua opera bidimensionale è frutto dell’uso di una tecnica mista: pittura, stampa fotografica e collage su tela o cartone. Dalle performance già realizzate per Rebellio Patroni è stato prodotto il docu film presentato a Maratea. L’autore ha individuato come protagonisti Elio delle storie tese per Venezia e Giobbe Covatta per Napoli, poiché i due personaggi noti posseggono una forza comunicativa orizzontale. La scelta non è stata fortuita, considerando che sue azioni hanno un canovaccio su cui i protagonisti improvvisano liberamente. I suoi personaggi non devono recitare, ma essere se stessi. In tal modo, la naturale perplessità di Elio e l’impegno dichiarato di Giobbe gli sono sembrati, a priori, caratteri fondamentali per i suoi happening.
Dopo anni in cui ha prodotto un’arte in cui le azioni dei singoli o dei gruppi avevano luogo in contesti privati per poi finire in un’opera, Consorti ha sentito l’esigenza di andare oltre la dimensione del racconto, permettendo alla realtà di entrare nel suo lavoro. L’autore ha percepito la necessità di creare personaggi che scendessero per strada, confrontandosi e interagendo con la gente. Egli dice che l’arte è in un momento di crisi profonda e per questo motivo non può chiudersi in se stessa ma deve parlare di problemi concreti, affrontando le emergenze che oggi sono quelle morali e culturali. Ribadisce Consorti, in un dialogo a tu per tu, che non è più tempo per fare arte nelle gallerie e nei musei; al contrario, bisogna assumersi delle responsabilità e creare opere fuori dal mercato, che possano dialogare con la gente comune, occupando le strade. Se fino a poco tempo fa aveva senso decontestualizzare in una pratica duchampiana il reale e de localizzarlo nell’opera, creando con questo processo specifico un nuovo senso, oggi l’arte per interessare non può essere dedita all’evasione né al compiacimento. Non è un problema di linguaggio, è una spinta — ripete Consorti — che nasce dalla crisi in atto e impone all’artista di non restare indifferente.
In un Paese come il nostro, che si è abbandonato a decenni di miopia mangereccia, i pifferai (quelli di cui parlava Gombrich) stanno per scomparire e, forse, solo eventi eccezionali come i miracoli dei Santi di Consorti potranno risvegliarci a un diverso modello culturale, soprattutto riguardo al Sistema artistico globalizzato e decadente che per sottrarsi a un cedimento strutturale recupera a suo vantaggio solo opere vendibili al miglior offerente.