Trenta tonnellate di stirene, un idrocarburo altamente infiammabile e dannoso per la salute dell’uomo, fuoriescono dalla Versalis, l’azienda del gruppo Eni che produce polimeri all’interno del polo chimico di Ravenna. L’Arpa e la Versalis, ex Polimeri Europa, liquidano la vicenda come un semplice evento anomalo che non ha comportato nessuna conseguenza dannosa per l’ambiente e per le persone.
“Il rilascio – si legge nella nota informativa che la Versalis ha inviato al Comune – non ha coinvolto il terreno circostante essendo la zona completamente pavimentata; ha, invece, interessato le acque di processo organiche di Versalis evidenziando quindi valori di concentrazione non conformi al valore limite definito nel Regolamento Fognario di Sito”.
Tutto sotto controllo, ci dicono, ma le modalità con cui si è sviluppato lo sversamento e con cui, successivamente è stata gestita l’emergenza, hanno creato parecchie perplessità al punto che, sull’intera vicenda sono stati presentati un reclamo (da parte dell’associazione ravennate Palestra azzurra) e ben due interrogazioni che attendono ancora una risposta. La prima, presentata in consiglio comunale a Ravenna dai consiglieri Alvaro Ancisi e Nicola Grandi (Lista per Ravenna) è arrivata dopo le segnalazioni di alcuni cittadini che lamentavano il cattivo odore che si sentiva nei giorni immediatamente successivi all’incidente. La seconda è stata presentata dalla consigliera regionale Gabriella Meo (Sel-Verdi) per evidenziare il ritardo con cui l’evento è stato comunicato ai cittadini: ben 2 settimane dopo lo sversamento. “Abbiamo voluto porre l’attenzione – spiega la Meo – non tanto sulle dinamiche autorizzative che comunque verificheremo che siano state tutte rispettate. Quanto sul diritto dei cittadini di essere informati automaticamente quando accade una cosa del genere. È inaccettabile che questa informazione sia arrivata con due settimane di ritardo”.
Ventiquattro ore di distrazioni
Lo sversamento si verifica tra il 25 e 26 giugno e prosegue per 24 ore consecutive. Per ben 3 turni lavorativi di seguito nessuno dei lavoratori presenti in azienda – impiegati, tecnici, maestranze – se ne accorge. La valvola di spurgo, accidentalmente dimenticata aperta da un operaio, continua a far defluire per molte ore questo idrocarburo che finisce direttamente nelle fognature che smaltiscono i reflui aziendali di tutto il distretto petrolchimico e che confluiscono nell’impianto di depurazione di proprietà della Ravenna Servizi industriali (Rsi), una società consortile del gruppo Hera. Soltanto quando il depuratore registra elevate concentrazioni dell’idrocarburo nell’impianto la Versalis viene allertata dal gestore e mette in moto la macchina burocratica e organizzativa per arginare le conseguenze dello sversamento. Fin qui apparentemente tutto chiaro anche se, a ben guardare, però, di chiarezza, come pure di trasparenza, sulla vicenda ce n’è molto poca.
Ce n’è poca da parte dell’azienda, per esempio, che abbiamo interpellato per farci spiegare nel dettaglio le modalità dell’accaduto e che ha preferito non rilasciare nessun tipo di dichiarazione limitandosi ad inviare una sintesi della nota informativa già diffusa a suo tempo dal sindaco (in allegato). Nota che non indica nemmeno la quantità di idrocarburi sversata, la data, o il numero di protocollo. Un atteggiamento questo che appare non del tutto in linea con quanto annunciato da Paolo Baldrati, direttore della Versalis nonché vicepresidente di confindustria Ravenna, neanche un mese fa quando lanciava entusiasta il programma “Responsible care” che punta sullo sviluppo sostenibile del polo chimico ed è impostato su valori e comportamenti che mettono al centro sicurezza, salute e ambiente, nell’ambito più generale della responsabilità sociale delle imprese. Le aziende che aderiscono al progetto lanciato da Baldrati si impegnano a mettere in pratica comportamenti etici che vanno al di là delle previsioni normative. Fra questi, oltre all’uso efficiente delle risorse e alla riduzione dei rifiuti, viene indicata proprio la trasparenza dell’informazione. Ma evidente basta un incidente, anzi un semplice “evento anomalo”, così come è stato definito sia dall’Arpa che dall’azienda, per far sì che tutti i buoni propositi vadano a farsi benedire lasciando il posto al solito “No comment”.
I rilievi dell’Arpa
Tutto quello che conosciamo di questo evento emerge, in sostanza, dalla nota che l’azienda ha inviato al sindaco di Ravenna. Una nota anomala e priva anche della data del documento stesso. Ma emerge anche dai verbali di Arpa Ravenna che avremmo voluto poter consultare ed eventualmente pubblicare in questo articolo ma che il direttore, Licia Rubbi, non ha potuto inviarci in ossequio alle norme che disciplinano la procedura di accesso agli atti e che impongono, dopo una richiesta ufficiale in carta bollata, tempi di risposta di almeno 30 giorni. Sarebbe stato interessante oltre che rassicurante, leggere le carte, quanto meno per cercare di chiarire alcune contraddizioni emerse dalle dichiarazioni della stessa direttrice Rubbi che afferma come, al momento dell’ispezione, avvenuta, il 27, 28 giugno e 3 luglio, quindi all’indomani del fatto, “i valori registrati dai sensori del depuratore, risultavano perfettamente in linea con i limiti previsti dal regolamento fognario di sito”. Il che è esattamente l’opposto di quanto affermato nella nota tecnica di Versalis che precisa, per ben due volte, che i valori di concentrazione non risultavano conformi ai limiti.
Sulle modalità di rilevamento di questo sversamento, l’associazione Palestra azzurra avrebbe sporto un reclamo proprio contro l’Arpa provinciale (ma anche contro il Comune e la Versalis) lo scorso 17 luglio, perché, spiega il presidente Giuseppe Maria Ianniello: “Il monitoraggio della qualità dell’aria da parte di Arpa prende in considerazione inquinanti tradizionali (CO, NO2, SO2, O3, polveri). Non è attivo però il monitoraggio continuo di sostanze organiche volatili per certificare la presenza di cancerogeni nell’aria che circonda il petrolchimico; al di sopra delle leggi c’è il buon senso”. Su questo punto rincara anche Stefano Ciafani, vicepresidente Legambiente: “A distanza di 17 anni dall’istituzione del sistema delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, in Italia non esiste ancora un sistema omogeneo delle rilevazioni ambientali perché, per intendersi, non tutte le Arpa sono dotate delle attrezzature necessarie per i rilevamenti. Quella pugliese, per esempio, che gestisce le emissioni dell’Ilva di Taranto, fino a 3 anni fa, non aveva strumenti per monitorare le emissioni di diossina. Questo monitoraggio era affidato all’Ilva stessa”.
Il ruolo delle Asl
Ma anche volendo immaginare che questo sistema di rilevazioni omogeneo esista, bisognerebbe però capire cosa è effettivamente tossico e cosa non lo è, ossia cosa bisogna rilevare. Perché per il sistema sanitario nazionale, per esempio, lo stirene non è considerato un elemento tossico. “In Italia – spiega Giampiero Mancini, direttore del servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell’Asl Ravenna – lo stirene non è classificato come cancerogeno. Si tratta di una classificazione che l’Italia ha recepito e che recepisce dalla classificazione europea dei prodotti pericolosi”. Peccato però che questa classifica sia stata superata dalle risultanze emerse dall’ultimo rapporto sui cancerogeni, pubblicato il 10 giugno 2011 dal Dipartimento Statunitense di salute, Programma Tossicologico Nazionale, in cui questo idrocarburo è chiaramente indicato come cancerogeno.
Poca chiarezza emerge anche sul ruolo dell’Asl nella vicenda che, stando alle dichiarazioni dello stesso Mancini, non si sarebbe neanche recata sul posto per effettuare dei rilievi. “Le analisi dirette sul posto di lavoro – continua Mancini – le abbiamo recuperate da quelle effettuate dal personale della lotta antincendio di Ravenna servizi industriali anche perché non abbiamo molti tecnici da mandare per le ispezioni. Attualmente per tutto il polo chimico disponiamo di due tecnici per le verifiche su impianti e serbatoi e di altri due che chiamiamo di volta in volta in base agli interventi da effettuare. Riguardo allo sversamento Versalis, fino ad ora non abbiamo avuto nessun tipo di segnalazione sulle conseguenze per la salute dei residenti anche perché non ci sono stati ricoveri al pronto soccorso di persone che accusavano problemi alle vie respiratorie. Stiamo ancora valutando se le procedure usate dall’azienda siano state corrette, ma ci vuole tempo anche perché l’impianto è complesso”.
La normativa. In pratica l’Asl ha preso atto delle dichiarazioni della Rsi, che guarda caso è un’azienda che fa capo ad Heram, una società collega della Versalis perché presente all’interno del chimico con almeno tre società. Oltre ad Rsi anche altre due facenti capo ad Hera ambiente. Tanto le aziende del gruppo Hera quanto la Versalis, sono sottoposte ad una particolare disciplina per la prevenzione degli incidenti rilevanti prevista dal dlgs 334/99, cosiddetta legge Seveso. In Italia sono 1.152, secondo un censimento del ministero dell’Ambiente, di cui 38 a Ravenna dentro il polo chimico. Per tutte queste aziende il dlgs 334 prevede l’utilizzo di particolari accorgimenti per evitare il rischio di incidenti rilevanti. Si tratta di adempimenti molto costosi per le aziende che se non ottemperati possono portare all’arresto e al pagamento di sanzioni che comunque non arrivano a 100mila euro.
“Le conseguenze per l’azienda inadempiente – spiega Pietro Vandini, consigliere M5s del Comune di Ravenna – sono irrilevanti soprattutto se si guarda a questi colossi dell’industria che fatturano milioni di euro. Questo tipo di sanzioni di fatto rendono decisamente accettabile il rischio. Sul fronte della prevenzione, stiamo per presentare una ulteriore interrogazione in consiglio comunale per cercare di capire come mai un processo del genere non sia stato automatizzato. Non è accettabile che lo sversamento sia avvenuto perché un operaio si è dimenticato di chiudere la valvola”.
Le operazioni di bonifica
Per fortuna, stando a quanto affermato dalla ditta e non smentito da Arpa, lo sversamento si sarebbe risolto tutto all’interno dell’impianto fognario e non avrebbe comportato nessun tipo di contatto con l’ambiente circostante.
La Versalis avrebbe già provveduto alla bonifica del sito, prelevando con un autospurgo lo stirene in eccesso (non si sa in quale quantità) dalla rete fognaria per depositarlo provvisoriamente in una vasca di stoccaggio all’interno dell’azienda stessa in attesa di essere smaltito come rifiuto speciale, molto probabilmente dalla vicina di casa, la Hera spa con prezzi affidati alla trattativa tra le parti e che dovrebbero oscillare intorno alle 100 euro a tonnellata.
Attualmente in Italia ci sono 57 siti inquinati di interesse nazionale. L’Ilva di Taranto, Porto Marghera a Venezia, Bagnoli a Napoli sono solo alcuni. Tra tutti questi, secondo una fonte ministeriale, la bonifica si è conclusa solo per l’Acna di Cengio. Non è invece ancora possibile sapere quali sono i siti inquinati presenti in tutt’Italia (non di interesse nazionale) perché non tutte le Regioni hanno realizzato la relativa anagrafe prevista da testo unico ambientale. Tra le inadempienti c’è anche l’Emilia-Romagna.
In allegato:
Nota diffusa dalla Versalis
Elenco aziende inquinanti Ministero Ambiente aprile 2012
Nota Versalis
Elenco aziende inquinanti Ministero Ambiente aprile 2012