Mezzanotte del 20 luglio, in un cinema di Aurora (Colorado) entra il 24enne James Holmes, che apre il fuoco sul pubblico, uccidendo 12 persone. Poco dopo, a New York squilla il cellulare di Angelo Aquaro, redattore capo de La Repubblica, appassionato di odori forti, nonché inviato in terra americana con la missione di riportare spezie e pietre preziose. Il pezzo è suo, ormai è grande, ha studiato le lingue, va in bici senza rotelle e si mette il pigiama da solo.


Tuttavia, tra tante tragedie e sparatorie immotivate, l’articolo rischia di passare inosservato e Angelo fa di tutto perché non sia così. Da vero giornalista indaga sui fatti e scopre che il film proiettato in sala era “Batman, the dark knight rises”. Perfetto, la colpa è di Batman, l’uomo pipistrello che induce le persone ad acquistare armi e a scaricarle sulla folla. Holmes ha i capelli tinti di rosso? Anche il Joker, nemico di Batman, ha i capelli colorati (anche se di verde): c’è una chiara analogia cromatica dietro cui si nasconde un complotto. L’accusa scava a fondo, Aquaro viene a conoscenza del fatto che prima di essere un film, Batman è un fumetto, forse tra i più venduti al mondo (anche come allegato di Repubblica). Chi sarà mai il creatore di un personaggio nato nel 1939?

Il primo sospettato è Neil Gaiman, sceneggiatore di fumetti, classe 1960. Additato come “papà di Batman, e forse anche della follia di un fuoricorso di neuroscienze che ha macchiato di sangue perfino il sogno dei supereroi”. Niente Google o Wikipedia, qui la verità salta fuori come ai vecchi tempi, tra una soffiata telefonica e una bustarella al portiere. Lo scoop è pronto, la stampa si accoda e L’Unità (a digiuno di ironia) non comprende la risposta di Gaiman, che prende in giro i giornalisti italiani, mentre il Corriere della Sera scambia James per il pornodivo John Holmes. Il giornalismo creativo è una risorsa da esportare e Aquaro è candidato al premio Pulitzer per la sua specialità: travisare i fatti.

 

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